COCCO, Giacomo
Nacque a Venezia il 27 sett. 1412, ultimogenito di Marino di Giovannino, del ramo a S. Basilio, che due anni prima aveva sposato, in seconde nozze, Marina Gritti.
La famiglia era ricca e potente: il padre, che nel 1391 si era maritato con Sara Baseggio, dalla quale aveva avuto Andrea e Giovanni, era stato bailo a Cipro e cinque volte savio del Consiglio; uno zio, Pietro, era stato patriarca di Grado e, secondo il Priuli (ma il Barbaro non conferma), un altro fratello del padre, Nicolò, "havea banco, negotio non concesso se non ai più ricchi e più stimati cittadini" (Venezia, Bibl. del Civico Museo Correr, cod. Cicogna 3781: G. Priuli, Pretiosi frutti, I, c. 152v).
Rimasto orfano in giovane età, si dedicò, seguendo l'esempio dei suoi fratelli, all'attività marinaresca: il 23 marzo 1433 si imbarcava come "balistario" nelle galere che commerciavano con Beirut e Alessandria, e sul finire dell'anno entrava a far parte del Maggior Consiglio. Nulla sappiamo di lui nei tredici anni che seguirono: il suo nome compare per la prima volta nei registri del Segretario alle voci soltanto l'8 luglio 1446, allorché venne eletto alla Quarantia; l'anno seguente sostituì Giovanni Bembo nella podestaria alla Motta, dove rimasesino al 13 ott. 1448, e pochi giorni dopo entrava nuovamente a far parte della Quarantia, carica che ricoprì anche l'anno successivo ed alla quale fu eletto, per l'ultima volta, il 9 genn. 1452. Temperamento coraggioso e intraprendente, aveva nel frattempo lasciato la casa paterna per trasferirsi a San Moisè, e nel 1447 aveva sposato Maria Foscarini di Dardi di Stefano, dalla quale ebbe Alvise e Cipriana. Non aveva dimenticato il mare ed i traffici: il 12 maggio 1448 lo troviamo tra i mallevadori del fratello Pietro, padrone di una galera che commerciava nel Mar Nero, e il 29 dicembre era nuovamente balistario nelle navi per la Siria. Questa intensa duplice attività, politica e marinara, gli consentì finalmente, il 24 maggio 1452, di diventare lui stesso comandante di una galera, alla quale era assegnato il commercio della Tana, cioè con Costantinopoli ed il Mar Nero.
Il giovane sultano Maometto II si accingeva allora a spazzare via la Costantinopoli bizantina, che separava i possedimenti asiatici dei Turchi da quelli europei; i preparativi, attuati con energia e circospezione, culminarono nella costruzione della munita fortezza di Rumili Hissar, sulla gola più stretta del Bosforo, a sole sei miglia dalla capitale.
La nave di Antonio Rizzo fu la prima ad esperimentarne le formidabili artiglierie; pochi giorni dopo, il 2 dic. 1452, toccò alla galera del C., che proveniva da Trebisonda. Sebbene all'oscuro delle intenzioni dei Turchi, egli finse di obbedire all'invito di avvicinarsi al forte, ma all'ultimo momento mutò direzione alla nave, ordinando battuta di battaglia; così la galera riuscì a riparare a Costantinopoli. Il 14 dicembre, a bordo della nave di Alvise Diedo si tenne una riunione dei comandanti veneziani e dei rappresentanti della colonia, per concordare una linea di condotta. Le pressioni dei mercanti, timorosi di perdere carichi superiori ai 200.000 zecchini, fecero deliberare la permanenza in città e la resistenza a oltranza.
L'esercito turco arrivò sotto le mura di Costantinopoli nell'aprile del 1453. Per averne ragione, Maometto riuscì a spingere dalla terraferma nel Corno d'oro settantadue navi, che gli permisero di bombardare la città anche dal mare. Era necessario distruggere quella flotta; su tutti, si impose il progetto del C.: incendiarla con un improvviso assalto notturno. Se realizzata subito, l'impresa sarebbe forse potuta riuscire, ma i preparativi durarono invece quattro giorni, e questo consentì al Turco di evitare la sorpresa. La sera del 28 aprile, due galere genovesi e tre fuste veneziane lasciavano il porto di Galata, precedute da due navi "barbottate", foderate cioè di sacchi di cotone e di lana. Al riparo dalle bombe, esse avrebbero incendiato i legni turchi. Secondo un testimone oculare di quell'azione, Nicolò Barbaro: "...el meschin anemoxo de misser Jacomo Coco patron de la galia de Trabexonda volse esser lui el primo feridor in questa armada per aquistar honor in questo mondo", per cui "siando tuta la nostra armada per mezzo el Mandrachio..., non volse aspetar che le nave fosse le prime de investir, anzi ... piò una vuoga batuda e andò inverso quela armada". Ma il lancio del fuoco greco fu preceduto dalle artiglierie dei turchi, e la nave del C. colò a picco in "quanto che saria a dir diexe paternostri".
Contrastanti i giudizi delle fonti riguardo all'azione del C.: le cronache veneziane concordano col Barbaro, che getta ogni colpa su "lor cani traditori de Zenovexi", che avrebbero avvisato Maometto di quanto si stava preparando, per ingraziarselo; questi ultimi, invece, e con loro la maggior parte delle fonti greche, accusano la "folle imprudenza" del C., che con la sua impazienza ed ambizione avrebbe trascurato ogni cautela, e vanificato il piano di battaglia stabilito dal comandante Giustiniani. Il 3 luglio 1453 il Senato veneto accordava ai figli del C. un sussidio di 60 ducati, e ne assegnava 600 alla figlia a titolo di dote.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii…, II, pp. 364 s.; Venezia, Bibl. naz. Marciana, ms. It., cl. VII, cod. 15 (= 8304): G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, I, cc. 266v-267r; Arch. di Stato di Venezia, Avogaria di Comun. Balla d'oro, reg. 162, c. 43r; Ibid., Avog. di Comun. Prove d'età per patroni di galera, reg. 177, cc. 46v, 55r; reg. 178, c. 25r; Segretario alle voci. Misti, reg. 4, sub anno. Un inventario di beni del C., in Venezia, Civico Museo Correr, cod. Cicogna 3416/1, c. 18rv; sulla morte del C., N. Barbaro, Giornale dell'assedio di Costantinopoli, 1453, a cura di E. Cornet, Vienna 1856, pp. 4, 16, 29, 31, 33, 60, 62 s., 65 s.; G. Dolfin, Assedio e presa di Costantinopoli nell'anno 1453, a cura di G. M. Thomas, München 1868, p. 19; L. Chalcondyla, De origine et rebus gestis Turcorum..., Basileae 1556, p. 319; F. Sansovino, Historia univers. dell'origine et impero de' turchi..., Venetia 1600, p. 246; A. Medin-L. Frati, Lamenti stor. dei secoli XIV,XV e XVI, II, Bologna 1888, pp. 133, 148; L. Fincati, La presa di Costantinopoli(maggio 1453), Roma 1886, pp. 9, 24 s.; A. Guglielmotti, Storia della marina pontificia, II, Roma 1886, p. 189; G. Schlumberger, Le siège,la prise et le sac de Constantinople par les Turcs en 1453, Paris 1935, pp. 144 s., 147 ss., 151 s., 164; La civiltà veneziana del Quattrocento, Firenze 1957, p. 216; F. Babinger, Maometto il Conquistatore e il suo tempo, Torino 1957, p. 146.