ERCOLE, Giambattista
Nacque a Piacenza il 17 maggio 1750 da Francesco e da Teresa Passera; non si hanno notizie sulla sua formazione di pittore che avvenne quasi certamente a Piacenza, ove svolse la propria attività a partire dagli anni Settanta del Settecento. Al 1776 risale uno dei suoi primi interventi pittorici, l'affrescatura di una cappella nella chiesa di S. Andrea a Piacenza (Fiori, 1972, p. 193), di cui non si conserva alcuna traccia, essendo l'edificio andato distrutto.
La fondazione dell'istituto d'arte avvenuta a Piacenza nel 1781 ad opera del generale G. F. Gazzola - al quale comunemente si attribuisce un ruolo di protagonista nella scoperta di Paestum - ebbe una certa importanza anche in relazione all'attività dell'Ercole. Ad Antonio Peracchi, nominato "maestro di disegno di figure" nel 1781 (Mischi, 1981, pp. 93-95), si affiancò l'E., docente di disegno architettonico e ornato, che svolse dapprima le lezioni presso il proprio studio, trasferendosi successivamente (1789) all'istituto "Gazzola" (Cattadori, 1979).
Presso l'archivio dell'istituto "Gazzola" si conserva la documentazione relativa all'attività didattica ivi svolta dall'E. fino agli ultimi anni di vita. Dal carteggio dell'artista con l'istituto emergono vari problemi. Quello più urgente concerne l'ampliamento della biblioteca della scuola di architettura, nella quale l'E. lamentava la carenza di "libri, rilievi e istrumenti che tutti insieme possono molto cooperare al profitto de' giovani studenti" (Piacenza, Archivio "Gazzola", cassetta 42bis, fascicolo 1792-1794). Nel tentativo di colmare tali lacune l'istituto acquistò tra gli altri i Quattrolibri dell'architettura del Palladio, testo che con le Notizie istoriche di G. B. Zaist e le Vite di R. Soprani è citato in un inventario dell'inizio del secolo XIX (ibid.).
Nel 1782 l'E. inviò all'accademia parmense di belle arti vari disegni raffiguranti "alcuni capitelli disegnati con un nuovo metodo ... per ben condurre le volute ..." e conseguì "a pieni voti" l'idoneità "ad insegnare i rudimenti architettonici a' giovani piacentini giusta il testamento del fu generale Conte Gazzola" (Parma, Archivio dell'Accademia di belle arti, Atti acc., I, sessione 8 apr. 1782).
È questo l'unico episodio tuttora documentato dei rapporti fra l'E. e l'istituto parmense i cui membri, nel suggerirgli la lettura, fra gli altri, di Vitruvio nella traduzione di Ermolao Barbaro e di Andrea Palladio, lo obbligarono ad inviare entro breve tempo i "modelli da lui proposti alla studiosa gioventù colle necessarie spiegazioni" per accertarsi che gli allievi fossero "sul buon sentiero" e che l'E. unisse "ad una felice pratica una sana teoria ed incorrotta dalle licenze che regnano in molti" (ibid.).
L'E. svolse anche una intensa attività di decoratore sia a Piacenza, sia nel territorio. Stilisticamente riconducibile ai modi dell'E. è la decorazione della galleria del castello di Bastardina (Piacenza), ascrittagli dalla Barbieri (1979, p. 66), per la quale si è avanzata una datazione al decennio 1780-1790.
Essa precede di qualche anno il più noto ciclo decorativo eseguito per i conti Rocca nella residenza di Corneliano (Piacenza), la prima delle opere con certezza ricondotte all'artista. In una delle belle sale della villa si leggono infatti, apposti su una candelabra a monocromo, la firma e la data, il 1789 (Nasalli Rocca, 1961; Matteucci, Palazzi…, 1979, p. 76; Matteucci, Manfredi, Coccioli Mastroviti, 1991).
Eloquente testimonianza di un raffinato gusto neoclassico, gli affreschi di Corneliano attestano l'elevato livello raggiunto dall'E., espresso mediante grandi figure allegoriche, festoni, ghirlande e mascheroni, nonché figure alate femminili che in una delle sale racchiudono ottagoni istoriati. Nella residenza dei conti Rocca l'E. creò una trama decorativa cui è sotteso un colto archeologismo; il "fare stampato e ad un tempo plastico" dà risalto alle figure (Matteucci, Palazzi..., 1979, p. 62) e anticipa gli esiti chiaroscurali di uno dei due disegni eseguiti per la galleria di palazzo Mulazzani a Piacenza (Piacenza, coll. privata; cfr. ibid., p. 274). Alla fine del Settecento sono infatti ricondotti disegni ideati dall'E. per la decorazione - poi non attuata - della galleria. La trama decorativa del primo dei due elaborati compone un disegno regolare e rettilineo finalizzato all'inserimento di figure allegoriche dipinte entro profonde nicchie. Improntato ad una linearità essenziale nella rigorosa scansione geometrica degli spazi, il disegno evoca alcune delle soluzioni decorative di matrice piermariniana previste per la decorazione degli interni di palazzo Greppi a Milano.
