SERTOLI, Giandomenico
SERTOLI, Giandomenico. – Nacque a Vicenza il 26 settembre 1922 da Giovanni Francesco e da Angela Maddalena.
Frequentò le scuole elementari, il ginnasio e il liceo classico nella città natale. Nel 1940 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Padova. Alternò lo studio con un’intensa attività sportiva sia agonistica sia in campo organizzativo e amministrativo: fu infatti segretario provinciale del CONI, segretario provinciale della Federazione italiana tennis (FIT) e addetto sportivo dei Gruppi universitari fascisti (GUF). Seguì i corsi fino al gennaio del 1943, quando venne chiamato a svolgere il servizio militare come allievo ufficiale di fanteria. La resa dell’8 settembre lo spinse ad abbandonare la caserma di Altopascio, dove era di stanza; attraversati a piedi gli Appennini, la campagna modenese e il Vicentino, raggiunse la famiglia. Per evitare di rispondere alla chiamata alle armi della Repubblica sociale italiana si spostò in Valtellina, territorio di origine della famiglia. Rimase per circa una decina di giorni nascosto prima di attraversare la frontiera con la Svizzera sui monti del Poschiavino a 2500 metri e presentarsi alle autorità di frontiera elvetiche come rifugiato militare (il suo grado era caporalmaggiore allievo ufficiale). Rimase in un campo di internamento a Rohrbach bei Huttwil (nel Canton Berna) fino al gennaio del 1944, quando poté raggiungere Ginevra dove erano stati costituiti dei campi di internamento per studenti universitari. Riuscì in tal modo a proseguire e terminare i suoi studi di giurisprudenza presso l’Institut d’études internationales.
A Ginevra, nei primi mesi del 1944, entrò in contatto con Ernesto Rossi e con sua moglie Ada, rifugiatisi in Svizzera già nel settembre del 1943. Sertoli non aveva una formazione politica, un po’ per la giovane età, un po’ per il sistema nel quale era cresciuto, ma riuscì a farsi accogliere nel circolo di intellettuali e rifugiati politici che si riuniva attorno a Rossi: Luigi Einaudi, Egidio Reale, Umberto Terracini, Adriano Olivetti e tanti altri ancora. A Ernesto Rossi e a sua moglie arrivò per caso, con l’obiettivo di conoscere «quante più persone mi era possibile per riuscire innanzitutto a capire il senso di avvenimenti tanto sconvolgenti e per cercare di rendermi utile al mio paese» (Ernesto Rossi, testimonianze di un collaboratore, in Revue international d’histoire de la banque, 1983, pp. 220 s.). Quest’ansia di fare venne soddisfatta da Rossi, che gli affidò diversi incarichi, alcuni di carattere scientifico e altri di natura più prettamente politica: tradusse per Rossi un saggio di Lionel Robbins sui problemi economici della federazione europea, svolse delle ricerche nella collezione del Corriere della sera (1922-43) alla ricerca di informazioni sui legami compromettenti tra la famiglia Savoia e il regime, si dedicò all’attività politica durante il tempo libero per conto del Partito d’azione (PdA). Nell’estate del 1944, spedito con gli altri giovani internati in campagna, scrisse numerose lettere a Rossi per ottenere libri che gli consentissero di usare meglio il tempo che aveva a disposizione. La sua adesione formale al movimento federalista, avvenuta al suo ritorno a Ginevra, fu lo sbocco naturale di letture e riunioni. Dal settembre del 1944 collaborò al quindicinale Giovine Italia, di ispirazione repubblicana e azionista, scrivendo, tra l’altro, un articolo sulla questione di Trieste. In quel periodo aderì al PdA. Nei mesi successivi manifestò in numerose occasioni a Rossi, che nel frattempo si era trasferito nel Canton Ticino per essere pronto a rientrare in Italia, il desiderio di varcare il confine per unirsi ai partigiani. Rossi lo convinse a rimanere in Svizzera con parole evidentemente molto convincenti: «ci sono pochi giovani che apprezzo come te» (Firenze, Archivio delle Comunità europee, Carte Ernesto Rossi, ER24, Rossi a Sertoli, 19 aprile 1945).
