SERRATI, Giacinto Menotti
SERRATI, Giacinto Menotti. – Nacque a Spotorno, nel Savonese, il 25 novembre 1872 da Giacinto e da Caterina Brunengo.
Il padre, originario di Spotorno, era diventato, appena trentenne, «persona di rilievo della vita politica e sociale di Oneglia» (Natta, 2001, p. 27). Nel 1861 era stato delegato al IX Congresso delle società operaie a Firenze, così nel 1862 a Genova e a Parma nel 1863. La sua passione per la tradizione democratica risorgimentale si rifletté anche nei nomi dati ai figli: Menotti, Anita, Ricciotti, Manlio, Carlo Lucio e Clelia. Fu sindaco di Oneglia fra il 1865 e il 1866 e poi fra il 1867 e il 1870, periodi in cui riuscì a legare il suo nome ad alcune scelte urbanistiche rilevanti. Si rappresentava soprattutto come un capitano appassionato e un piccolo armatore sfortunato. Fu poi costruttore edile e commerciante dopo essere stato accusato di peculato.
Nel 1889-90 Serrati frequentò con esito positivo il liceo di Mondovì, ma lasciò il convitto l’anno successivo, probabilmente a causa della scomparsa del padre; sempre per questo motivo non riuscì a perseguire il sogno di una laurea in giurisprudenza, il che fu per lui sia un cruccio sia un vanto. Nel 1892 iniziò a collaborare al settimanale sanremese Il Pensiero e fu tra i promotori della Lega socialista di Oneglia, mentre l’anno dopo fu tra i fondatori del suo organo, La Lima, presto diventato un punto di riferimento per il mondo socialista italiano. Trasferitosi nel 1893 a Milano, dove collaborò alla Lotta di classe, partecipò in agosto al Congresso internazionale socialista di Zurigo, il mese seguente al II Congresso del PSI (Partito Socialista Italiano), subendo subito dopo il primo arresto. Colpito più volte dalla repressione, come i fratelli Ricciotti e Manlio, fu costretto a fuggire a Marsiglia: una prima volta nel 1894 e una seconda nel 1897; lì fu guardiano di banchine, garzone di farmacia e scaricatore di carbone dai piroscafi.
Imprigionato due volte fra il 1893 e il 1896, Serrati «raccontò fin nei minimi particolari la condizione dei reclusi nelle prigioni del Regno, senza risparmiare nessun dettaglio sull’abbrutimento fisico e psicologico a cui venne sottoposto. Dalla descrizione dell’architettura carceraria al misero regime alimentare, fino alle disastrose condizioni igieniche, aprì uno squarcio inquietante su un aspetto poco indagato dell’Italia post-risorgimentale» (L. Scoppola Iacopini, in G.M. Serrati, Il manuale del perfetto carcerato, 1926, 2016, p. IV).
Agli inizi del 1898 si imbarcò per il Madagascar da cui tornò soltanto nell’autunno del 1899. Stabilitosi in Svizzera, riprese subito la militanza nelle fila dell’Unione socialista di lingua italiana (USLI) e ne divenne il segretario nel 1900. Concorse, mentre scriveva anche sulle pagine dell’Avvenire del lavoratore, alla trasformazione dell’USLI in Partito socialista italiano in Svizzera (PSIS). Durante il periodo dell’emigrazione, si batté non per un partito di pochi e puri, ma per un partito che rappresentasse ‘l’impero della massa’. In quel frangente conobbe Jules Vallès e Benoît Malon, celebri membri della Comune, e ne subì il fascino.
Nel 1902 si trasferì negli Stati Uniti per diventare direttore del giornale socialista newyorkese Il Proletario; qui entrò in contrasto con il gruppo di anarchici italiani che faceva riferimento a Luigi Galleani. Prima del suo trasferimento Oltreoceano, si era espresso così sugli USA: «in nessun paese come in questo il partito socialista dovrebbe avere vita prospera e successi grandiosi» (Luconi, 2012, p. 111), ma le sue aspettative sul Paese e anche sull’emigrazione italiana furono in gran parte disattese. Sempre nel 1902, prima della partenza per gli Stati Uniti, si era legato sentimentalmente a Cesarina (Rina) Marsanasco, già sposata e madre di cinque figli, con la quale nello stesso anno ebbe un figlio, Libero.