Una più ricca ornamentazione caratterizza invece il secondo elaborato che, nella organizzazione globale della parete, palesa un repertorio decorativo neocinquecentesco filtrato attraverso l'esperienza di modelli pittorici di area romana.
Alla fine del secolo XVIII sono riconducibili anche le decorazioni del salone al primo piano di palazzo Falconi (ibid., pp. 185 ss.) e quelle della galleria di palazzo Petrucci-Cella, pure a Piacenza (Arisi, in Storia di Piacenza, 1980, p. 649). Per quanto concerne invece i begli affreschi del salone d'onore di palazzo Anguissola di Grazzano a Piacenza, ove sono documentati due collaboratori di Cosimo Morelli, Adalberto Della Nave e Antonio Villa (Matteucci, Palazzi..., 1979, p. 149), non è ancora stato accertato il ruolo svoltovi dall'E., che comunque fu "sicuramente presente nella decorazione delle volte di alcune sale" (ibid., p. 154).
La decorazione di una delle sale di palazzo Anguissola, arricchita da cartigli istoriati con scene di trionfi o tematiche puntualmente desunte da alcuni dei più noti monumenti della romanità, denota un'approfondita conoscenza dei cicli decorativi e scultorei dell'arte romana, ivi personalmente rielaborata.
All'ultimo decennio del secolo risale anche l'intervento architettonico condotto dall'E. nel seminario di Piacenza (1792), per il quale eresse la nuova ala confinante con la chiesa di S. Paolo. Esso rientra nel piano di ristrutturazione del seminario avviato dal vescovo Gregorio Cerati (Mezzadri, 1969).
Non si è trovata alcuna documentazione iconografica della sua attività di scenografo, che tuttavia non dovette essere marginale. Con certezza sappiamo che l'E. fu contattato dall'Anzianato di Piacenza per progettare l'apparato funebre di Ferdinando di Borbone (1802), in gara con Giuseppe Fornaroli che poi ebbe l'incarico (Arch. di Stato di Piacenza, Miscellanea Ottolenghi, pacco 13, cart. 18, fasc. 1802; Ibid., Provvigioni e riformagioni, cartella 1797-1806, registro 134, cc. 118 s.).
Al 1803-1804 datano infine due progetti relativi alla costruzione di un museo e di un istituto d'arte, recentemente ricondotti al catalogo dell'E. (Arisi, in Storia di Piacenza, 1980, p. 640; Coccioli Mastroviti, 1988, pp. 48-50). Il primo di questi, eseguito quasi certamente allo scadere del 1803, costituisce il suo "primo pensiero" gettato in carta (Arch. di Stato di Parma, Carte Moreau, cartella 27, lettera in data Piacenza, 12 dic. 1803) per un museo che avrebbe dovuto sorgere nei locali di proprietà dei gesuiti di S. Pietro. Graficamente più rifinito rispetto al precedente, il secondo disegno (Piacenza, Istituto d'arte "G. Felice Gazzola") presenta un'assimilazione dei moduli architettonici di Lotario Tomba (Arisi, in Il Gazzola..., 1981, p. 188; Id., in Arte e pietà, 1981, p. 111), riproposti dall'E. secondo un orientamento marcatamente neoclassico.
Entro il 1804 si colloca anche la decorazione della volta di S. Maria di Campagna. Il contratto stipulato dall'E. con il padre Angelo Sgorbati risale però al 1788 (Buttafuoco, 1842, p. 146). L'originaria decorazione della volta della navata e del transetto, eseguita da Giuliano Mazzoni, aveva infatti subito un cattivo intervento di "restauro" ad opera di Antonio Cavatorta (1770), sicché in seguito alla visita-sopralluogo del Carasi (1780) i padri di S. Maria decisero di sostituirla con i cassettoni di finto marmo dipinti a tempera dall'Ercole. Ma l'intervento dell'E. non ottenne i favori della critica e gli unici giudizi positivi sono quelli espressi dall'artista bolognese Mauro Braccioli (ibid.; Corna, 1908).
Per quanto concerne la collocazione cronologica di questo importante ciclo decorativo dell'E., Stefania Cattadori (1979, p. 102) indica, sulla scorta del Fiori (1972, p. 193, il 1804. La medesima studiosa suppone, seppure in via ipotetica, la presenza dell'E. nella decorazione a candelabre monocrome dei pilastri di sostegno alla cupola. Una scheda manoscritta del secolo XIX riporta invece il 1788 e i nomi degli artisti che collaborarono con l'E.: il fratello Pietro e Luigi Rebasti, i cui nomi compaiono anche su una scritta sul cornicione del transetto di destra (Piacenza, Bibl. comunale Passerini Landi, Schede Rapetti, ad vocem Ercole). Il 1788 è la data accolta anche da Ferdinando e Raffaella Arisi (1984, p. 298).
