AMMANNATI PICCOLOMINI, Giacomo
Cardinale, nato nel 1422 a Pescia, e più precisamente' a Villa Basilica. Studiò a Firenze sotto la guida di Carlo e Leonardo d'Arezzo, sentì le lezioni di Giannozzo Manetti e del Guarino, e si addottorò in giurisprudenza a Siena, donde si recò a Roma nel giubileo del 1450. Fu segretario del cardinale Domenico Capranica, al quale dovette la stima che si guadagnò a Roma, sì che Callisto III lo nominò Segretario dei brevi, e Pio II, senese, dopo averlo confermato in tale carica, lo elesse anche vescovo di Pavia, donde l'appellativo di Cardinale papiense che gli restò per la vita. Il pontefice umanista gli fu tanto largo di protezione e di stima, che l'incluse nella sua famiglia e lo creò cardinale di S. Crisogono il 18 dicembre 1461. Pio II nei suoi Commentarii ricorda tale nomina dovuta ai servizî resi dall'Ammannati in un momento critico, quando Sigismondo Malatesta di Rimini, vincitore delle truppe pontificie, minacciava da presso Roma, e, senza l'energia e l'attività dell'A., queste, disperse e prive di mezzi, non avrebbero potuto ricostituirsi e opporsi al Riminese. In ricompensa l'A. poté apprestare gli estremi conforti al vecchio papa morente, recatosi in Ancona col desiderio di salpare alla testa dei crociati. Paolo II non conservò al Papiense lo stesso favore che i predecessori. L'A. si ritirò allora nella sua casa presso le rive del Tevere, lodata dagli amici per l'amenità del sito; ivi aprì una specie di accademia alla quale conveniva tra gli altri il Platina: se si pensa a questo e al fatto che nella congiura del Platina si trovarono implicati due famigliari dell'A., si può spiegare il malanimo del papa veneziano contro di lui. Nel concistoro seguito per la morte di Paolo II poco mancò non fosse eletto papa l'Ammannati. Sisto IV gli concesse la legazione dell'Umbria, lo nominò vescovo di Frascati, poi di Lucca, mantenendogli sempre l'amministrazione del vescovado di Pavia. Negli ultimi anni l'A. visse spesso fuori di Roma, nel Senese; a Pienza, dove lo richiamava senza dubbio il ricordo di Pio II, esiste tuttora la sua bella dimora. Chiamato d'urgenza dal papa, e sorpreso durante il viaggio da febbri malariche, morì a S. Lorenzo alle grotte, presso Bolsena, per una dose troppo forte di elleboro somministratagli da un medico inesperto, nel 1479.
Due atti della sua vita lo caratterizzano meglio: la lettera che scrisse a sé stesso quando fu eletto cardinale, e il testamento che ci è conservato in modo frammentario. Nella prima traspare piuttosto l'umanista, nel testamento si rivela l'uomo di animo retto e pio, il quale nelle austere minuziose disposizioni non cerca la vanagloria che trapela dal primo documento. Scrisse numerose lettere anche in nome del sacro collegio e per affari di stato; i suoi Commentarii, che rappresentano la continuazione dell'opera di Pio II, sono documento storico di prim'ordine. Lettere e Commentarii, ordinati da lui, che avrebbe voluto dedicarli al munifico card. d'Estouville, uscirono postumi per opera del suo fido segretario Giacomo Gherardi da Volterra. Una collezione di Vite di papi è andata disgraziatamente smarrita. Il Baldassaroni gli attribuisce anche una Legatio cardinalis Firmani ad Genuenses pro pace inter eos firmanda; quest'opera, come un'altra contenente pure commentarî delle cose del mondo e un trattatello De officiis summi Pontificis et Cardinalium, che avrebbe composto negli ozî di Pienza, sono rimasti inediti e seonosciuti finora. È identificato invece un Diario concistoriale, di cui una parte sola è pubblicata, e un'altra ancora manoscritta: notevole per l'esattezza delle informazioni e lo spirito di osservazione.
Bibl.: S. Pauli, Disquisizione istorica della patria, e compendio della vita di Giacomo Ammannati-Piccolomini, ecc., Lucca 1712; B. B[aldassaroni], Elogio di J. Ammannati da Pescia, in Elogi degli uomini illustri Toscani, II, Lucca 1722, pp. xlv-li; Il diario di Jacopo Gherardi da Volterra, a cura di E. Carusi, nella nuova ed. dei Rerum Italic. Scriptores del Muratori, Città di Castello 1904; L. Pastor, Storia dei papi, trad. ital. di A. Mercati, II, Roma 1911, pp. 198, 261, 272, 371, 602, e passim. Per la tomba, opera della scuola di Mino da Fiesole, v. D. Gnoli, in Arch. stor. dell'arte, III (1890), p. 429 segg.; sull'identificazione della casa in Roma, G. Mariotti, L'arco di Parma in Roma e il palazzo del cardinale Parmense, a proposito di recenti pubblicazioni, in Arch. st. per le provincie parmensi, XXV (1925), p. 389 segg.