Nel 1903, durante uno scontro fra gruppi socialisti e anarchici a Barre (Vermont), rimase ucciso lo scultore libertario Elia Corti. Per l’omicidio venne condannata la guardia del corpo di Serrati, Alessandro Garetto. Questo avvenimento fu una sciagura sia personale sia politica per la Federazione socialista italiana (FSI) fondata nel 1902 da Serrati, che aveva cercato di riunire le varie componenti dell’estrema sinistra negli USA in una singola organizzazione sperando che con l’adozione di un unico programma si sarebbe incrementata la loro presenza tra il crescente numero dei lavoratori oriundi. Il tentativo, anche dal punto di vista strettamente politico, fallì nel giro di pochi anni e la FSI diventò sempre più rivoluzionaria e sindacalista.
Nel 1904 Serrati ritornò in Svizzera, cominciando a firmarsi con il nom de plume di Ariste Tormenti. Lì, dove si erano conosciuti e dove lei viveva, solo nel 1905, a causa dell’opposizione delle rispettive famiglie, lo raggiunse Rina, che gli rimase accanto fino alla morte, mantenendo un ruolo di raccordo fra Serrati e i suoi compagni di militanza durante la sua assenza dall’Italia, ma anche intrecciando con pazienza legami con i fratelli, le sorelle e la madre. Nel 1911 rimpatriò in Italia, dove divenne segretario della Camera del lavoro (CdL) di Oneglia e direttore della Lima. Dopo un’attiva partecipazione alle vicende del movimento operaio imperiese e savonese, collaborò al periodico socialista Il Diritto e nell’ottobre del 1912 si trasferì a Venezia come segretario della CdL e direttore de Il Secolo nuovo di Elia Musatti. Avversario dell’avventura coloniale tripolina, coniò la parola d’ordine «Vinca il Turco!» e, candidato sconfitto alle elezioni politiche dell’autunno del 1913, accentuò la sua battaglia contro la corrente riformista del partito. In quegli anni aveva carteggiato con Benito Mussolini, collaboratore regolare dei giornali da lui diretti, conosciuto nel 1903 a Losanna durante un rientro temporaneo in terra elvetica. Nel giugno del 1908 avendo rinunciato Serrati alla direzione della Provincia di Mantova per motivi personali, ma soprattutto per contrasti che lo dividevano dai ‘riformisti’ mantovani, Mussolini gli scrisse per proporsi in quel ruolo.
Lo scambio di missive fu per molti anni assiduo e si interruppe solo quando Mussolini divenne filointerventista. Fra il 1912 e il 1913 Serrati e il futuro leader del fascismo si divisero su una questione rilevante quale l’‘anima’ del massimalismo socialista. Il 20 febbraio 1913 Mussolini gli replicò: «Tutti e due vogliamo concretare il Partito: io colla propaganda dei principi, tu con problemi concreti» (Bozzetti, 1979, p. 95).
Nell’aprile del 1914, al XIV Congresso di Ancona, fu eletto nella direzione del PSI e in novembre fu chiamato a dirigere l’Avanti!, che orientò fortemente in senso internazionalista e antibellicista. Durante il primo conflitto mondiale e nel triennio 1919-21 assunse un ruolo di leadership all’interno del partito. La sua fu una politica pacifista a oltranza che indusse alcuni socialisti a disertare le commissioni parlamentari sulla guerra. Fu anche uno dei patrocinatori della popolarità di Vladimir Il´ič Lenin come personificazione dell’ideale socialista tradottosi nell’articolo pubblicato il 20 agosto 1917 sull’Avanti! con il titolo Viva Lenin! Serrati era convinto di essere leninista, pur non conoscendo molto della rivoluzione sovietica, come scrissero già in presa diretta alcuni commentatori, e si muoveva piuttosto nell’alveo del socialismo rivoluzionario che si ispirava alla tradizione belga e francese.
L’inaugurazione della XXV legislatura nel 1919 rese chiaro il clima politico italiano: durante una manifestazione antimonarchica Serrati, appena uscito di prigione, dove si trovava dal 29 maggio 1918, «venne trascinato in commissariato, riconosciuto, sputacchiato, percosso» (Attività parlamentare, 1989, p. XV). Sempre nel 1919, grazie all’autorevolezza acquisita come pacifista intransigente, fu a capo della frazione massimalista dei ‘comunisti unitari’ divenuta maggioritaria nel Congresso di Bologna.