Tornò in Italia solo dopo la fine del conflitto, nel giugno del 1945. Rifiutata la proposta di lavorare come segretario di Riccardo Lombardi, prefetto di Milano, si concentrò sugli studi per giungere alla laurea, ottenuta all’Università di Padova il 3 dicembre 1945 con una tesi su Sovranità e Carta delle Nazioni Unite. Nella nativa Vicenza partecipò in prima fila all’attività del PdA, risultando eletto nel comitato direttivo provinciale e successivamente nell’esecutivo provinciale. Scrisse articoli su temi di carattere politico e giuridico-costituzionale per il giornale locale di ispirazione azionista Il Lunedì.
Nel marzo del 1946 Rossi, che dopo una breve esperienza come sottosegretario al ministero per la Ricostruzione era stato nominato presidente dell’Azienda rilievo alienazione residuati (ARAR), lo chiamò a Roma, facendone il suo segretario particolare. L’ARAR si occupò di gestire l’alienazione dei materiali lasciati in Italia dagli alleati all’indomani della seconda guerra mondiale secondo procedure, fortemente volute da Rossi, che non favorivano i grandi gruppi industriali e i grandi commercianti, ma offrivano a tutti, grandi e piccoli imprenditori, la possibilità di sfruttare le tante opportunità legate alla presenza sul territorio nazionale (concentrati in alcuni campi di raccolta sparsi in varie regioni del paese) di materiali utili in una fase di rilancio dell’economia durante la ricostruzione. La gran parte delle vendite si realizzò entro il 1947, con grandi vantaggi per le casse dello Stato. I governi dell’epoca utilizzarono l’ARAR anche per altre iniziative legate alla ricostruzione, dalla gestione di alcuni aspetti del Piano Marshall a quella riguardante gli acquisti all’estero di materiali per la modernizzazione della pubblica amministrazione, alle politiche finanziarie per le piccole e medie imprese e ai cosiddetti incarichi riservati (coordinamento delle commesse militari e collaborazione nella realizzazione delle infrastrutture NATO).
Sertoli venne progressivamente coinvolto nel lavoro dell’ARAR, assumendo anche l’incarico di segretario del consiglio d’amministrazione e del comitato esecutivo. Rimase così nell’azienda al fianco di Rossi, di cui si considerava un figlio spirituale, fino al 1953, abitando a Roma un altro anno ancora, con la moglie Marianne Roblin, una ginevrina sposata nel 1946, e con i due figli, Gianfranco e Stefano.
Continuò a svolgere attività politica con il movimento federalista e con il PdA e poi, dopo lo scioglimento di quest’ultimo, con il Partito repubblicano italiano, scrivendo diversi articoli per La Voce repubblicana ed episodicamente anche per Il Mondo. In quegli anni collaborò inoltre alle attività del Comitato italiano per la democrazia europea, fondato da Altiero Spinelli.
Nel 1954 si trasferì a Lussemburgo, assumendo un incarico presso la divisione finanze dell’Alta autorità della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), grazie all’interessamento di Rossi e Spinelli. A latere dei suoi impegni professionali continuò a coltivare un’intensa attività di pubblicista, collaborando anche con Mondo economico e con Bancaria, la rivista ufficiale dell’Associazione bancaria italiana. A Lussemburgo partecipò, in qualità di segretario, ai lavori della commissione incaricata di redigere lo statuto della futura Banca europea degli investimenti (BEI). Era preoccupato per la qualità del personale che il governo italiano avrebbe inviato a lavorare in questa importante istituzione che, pur essendo stata costituita dagli Stati membri, non era parte del sistema istituzionale e operava sul mercato finanziario internazionale secondo le sue leggi. La nomina di Pietro Campilli come primo presidente della BEI nel 1958 si rivelò fortunata. Grazie anche all’influenza di Rossi, Donato Menichella e Mario Ferrari-Aggradi, nello stesso anno Campilli incluse Sertoli tra i suoi più stretti collaboratori.
