GHERARDESCA
. Famiglia di origine longobarda. Discesi, secondo la tradizione, da S. Walfrido (morto nel 765 circa), cugino di Rachis e di Astolfo, fondatore nel 754 del monastero di S. Pietro in Palazzuolo, i G. appaiono nella storia con un Gherardo (morto nel 990 circa), signore di feudi nella Maremma, principali quelli della Gherardesca e di Donoratico; un Tedicio è detto nel 998 conte volterrano. Appartengono alla famiglia uomini di chiesa, come Pietro, cardinale intorno al 1114, morto nel 1145; solitarî come san Guido, d'età non ben nota, venerato dal 1458 nella cattedrale pisana; conventuali come il beato Gaddo, domenicano a Santa Caterina di Pisa (primi decennî del secolo XIV), e la beata Gherardesca, oblata camaldolese, morta intorno al 1269. Ma è, soprattutto, famiglia di guerrieri e di signori. In lotta continua col vescovo e poi col comune di Volterra, al quale Ranieri e Gherardo sono costretti a sottomettersi nel 1213, i G. scendono verso il piano di Pisa, hanno curia prima a Ventrignano, poi a Monte Bicchieri, entrano nella città, che si giova delle loro armi e dei prodotti agricoli di Maremma. Un Gherardo, conte di Biserno, ha parte nell'impresa delle Baleari (1113-14); un Tedicio di Castagneto è il primo podestà di Pisa, di cui si abbia memoria (1190). Intorno a loro si organizza l'aristocrazia cittadina contro il minaccioso potere dei Visconti; nell'età di Federico II, i G. rappresentano la politica del comune ghibellino contro i Visconti guelfi; Gherardo, combatte a Montaperti e segue Corradino alla guerra e alla morte (1268). E anche combattono contro Genova e nella Sardegna: quel Gherardo e Ugolino acquistano un sesto del regno di Cagliari (1256?). Ugolino per ambizione di signoria si raccosta ai guelfi e diviene signore di Pisa (v. sotto); e negli eserciti guelfi combattono, dopo la catastrofe di lui, Inghiramo e altri della famiglia. Gaddo ha parte nella cacciata di Uguccione della Faggiuola, diviene capitano (1316) e gonfaloniere (1319), appoggiando la nuova signoria al "popolo" dei ricchi mercanti, sicché i suoi sono iscritti tra i "populari"; è lodato per moderazione e giustizia. Ranieri (1320-26) rende più dura la signoria e riprende politica ghibellina. Ma Fazio (morto nel 1341), cacciato nel 1329 il vicario del Bavaro, fatto capitano del popolo e (1335) "dominus generalis", segue politica di accordi con Firenze, con il re di Napoli e il papa, governa con saviezza, di nuova vita allo Studio pisano (1338): col fanciullo Ranieri (1341-47) tramonta la signoria. I G. si mescolano ancora nelle lotte cittadine: ma, perduti i feudi di Sardegna per la conquista aragonese, limitati o distrutti per le guerre e le confische quelli di Maremma, soppiantata in Pisa l'autorità loro dai Gambacorta, decadono; la partecipazione loro alla difesa di Pisa e la vendetta dei Fiorentini dànno l'ultimo crollo. Un ramo stabilitosi a Firenze nei primi decennî del sec. XVI, vi ottiene cittadinanza (1534) e cariche, e riprende per alcun tempo (1716-75) la contea di Donoratico. Ne discendono Ugo (1588-1646), scrittore di storia e di arte militare, Tommaso Bonaventura (1654-1721), vescovo di Fiesole (1702), arcivescovo di Firenze (1703), fondatore del Seminario fiorentino, Ugolino (1823-82), deputato al parlamento e senatore del regno, Giuseppe, ora podestà di Firenze e senatore del regno.
Bibl.: L. Passerini, in P. Litta, Famiglie celebri ital., IX, e le opere ivi citate; A. Gelli, in Arch. stor. ital., nuova ser., XIII (1861), p. 118 segg.; G. Volpe, Studi sulle istit. comunali a Pisa, Pisa 1902; id., Pisa, Firenze, Impero, in Studi stor., XI (1902), pp. 177 segg., 293 segg.; id., Volterra, Firenze 1923; F. Ardito, Nobiltà popolo e signoria del conte Fazio di Donoratico, Cuneo 1920.