Nel biennio 1919-20 all’interno del massimalismo si potevano individuare almeno due posizioni. Non si trattava di correnti, né di frazioni, né di gruppi costituiti, ma di tendenze, i cui limiti erano pertanto incerti e ambigui. La prima era quella che si riuniva attorno a Serrati stesso; la seconda quella rappresentata da Nicola Bombacci, segretario politico del PSI fino al febbraio del 1920. «Erano due posizioni con notevoli punti di similarità e che si andavano evolvendo, e distanziando, col passare dei mesi. La rottura del massimalismo a Livorno fu rappresentativa di questa differenziazione: da una parte, Serrati, strenuo difensore dell’unità del partito, sarebbe rimasto nel PSI; dall’altra parte, Bombacci, con Egidio Gennari, Antonio Graziadei e altri, sarebbe stato tra i fondatori del Partito comunista d’Italia, sezione della Terza Internazionale» (Forti, 2015).
Tra il 19 luglio e il 7 agosto 1920 si tenne il II Congresso dell’Internazionale comunista (IC) dove la posizione più delicata e allo stesso tempo complicata fu proprio quella del PSI. Unico fra i grandi partiti occidentali a mantenere un atteggiamento intransigente durante la guerra, il PSI aveva infatti aderito prontamente all’IC. Tuttavia, la delegazione italiana, di cui Serrati era presidente, venne duramente rimproverata per non aver epurato dal partito gli ‘opportunisti’.
L’argomento più spinoso dibattuto al congresso fu costituito dalle condizioni per l’adesione dei vari partiti all’IC. Fissate rigidamente da un documento elaborato dallo stesso Lenin, le condizioni furono raccolte in ventuno punti, non accettati da Serrati che vedeva ancora più potenzialmente internazionalista la sua posizione, secondo la quale nessun partito sarebbe stato tagliato fuori dalla famiglia socialista.
Durante il Congresso di Livorno (gennaio 1921) Serrati patrocinò la frazione degli ‘unitari’ sperando che il partito non si spezzasse al fine di salvaguardare, prima di tutto, la compattezza delle masse proletarie; tuttavia si arrivò alla scissione della frazione dei ‘comunisti puri’ di Amadeo Bordiga e alla nascita del Partito comunista d’Italia (PCdI).
Per Serrati, che continuò a dirigere l’Avanti! fino al 1922, il partito doveva essere innanzitutto socialista e doveva dirigere gli esperimenti di costituzione dei soviet, vigilando, spronando e indirizzando il movimento di organizzazione economica. La bussola dell’azione era l’unità del partito e più dei soviet – «organi politici della collettività» – o dei Consigli di fabbrica – che si dovevano occupare solo del «lato della produzione o del controllo della fabbrica» e sviluppavano «tendenze riformistiche» – era il sindacato il solo che possedesse la «visione universale della situazione economica» (Avanti!, 14 marzo 1920).
In quel contesto Serrati divenne un bersaglio politico sia fra i socialisti sia fra i suoi avversari, venendo calunniato con la falsa notizia di avere «accettato un prestito di ventimila franconi gentilmente offerto[gli] da un capitano dei carabinieri addetto alla polizia segreta» (Le furie dell’«Avanti!» e venti biglietti da mille, in Vita italiana. Rassegna mensile di politica interna, estera, coloniale e di emigrazione, CXI (1922), 3, p. 273) su incarico del presidente del Consiglio dei ministri Francesco Saverio Nitti. Antonio Gramsci lo aveva definito così: «passava per un furbissimo, accortissimo, astutissimo capo ‘rivoluzionario’ e non era altro che un molto melenso pappagallo» (L’Ordine nuovo, 23 giugno 1921).
Pur essendo stato nel 1921 uno dei principali protagonisti dello scontro con gli scissionisti comunisti, nel dicembre del 1922 Serrati rappresentò, insieme a Fabrizio Maffi e Giuseppe Romita, il PSI al IV Congresso del Komintern. Continuò dalle colonne dell’Avanti! a condurre una forte polemica contro il nascente movimento, e poi regime, fascista. Durante la marcia su Roma si trovava a Mosca per la riunione della IV Internazionale, ma, appena rientrato in Italia, venne imprigionato anche se ‘massimalista elezionista’. Mentre si trovava in prigione fu estromesso dall’Avanti! e dalla direzione del partito che ormai rispondeva a Pietro Nenni, fortemente contrario a ogni fusione con il PCdI. Riacquistata la libertà, fondò il quindicinale Pagine rosse. Di fronte al consolidamento del regime fascista, nel giugno-luglio del 1924 accettò di partecipare a Mosca al V Congresso dell’IC e in agosto entrò definitivamente con la frazione dei ‘terzini’ di Maffi nel PCdI, nel cui comitato centrale fu subito cooptato, diventando direttore del Sindacato rosso.
