PEDERZINI, Giovanna Elisabetta Anna
(in arte Gianna
). – Mezzosoprano, nacque a Vò Sinistro d’Avio (Trento) il 10 febbraio 1900, da Bartolomeo, negoziante nato a Caprino Veronese nel 1861, e dalla ventiduenne Enrica Stettermeier (il nonno materno, Enrico, di origine austriaca, era nato a Como nel 1848).
Gianna fu la prima di tre fratelli, Danilo e Ines. Nel 1913 entrò nel collegio femminile di Mühlbach (Rio di Pusteria) presso Bressanone. Nel 1918 la famiglia si trasferì a Napoli. Seguendo la propria inclinazione per la musica e il canto, Anna Pederzini riuscì a farsi ascoltare da Fernando De Lucia, ‘principe’ dei tenori e apprezzato maestro di canto, di cui divenne allieva. Le lezioni proseguirono anche dopo l’inizio dell’attività teatrale, e la cantante portò sempre viva gratitudine al celebre artista. Il 9 gennaio 1923 debuttò al teatro Mastrojeni di Messina, Preziosilla nella Forza del destino di Verdi, e nei giorni seguenti cantò La Cieca nella Gioconda di Ponchiellie Pierotto nella Linda di Chamounix di Donizetti. Nel 1924 al Politeama di Palermo debuttò in Carmen, di cui divenne interprete di riferimento. Nel 1926 si stabilì a Milano, allora sede delle principali agenzie teatrali.
Dal 1928 cominciò a frequentare ribalte più autorevoli: debuttò in Zanetto e in Cavalleria rusticana di Mascagni (Lola) all’Opera di Roma, che divenne uno dei suoi palcoscenici prediletti. Nel 1929 ripeté Zanetto al Carlo Felice di Genova, debuttò nella Norma di Bellini (Adalgisa) al San Carlo di Napoli e nella Marta di Flotow (Nancy) all’Arena di Verona. Il 15 giugno 1930 si sposò a Roma in S. Francesco d’Assisi con Eugenio Fontana, funzionario dell’Istituto Luce (si separarono presto). Divenne l’amante di Roberto Farinacci, gerarca fascista, figura chiave del regime. La storia d’amore, sulla quale la Pederzini seppe tenere il massimo riserbo, cessò solo con la morte di Farinacci, fucilato a Vimercate da un tribunale partigiano il 28 aprile 1945. La cantante stessa rischiò una sorte analoga, e alcuni giornali argentini diffusero la notizia che fosse stata giustiziata come Claretta Petacci, l’amante del duce.
Mai coinvolta in vicende politiche, dovette il successo ai reali meriti artistici. Nel 1931 debuttò alla Scala in Marta. La brillante affermazione le aprì durevolmente le porte del grande teatro, dove fu presente fino al 1944 in opere del suo repertorio, ma anche in titoli di più rara esecuzione, come La straniera di Bellini (Isoletta) nel 1935 o Conchita di Zandonai nel 1939, anno in cui proprio alla Scala affrontò la parte sopranile della protagonista nella Fedora di Giordano. Nel 1936 al Lirico di Milano tenne il ruolo eponimo nella prima assoluta de La principessa Liana, operetta scritta e diretta da Tito Schipa. Nel 1931 aveva cantato anche al Covent Garden nella Forza del destino e in Rigoletto. Ma le sue presenze all’estero furono sporadiche (cantò in Norma all’Opéra di Parigi e al Flamand di Anversa nel 1935), fuorché al Colón di Buenos Aires, dove, amatissima, fu presente negli anni 1937, 1938 e 1939. Nel 1932, sull’onda di un crescente successo che la impose all’attenzione generale, avviò un’assidua collaborazione con l’EIAR (Ente italiano per le Audizioni radiofoniche), impegnata in repertori diversi: il recupero della produzione comica di Rossini, allora raramente eseguita, con l’Italiana in Algeri, e di Mozart (Dorabella in Così fan tutte), a Roma rispettivamente nel 1932 e nel 1936; titoli desueti della produzione francese, come Le jongleur de Notre-Dame di Massenet e La belle Hélène di Offenbach nel 1933 a Torino, dove nel 1937, 1938 e 1940 partecipò anche a tre dei popolarissimi Concerti Martini&Rossi; il repertorio verista, caro al gusto dell’epoca, con Conchita nel 1936 (ripresa nel 1939, a Roma, sempre sotto la direzione dell’autore), L’Arlesiana di Cilea nel 1937 da Torino, e da Roma Resurrezione di Alfano nel 1940, di nuovo L’Arlesiana (ripresa ancora nel 1942) e Fedora nel 1941; il repertorio belcantistico con Lucrezia Borgia di Donizetti (Maffio Orsini) nel 1940, che aveva già eseguito all’Opera di Roma nel 1933; novità di compositori allora in voga, tra cui La giornata di Marcellina di Attilio Parelli e Medusa di Bruno Barilli, a Torino, rispettivamente nel 1933 e nel 1935; infine da Milano un concerto col basso Tancredi Pasero, il 17 aprile 1945, pochi giorni prima della Liberazione.
