CRESCENZI, Giacomo
Nacque a Roma da Virgilio e Costanza Del Drago. Non si conosce con precisione l'anno di nascita ma, da ragguagli forniti dal medesimo C., si può porre attorno al 1570. Ricevette dal padre una severa educazione morale e religiosa; adolescente, verso il 1582, ebbe come compagno di studi di latino Camillo de Lellis al quale, dopo la sua decisione di diventare sacerdote, Virgilio Crescenzi aveva concesso di assistere alle lezioni impartite ai figli in casa sua. Il C. compì gli studia humanitatis al Collegio Romano sotto la guida di Orazio Tursellino e di Francesco Benci; si dedicò in seguito agli studi legali alla Sapienza, che però interruppe. Entrato in contatto con Filippo Neri, ne divenne ben presto seguace e amico, emulandolo nelle opere di carità, come egli stesso riferisce nelle sue deposizioni al processo per la canonizzazione del Neri. Entrò presto in rapporti anche col Baronio, con Carlo Borromeo. col p. Galloni e con altri frequentatori dei cenacolo filippino. Già durante i suoi primi studi manifestò interesse per l'archeologia cristiana e si dedicò con passione alla ricerca di antichi ipogei e alla ricognizione dei corpi di martiri: in questa sua attività fu in contatto con alcune note personalità del tempo, primo fra tutti Antonio Bosio che diresse al C. le due sole lettere conservate (20 ag. 1628 e 28 febbr. 1629).
Fra il 1586 e il 1587 avvenne un episodio che doveva imprimere una svolta decisiva alla vita del Crescenzi. Il cardinale Contarelli, abate commendatario di S. Eutizio in Val Castoriana presso Norcia, aveva lasciato erede fiduciario dei suoi beni Virgilio Crescenzi; alla sua morte la commenda dell'abbazia doveva tornare alla S. Sede ma, già nel 1586, essa venne concessa al giovane C.: sarebbe stata proprio tale concessione a far abbandonare al C. gli studi di legge per dedicarsi alla carriera ecclesiastica. Alla morte di Filippo Neri, nel maggio 1595, il C. era già sacerdote.
Egli si adoperò in ogni modo per glorificare la memoria del maestro ed amico, impegnandosi in opere di carità e contribuendo ad abbellire l'oratorio dei filippini alla Vallicella; fra il 1595 ed il 1598, partecipò infatti alle spese per la doratura del soffitto dell'oratorio e per un affresco del Pomarancio in cui si raffigurava il santo nella stanza dove era morto; preparò inoltre una bozza per l'iscrizione da porsi nella medesima stanza, trasformata in cappella. Tra il 1595 e il 1606 testimoniò cinque volte al processo per la canonizzazione del Neri. Le sue deposizioni sono fra le più vivaci e curiose, tutte ispirate da una profonda fede nella santità del Neri, cui attribuisce vari miracoli. Per celebrare l'operato del Neri il C. scrisse un Compendio della vita del beato Filippo (Venezia 1607; una copia ms. si conserva a Roma, Arch. d. Congr. d. Oratorio, cod. A. IV, 15).
Il C. si distinse come abate di S. Eutizio per l'onestà e la continua pratica di opere pie. Durante il periodo di governo dell'abbazia, si impegnò perché venisse ripristinata la diocesi a Norcia.
A tal scopo fu inviata un'ambasceria a Paolo V composta da Antonio Seneca, vescovo di Anagni, e da Giovan Pietro Zitelli i quali, fra l'altro, proposero al papa che il C. fosse il primo vescovo di Norcia e che le rendite dell'abbazia di S. Eutizio costituissero la metà della mensa vescovile. La proposta fu però osteggiata dalla diocesi di Spoleto e, quando il cardinale Maffeo Barberini, futuro Urbano VIII, fu nominato vescovo di quella diocesi, decadde la speranza di ricreare la sede vescovile a Norcia. Nel 1613, durante una lunga siccità, la Comunità di Norcia e gli abitanti della montagna, fiduciosi nell'opera del C., inviarono a S. Eutizio una delegazione per ottenere che si facesse una processione e una solenne supplica: l'abate C. assecondò la volontà popolare con tale devozione che, quando finalmente piovve, si parlò di un miracolo ottenuto per i meriti dell'abate. Il C. contribuì ad abbellire la chiesa dell'abbazia erigendo un nuovo altar maggiore e quattro cappelle laterali, secondo il più puro stile barocco, opera forse del Pomarancio. Il C. trascorreva molti mesi a S. Eutizio per rendersi conto di persona dei problemi locali; attuò fedelmente i principi controriformisti, destinando sacerdoti attivi e ben preparati alla cura delle anime nelle parrocchie; istituì corsi di missione fra la popolazione tenuti dai gesuiti. Particolarmente zelante fu nel primo periodo di governo dell'abbazia, quando Filippo Neri, ancora vivente, era per lui una guida sicura nell'apostolato: si presume che lo stesso santo, nel 1592, abbia trascorso a S. Eutizio un periodo vicino al Crescenzi. Fra il 1592 ed il 1595 il C. trasportò molti codici dall'abbazia alla Biblioteca Vallicelliana: di questo lasciò una memoria in cui si elencavano i codici trasportati a Roma, sottolineando il ruolo avuto da s. Filippo Neri in tale iniziativa.
Acquistatosi fama di esperto di antichità cristiane, sotto il pontificato di Gregorio XV il C. fu chiamato a far parte, insieme col cardinale Pier Paolo suo fratello, di una commissione per decidere in merito alla concessione di licenze per estrarre dalle catacombe i corpi dei santi destinati alle chiese, in un momento in cui si avvertiva il bisogno di disciplinare una pratica divenuta troppo libera.
Il C. era fautore della teoria secondo cui la certezza del martirio era data dalla presenza, all'esterno o all'interno dei loculi, di vasetti con residui color sangue. Per sostenere tale teoria si spinse, a quanto pare, sino a fornire a Giovanni Severano, editore della Roma sotterranea di Antonio Bosio, alcuni rilievi catacombali opportunamente manipolati. Con lo stesso zelo si dedicò al rinvenimento delle sacre reliquie nella sua abbazia. Già nel 1594 aveva fatto ricognizione dei corpi di s. Eutizio e di s. Spes che furono poi deposti nel monumento al santo titolare dell'abbazia; nel 1624 ordinò l'esumazione della tomba primitiva del corpo di s. Meliore per erigere al presunto martire una cappella particolare nella chiesa: non risulta, tuttavia, che in seguito il santo sia stato oggetto di culto particolare.
Morì a Roma il 3 apr. 1638. 2 sepolto in S. Maria della Vallicella a Roma.
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