La sua carriera alla BEI fu abbastanza rapida. Assunto con la carica di direttore aggiunto, nel 1960 era già stato promosso direttore delle finanze e della tesoreria della banca. Lavorò per la BEI fino al 1968, pur continuando a scrivere articoli per giornali e riviste italiane e mantenendo sempre un legame molto intenso con Ernesto e Ada Rossi. Dopo la morte del suo mentore, avvenuta all’inizio del 1967, anche la spinta a rimanere a lavorare in istituzioni europee venne progressivamente meno. Accolse infine la proposta di Francesco Cingano e Carlo Bombieri, che da due anni stavano insistendo perché accettasse una posizione di spicco alla Banca commerciale italiana (Comit), di cui il primo era amministratore delegato dal 1967 e il secondo uno dei più stretti collaboratori dell’allora presidente Raffaele Mattioli. Sertoli assunse la funzione di financial advisor e due anni dopo venne promosso vicedirettore centrale. In tale veste svolse anche una missione a Mosca nel 1971 in vista dell’apertura di un ufficio permanente della banca in URSS.
Nel corso dei primi anni Settanta, oltre a esercitare le proprie funzioni presso la Comit, continuò a produrre scritti e riflessioni sui possibili compiti futuri della BEI, avendo come interlocutore Spinelli, divenuto nel frattempo commissario europeo. Nel 1976, a seguito di alcuni scandali che coinvolsero diverse banche di Lugano, tra cui il Banco di Roma per la Svizzera italiana, e che avevano allarmato le autorità bancarie svizzere, la Comit decise di inviare Sertoli in Svizzera. Nominato vicepresidente e membro del comitato esecutivo della Banca della Svizzera italiana (BSI), di cui la Comit era azionista di maggioranza, la scelta logistica fu quella di tornare a risiedere a Ginevra.
Tra il 1978 e il 1983, mentre svolgeva la sua attività alla testa della BSI, divenne anche presidente del comitato esecutivo, amministratore della Compagnie monegasque de banque a Montecarlo e membro del comitato esecutivo della Société européenne de banque con sede a Lussemburgo (di cui più tardi, tra il 1985 e il 1991 fu anche presidente), entrambe nella sfera di influenza della Comit. Fu inoltre membro del consiglio d’amministrazione della Zambon, una multinazionale italiana della farmaceutica. Nonostante i mutamenti degli assetti proprietari della BSI con l’uscita di scena della Comit e l’arrivo delle Generali, rimase come membro indipendente del comitato esecutivo della BSI fino ai primi anni Novanta, quando, ormai settantenne, non era più rieleggibile. Fu altresì presidente della banca Duménil Leblé (Suisse) S.A., filiale svizzera della omonima società francese, che nel 1991, mentre Sertoli ricopriva tale carica, fu vittima di una truffa su titoli italiani, perse circa 20 milioni di franchi su un bilancio di circa 250 e dovette ridurre il capitale da 60 a 15 milioni circa.
Nel 1988 chiese la cittadinanza svizzera, che ottenne nel 1990. Ormai da cittadino elvetico, tra il 1990 e il 1992 si impegnò con numerosi articoli apparsi sulla stampa della Svizzera francese nella campagna di adesione allo Spazio economico europeo, iniziativa che solo per poco non fu coronata da successo (i no prevalsero con il 50,3%). Membro dal 1985 dell’Associazione dirigenti italiani all’estero, sorta a Ginevra in quell’anno, fu a lungo anche vicepresidente della Société genevoise d’études italiennes, membro del consiglio d’amministrazione dell’Associazione svizzera per i rapporti culturali ed economici con l’Italia di Zurigo e membro influente della Camera di commercio italiana per la Svizzera. Fu anche membro del board of directors della rivista Lo spettatore internazionale, presieduto da Spinelli. Nel 1976 fu nominato Grande ufficiale al merito della Repubblica.