Nell’ottobre 1946 fu al San Carlo di Napoli con Mignon, e dopo le tournées in Sud America (Buenos Aires 1946 e 1947, Santiago del Cile 1946) e il debutto al Liceu di Barcellona (con Mignon e Carmen, inverno 1947-48), ritornò stabilmente sulle scene italiane. Nel 1949 a Firenze cantò nella prima assoluta di Vanna Lupa di Ildebrando Pizzetti e in giugno partecipò alle riprese del Trovatore, regìa di Carmine Gallone, nella parte di Azucena e della madre di Azucena (personaggio aggiunto nella versione cinematografica). Tra gennaio e febbraio 1950 si esibì al teatro Reale del Cairo, debuttando in Sansone e Dalila di Saint-Saëns (in italiano, come gli altri titoli stranieri del suo repertorio), che nel marzo ripeté al teatro Mohamed Aly di Alessandria d’Egitto. Nello stesso anno affrontò a Genova La medium di Giancarlo Menotti (Madama Flora), che poi ripropose con frequenza nei teatri italiani, facendone un cavallo di battaglia: chiuse la carriera proprio con questa «tragedia» di Gian Carlo Menotti, nell’aprile 1960 all’Opera di Roma. Il titolo si inseriva in un rinnovamento del repertorio che la vide affrontare La sagesse di Darius Milhaud (Perugia, Sagra umbra, 1949), Oberon di Carl Maria von Weber (Firenze 1951), Jenůfa di Janáček (Roma 1952), I cavalieri di Ekebù di Zandonai (Trento 1952), dove diede eccellente prova nel personaggio della Comandante, La donna di picche di Čajkovskij nella parte della Contessa (Firenze 1953) e Macbeth di Ernest Bloch (Roma 1953), Guglielmo Ratcliff (Napoli 1954), la prima assoluta dei Dialoghi delle Carmelitane di Poulenc(Madame de Croissy; Milano, La Scala, gennaio 1957).
Dopo il ritiro la Pederzini non smise l’attività pubblica: tenne conferenze e seminari di argomento musicale, partecipò a giurie di concorso, fu insegnante nei corsi liberi superiori di studio e interpretazione dell’Accademia di Santa Cecilia a Roma, intervenne in programmi televisivi di diversa natura (andranno ricordate le partecipazioni alla trasmissione del 21 novembre 1979 di Grande Italia, condotta da Maurizio Costanzo, che inutilmente cercò di farla parlare della sua relazione con Farinacci, e a quella del 20 ottobre 1985 di Paura nel cassetto, intervistata da Silvana Gaudio in un programma dedicato a ‘Storie di donne nel ventennio’).
Morì a Roma il 12 marzo 1988.
