GIACOMO da Città di Castello, detto Beato Giacomo
Figlio di Pietro, nacque a Città di Castello nella prima metà del XIII secolo (o anteriormente, se si accetta la notizia riportata da Mancini [1832, II, p. 43] che lo vuole novizio francescano già nel 1209). Annoverato fra i beati dell'Ordine minorita, G. è definito da Ridolfi (1536) "sculptor insignis" forse sulla traccia di un'iscrizione che era stata affissa, posteriormente alla sua morte, sul pulpito duecentesco della chiesa di S. Francesco a Città di Castello. All'inizio del XVIII secolo il pulpito, ormai in precario stato di conservazione, venne smontato e l'iscrizione fu donata dal guardiano del convento, fra Marco di Citerna, alla famiglia Tartarini, discendente dei committenti dell'opera Francesco di Vanni e Niccolò di Florido. Qui la vide Certini (sec. XVIII), che ne trascrisse il testo: "Hoc opus fecit / Jacobus Petri / qui postea inter beatos adnumeratus est / et eius corpus / sub altare maiori iacet" (Mancini, I, p. 136; II, p. 45). Alla famiglia Tartarini furono consegnate anche alcune sculture lignee che raffiguravano il Salvatore, i Dodici apostoli e l'Arme della famiglia Tartarini oltre a una seconda iscrizione dove si ricordavano i nomi dei committenti e l'anno di esecuzione del pulpito, il 1276. Gli altri elementi componenti il manufatto restarono di proprietà dei francescani e furono prima sistemati in una stanza del convento e poi in parte riutilizzati all'interno dell'edificio probabilmente con intento decorativo. All'inizio del XIX secolo di questo pulpito nulla più restava sia nel convento sia in casa Tartarini.
La storiografia locale, a partire da Conti (1627, p. 83) e da Iacobilli (1656), ritiene eseguito da G. anche l'altare maggiore della chiesa di S. Francesco, monumento nel quale fino al 1620 si conservarono le reliquie di G. (Margherini Graziani). Anche quest'opera rimase purtroppo coinvolta nella ristrutturazione che nel Settecento interessò tutto l'arredo liturgico della chiesa. L'unico reperto giunto intatto fino ai giorni nostri è una lastra di pietra lavorata a bassorilievo con un motivo a piccoli rosoni, già sistemata nella parte posteriore dell'altare, poi trasferita in quella anteriore (Ascani). L'analisi dell'opera ha indotto Giovagnoli (1921) a inserire lo scultore tifernate nell'ambito della scuola di marmorari operosa nel XIII secolo a Pieve di Canoscio e a ritenere che egli abbia partecipato alla realizzazione dell'arredo plastico delle chiese di S. Croce, S. Antonio e S. Giovanni Decollato, del portale laterale del duomo e dei finestroni trilobati del chiostro di S. Domenico. Rosini (1961), al contrario, nota nella lastra stilemi più propriamente trecenteschi che l'avvicinano all'altare della chiesa di S. Francesco a Sansepolcro, datato 1304 ed eseguito da maestranze umbre.
G. morì a Città di Castello il 17 sett. 1292 (Mancini, II, p. 43).
Fonti e Bibl.: Bartholomeo de Rinonico, De conformitate vitae beati Francisci ad vitam Domini Iesu (sec. XIV), in Analecta Franciscana, IV (1906), pp. 241, 505, 658; P. Ridolfi, Historiarum seraphicae Religionis, I, Venetiis 1536, p. 109; A. Conti, Fiori vaghi delle vite de' santi, e beati: delle chiese, e reliquie della Città di Castello, Città di Castello 1627, pp. 83-86; L. Iacobilli, Vite de' santi e beati dell'Umbria e di quelli i corpi de' quali riposano in essaprovincia (1656), II, Bologna 1971, p. 258; L. Wadding, Epitomae Annalium Ordinis minorum, I, Romae 1662, col. 1089; N. Barbioni, Diario, Todi 1687, pp. 30, 74 s.; F.I. Lazzari, Serie de vescovi, e breve notitia del sito, origine, diocesi, governo, santi, prelati, famiglie, e persone nobili di Città di Castello (1693), Bologna 1975, p. 99; Città di Castello, Arch. capitolare, A. Certini, Raccolta de' notabili per le vite de' santi beati e servi del Signore da Città di Castelloo suo distretto (1734), cc. n.n.; Ibid., L. Andreocci, Memorie delle chiese conventi monasteri confraternite oratori ospedali di Città di Castello… (1777), c. 14; G. Mancini, Istruzione storico-pittorica per visitare le chiese e palazzi di Città di Castello, Perugia 1832, I, pp. 135 s., 142, 146, 367; II, pp. 43-48, 311; G. Muzi, Memorie ecclesiastiche di Città di Castello, IV, Città di Castello 1843, pp. 193, 199, 203; V, pp. 156 s.; G. Margherini Graziani, L'arte a Città di Castello, Città di Castello 1897, pp. 135 s.; E. Giovagnoli, Città di Castello, Città di Castello 1921, pp. 44, 152, 167 n. 3; A. Fanfani, Città di Castello: guida storico-artistica, Città di Castello 1927, p. 101; O. Guerrieri, Città di Castello - Todi, Bergamo 1939, p. 25; C. Rosini, Città di Castello, Città di Castello 1961, pp. 81 s.; A. Ascani, Trilogia francescana, Città di Castello 1964, pp. 33-35; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XVIII, p. 283.