Nel gennaio del 1926 partecipò al II Congresso del PCdI, che si tenne a Lione, e in aprile Palmiro Togliatti gli affidò l’incarico di rappresentare il comitato esecutivo del Komintern alla conferenza del Partito comunista portoghese.
Il 10 maggio 1926, morì per un «infarto fulminante» (Avanti!, 11 maggio 1926), ad Asso, in provincia di Como, mentre probabilmente stava rientrando da una riunione clandestina con Edoardo D’Onofrio.
Di fronte al tragico avvenimento Gramsci fece un’autocritica, confessando di avere in prima persona e come partito «incrudelito, forse oltre misura [la lotta politica] contro il compagno scomparso, campione della tradizione socialista in Italia» (l’Unità, 14 maggio 1926). Personaggio a lungo controverso per la sua posizione liminare fra socialismo e comunismo, l’ombra della sua figura ha attraversato il Novecento, fino a diventare di recente anche attore della narrativa nelle pagine di Valerio Evangelisti (Il Sole dell’Avvenire, Milano 2013).
Opere. Nell’ampia produzione pubblicistica di Serrati, si segnalano: La Bibbia è immorale, Ginevra [1904]; Dottrinetta razionalista, Mantova 1905; Ascolta, soldato! Parole semplici dedicate ai proletari in divisa, Milano 1920; La nostra eresia. Polemica terzinternazionalista contro l’opportunismo riformista nel Partito socialista italiano, Milano 1924; Il manuale del perfetto carcerato (1926), a cura di L. Scoppola Iacopini, Roma 2016.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione Generale di Pubblica Sicurezza, Divisione Affari Generali e Riservati, Casellario Politico Centrale, ad nomen; Firenze, Fondazione di studi storici Filippo Turati, Fondo Giacinto Menotti Serrati, 8 bobine, 57 ff. (1902-1926), documentazione in copia. Inoltre: P. Valera, G.M. S. direttore dell’Avanti! Con autobiografia di Pagnacca e rivelazioni di Oddino Morgari, Milano 1920; R. De Felice, S., Bordiga, Gramsci e il problema della rivoluzione in Italia 1919-1920, Bari 1971; G. Berti, Corrispondenza di G.M. S. con Jacques Mesnil, 1917-1921, in Annali dell’Istituto Giangiacomo Feltrinelli, XIV (1972), pp. 357-381; T. Detti, S. e la formazione del Partito comunista italiano. Storia della frazione terzinternazionalista. 1921-1924, Roma 1972; A. Rosada, G.M. S. nell’emigrazione (1899-1911), Roma 1972; S. Caretti, La rivoluzione russa e il socialismo italiano (1917-1921), Pisa 1974, ad ind.; Dizionario biografico del movimento operaio italiano 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, IV, Roma 1978, pp. 615-629; G. Bozzetti, Mussolini direttore dell’Avanti!, Milano 1979, ad ind.; Novant’anni di pensiero e azione socialista attraverso i congressi del PSI, a cura di F. Pedone, I-VI, Venezia 1983-1989, ad ind.; Attività parlamentare dei socialisti italiani, a cura di V. Pugliese e con una presentazione di G. Arfé, VI, 1919-1921, Roma 1989, pp. XIII-XXII; A. Natta, S. Vita e lettere di un rivoluzionario, Roma 2001; S. Luconi, Socialisti e anarchici negli Stati Uniti, in Stati Uniti e Italia nel nuovo scenario internazionale. 1898-1918, a cura di D. Fiorentino - M. Sanfilippo, Roma 2012, pp. 111-120; S. Forti, Parole in storia: massimalismo, in Diacronie. Studi di storia contemporanea, 15 maggio 2015, http://www.studistorici.com/2015/05/15/parole-in-storia-massimalismo/ (16 aprile 2018); Mussolini socialista, a cura di E. Gentile - S.M. Di Scala, Roma-Bari 2015, ad ind.; S. G.M., in Archivio biografico del movimento operaio, http://www.archiviobiograficomovimentooperaio.org/it/component/k2/item/26552-serrati-giacinto-menotti (16 aprile 2018).