Tra le ultime opere dell'E. risulta la decorazione della cappella del Rosario nella chiesa di S. Giovanni in Canale a Piacenza. Sebbene non documentata dalle fonti, si è propensi a ritenere che essa sia stata realizzata nei primi anni dell'Ottocento. L'incarico di progettare la nuova cappella fu affidato all'E. e ad Antonio Tomba (Rossi, 1833, p. 365), ma i padri optarono per il progetto del Tomba e all'E. commissionarono soltanto la decorazione della cupola, quasi a "consolarlo della mancata accettazione del suo progetto" (Arisi, 1987, p. 161).
L'E. morì a Piacenza il 6 dic. 1811 (Libertà, 7 dic. 1811).
Fonti e Bibl.: Parma, Archivio dell'Accademia di belle arti, Atti accademici, I (1770-1793), sessione 8 apr. 1782; Archivio di Stato di Piacenza, Miscellanea Ottolenghi, pacco 13, cart. 18, fasc. 1802: Funerali di don Ferdinando di Borbone, lettera dell'E. in data Piacenza, 20 apr. 1802; Ibid., Provvigioni e riformagioni, 1797-1806, registro 134 (1801-1802), seduta 2 nov. 1802, cc. 118 s.; Piacenza, Archivio d. Istituto d'arte "G. F. Gazzola", cassetta 42 bis, fascicolo 1792-1794, n. 4 lettere dell'E. s.d.; ibid., fascicolo 1795-1796, Fascicolo suppliche, allievi dell'E.; Ibid., Biblioteca comunale Passerini Landi, Schede Rapetti, ad vocem G. B. E.; L. Molossi, Vocabolario topografico ... di Parma, Piacenza e Guastalla, Parma 1832-1834, p. 394; A. D. Rossi, Ristretto di storia patria, Piacenza 1833, p. 365; L. Scarabelli, Guidaai monumenti storici ed artistici della città di Piacenza, Piacenza 1841, pp. 38, 129; G. Buttafuoco, Nuovissima guida della città di Piacenza, Piacenza 1842, pp. 99, 146 s.; P. Selvatico, Le patrieglorie, in Strenna piacentina, 1849, p. 26; P. Martini, La scuola parmense delle arti belle e gli artistidelle provincie di Parma e Piacenza dal 1777 all'oggi, Parma 1862, p. 17; L. Ambiveri, Gli artistipiacentini, Piacenza 1879, pp. 195 s.; Id., Supplemento alla Cronaca degli artisti piacentini, in Strenna piacentina, 1885, p. 120; L. Mensi, Diz. biogr. piacentino, Piacenza 1899, pp. 171, 352; L. Cerri, Piacenza nei suoi monumenti, Piacenza 1908, p. 119; A. Corna, S. Maria di Campagna, Bergamo 1908, p. 238; E. Nasalli Rocca, Corneliano di Piacenza..., Roma 1961, pp. 10 s.; L. Mezzadri, in Ilseminario di Piacenza e il suo fondatore, Piacenza 1969, p. 49; G. Fiori, Documentibiografici di pittori piacentini dalla fine '400 al 1700, in Arch. stor. per le provincie parmensi, s. 4, XXIV (1972), pp. 192 s.; F. Arisi, Cose piacentine d'arte e di storia, Piacenza 1978, p. 222; A. M. Matteucci, in Società e cultura nella Piacenza del Settecento (catal.), Piacenza 1979, I, p. 70; II, pp. 50 s.; M. Barbieri, ibid., II, pp. 66 ss.; S. Cattadori, ibid., p. 102; A. M. Matteucci, Palazzidi Piacenza dal barocco al neoclassico, Torino 1979, pp. 60, 62, 64, 66, 69, 71, 76 n. 35, 153 ss., 157, 185 ss., 274, 320; Storia di Piacenza, V, Piacenza 1980, ad Indicem; G. Mischi, in IlGazzola1781-1981, Piacenza 1981, pp. 93-95, 99; F. Arisi, ibid., pp. 179, 184, 187 s., 190, 196 ss.; Id., in Arte e pietà (catal.), Piacenza 1981, p. 111; G. Adani-M. Foschi-S. Venturi, Ville dell'EmiliaRomagna, Milano 1982, p. 83; F. Arisi-R. Arisi, S. Maria di Campagna a Piacenza, Piacenza 1984, ad Indicem; E. F. Fiorentini, Le chiese di Piacenza, Piacenza 1985, p. 190; G. Fiori, Documenti relativi a Palazzo Scotti..., in Strenna piacentina, 1985, p. 37 n. 17; F. Arisi, Altre cosepiacentine d'arte e di storia, Piacenza 1987, pp. 161, 181, 185; T. Coghi Ruggiero, La chiesa S. Agostino di Piacenza e l'Accademia di belle artidi Parma, in Parma nell'arte, XVIII (1987), p. 28; A. Coccioli Mastroviti, G. B. E. …, in Strenna piacentina, 1988, pp. 35-52; Id., Incertala paternità del catafalco per le esequie di don Ferdinando, in Libertà, 31 ott. 1988; Id., La grandedecorazione nelle ville della campagna piacentina..., in Strenna piacentina, 1990, p. 95; A. M. Matteucci - C. E. Manfredi - A. Coccioli Mastroviti, Ville piacentine, Piacenza 1991, ad Indicem; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, X, p. 591.