Morì a Meyrin, comune del Canton Ginevra, il 20 gennaio 1998.
Opere. Risulta alquanto difficoltoso elencare la corposa produzione di articoli per giornali e riviste. Ci limitiamo a quelli che contengono informazioni di carattere biografico: Ernesto Rossi..., Testimonianze di un collaboratore, in Revue international d’histoire de la banque, 1983, n. 26-27, pp. 220-230; Il y a un demi siècle la Suisse et Genève ouvraient leurs portes aux rifugiés italiens, in Genève et l’Italie. Melanges poubliés pour le 75° anniversaire de la Société genevoise d’études italiennes, sous la direction de A. Kahn-Laginestra, Genève 1994, pp. 299 s.; Une Suisse déchirée sur son passé. Et si nous pensions au défis du troisième millénaire?, in Genève et l’Italie. Etudes publiées à l’occasion du 80° anniversaire de la Société genevoise d’études italiennes, sous la direction de A. Kahn-Laginestra, Genève 1999.
Fonti e Bibl.: Firenze, Archivio delle Comunità europee, Carte Ernesto Rossi, ER24, ER32, ER59, ER170; Archivio Banca europea degli investimenti, BEI-1000, BEI 1070; Milano, Archivio Intesa San Paolo, Carte Raffaele Mattioli, Diversi S-V 1955-1972, f. 1; Note su affari esteri 1946-1971, f. 1, sottofascicolo 7; Pratiche generali della “Collana” e corrispondenza 1941-1998, b. 14; Vicenza, Museo del Risorgimento e della Resistenza, Archivio del Partito d’Azione, Federazione provinciale di Vicenza, b. 3, f. 7, b. 5, f. 2; Banca commerciale italiana, Relazioni del consiglio di amministrazione alle Assemblee generali per gli esercizi dal 1966 al 1971, Milano 1974, http://media.regesta.com/dm_0/INTESA/Digital-Library/allegati/ods-ISP/2016/ 02/08/017-7394.pdf (17 aprile 2018); R. Broggini, Terra d’asilo. I rifugiati italiani in Svizzera 1943-1945, Bologna 1993; Le Journal de Genève, 10 marzo 1995; Banque Duménil Leblé (Suisse) SA, SHAB (Schweizerische) 1993119/ 1993 - 23.06.1993, categoria, cambio di scopo sociale, Registro di commercio di Ginevra, https:// www.moneyhouse.ch/ de/company/dumenil-leble-suisse-sa-11125390 201/messages?toggleMessage=5716014 (17 aprile 2018). Si veda inoltre: Presidenza della Repubblica, http://www.quirinale.it/elementi/Dettaglio Onorificenze.aspx?decorato=252254.
B. Ciapponi-Landi, Echi culturali della Valtellina, Bormio e Valchiavenna, 1998, vol. 67, p. 189; L. Segreto, Arar: un’azienda statale tra mercato e dirigismo, Milano 2001, p. 83; Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini. Dall’esilio alla Repubblica: lettere 1944-1957, a cura di M. Franzinelli, Torino 2004, p. 139; R. Leboutte, Histoire économique et sociale de la construction européenne, Bruxelles 2007, p. 252; F. Zucca, Europeismo e federalismo in Lombardia dal Risorgimento all’Unione europea, Bologna 2007, pp. 114, 205 s.; G.A. Cisotto, G. S. Un azionista vicentino collaboratore di Ernesto Rossi, in Annali della Fondazione La Malfa, 2010, vol. 25, pp. 223-240.