Voce chiara dalle screziature sopranili, Gianna Pederzini non si identificò con le grandi parti per mezzosoprano del repertorio romantico (salvo Amneris e Preziosilla), specie nella prima parte della carriera, dove non avrebbe potuto rivaleggiare con voci più ampie e sontuose come quelle di Gabriella Besanzoni o Ebe Stignani, e più tardi con Cloe Elmo o Fedora Barbieri. Diede il suo contributo a Rossini, con vivaci ritratti vocali e scenici di Angelina nella Cenerentola, Isabella nell’Italiana in Algeri e Rosina nel Barbiere di Siviglia. Si orientò con successo verso la produzione francese, disegnando una Carmen divenuta proverbiale, un’eccellente Mignon, un’intensa Carlotta nel Werther, alla quale portava in dote la forte carica espressiva che seppe mettere a frutto anche nel genere verista. In questo caso fanno testo la sua interpretazione di Rosa Mamai nell’Arlesiana, che debuttò alla Scala nel 1936 nella versione riveduta e corretta dall’autore, presentata al San Carlo l’anno precedente, e della Principessa di Bouillon nell’Adriana Lecouvreur, oltre adi Fedora. In questo come negli altri casi, la Pederzini seppe sfruttare un physique du rôle adatto a rappresentare figure fascinose, ma all’occasione anche il tipo del paggio en travesti, tra cui lo Zanetto di Mascagni, l’Isoliero del Conte Ory, Beppe nell’Amico Fritz, Maffio nella Lucrezia Borgia, Urbano negli Ugonotti (nella celebre ripresa all’Arena di Verona del 1933), Hänsel nella «fiaba per musica» di Humperdinck, Cherubino nelle Nozze di Figaro, Ottaviano nel Cavaliere della rosa, Puck nel citato Oberon, segnalandosi sempre per «l’innata musicalità e il senso dello stile» (Celletti, 2000). A conferma del poliedrico talento artistico va sottolineato il contributo dato alla produzione italiana (Scampolo di Ezio Camussi, Trieste 1925; Madonna Oretta di Primo Riccitelli, Roma 1932; Lucrezia di Ottorino Respighi, Roma 1937) e straniera del Novecento, dove mise in luce doti di fraseggiatrice e persino di attrice tragica. Roman Vlad scrisse per lei un’aria nelle musiche di scena per l’Ifigenia in Tauride di Euripide andata in scena nel teatro greco di Taormina nel 1958.
All’intensa attività teatrale non corrispose un lascito discografico della stessa importanza. Le incisioni si limitarono a una serie di elettrici incisi per HMV nel 1929-30, seguite da due brani nel 1941, anno in cui registrò otto facciate per la Cetra. Per la Coliseum incise nel 1952 L’Arlesiana, risultando «un po’ declinante, ma ancora valida in una parte di cui era stata una specialista» (Celletti, Il teatro d’opera in disco, p. 165). Per il resto bisogna rifarsi a fortunose incisioni live, comunque importanti anche se non sufficienti a restituirci il fascino dell’artista, ben documentato invece dalla copiosa iconografia.
Fonti e Bibl.: R. Celletti, P. G., in Enc. dello Spett., Roma 1960, VII, pp. 1811 s.; Id., P. G., in Le grandi voci, Roma 1964, pp. 617 s.; B. Cagnoni, Riccardo Zandonai, Trento 1978, pp. 41, 129 s., 156, 189, 209 s., 314 s., 369, 395; R. Celletti, Il teatro d’opera in disco, Milano 1988, p. 165; D. Rubboli, G. P. Non solo Carmen, Parma 1989; L. Rasponi, The last prima donnas, New York 1990, p. 299; M. Henstock, Fernando De Lucia, London 1990, pp. 387, 390, 399; L’arcano incanto. Il Teatro Regio di Torino 1740-1990, a cura di A. Basso, Milano 1991, I, pp. 230, 238, 437, 550, 699, 712; G. Landini, I grandi cantanti di Casa Sonzogno, in Casa musicale Sonzogno, a cura di M. Morini - N. Ostali - P. Ostali, Milano 1995, I, p. 218; Gino Marinuzzi: Epistolario artistico di un grande direttore d’orchestra, a cura di L. Pierotti et al., Milano 1995, pp. 561, 607, 616, 633, 636, 644, 656, 662, 668, 726, 796, 828, 830, 832 s., 838, 848; E. Gara, Orfeo minore, a cura di M. Boagno, Parma, 1996, pp. 212, 214, 301, 321; G. Marchesi, Canto e cantanti, Milano 1996, pp. 297, 437; K.J. Kutsch - L. Riemens, Großes Sängerlexikon, Bern-München, 1997, IV, p. 2688; R. Celletti, Storia dell’opera italiana, Milano 2000, II, p. 655; T. Schipa jr, Tito Schipa, Lecce 2004, pp. 25, 135, 145, 153, 165, 167, 174, 193, 208; L. Inzaghi, Beniamino Gigli, Varese 2005, pp. 50, 56, 72, 84, 120, 191, 195 s., 214, 239, 243, 249, 251, 257, 260 s., 269, 307, 311, 324, 328 s., 332, 336 s., 339, 342, 345, 356, 358, 379, 411, 473, 482, 508; J. Kesting, Die großen Sänger, Kassel 2010, pp. 893 s.
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Gianna