RAMORINO, Gerolamo
Generale, nato a Genova nel 1792, morto a Torino nel 1849. A sedici anni si arruolò nell'esercito francese e partecipò, subito dopo, come semplice soldato alla guerra contro l'Austria (1809). Nella successiva campagna di Russia (1812) meritò la promozione a capitano d'artiglieria. Durante i Cento Giorni fu ufficiale d'ordinanza di Napoleone. Dopo la caduta dell'impero si ritirò a vita privata in Savoia, ma allo scoppio della insurrezione costituzionale in Piemonte (1821) si mise agli ordini di Santorre di Santarosa e comandò un nucleo delle truppe insorte. Repressa l'insurrezione, riparò in Francia, di dove si recò ad offrire la sua spada alla Polonia in rivolta. Nominato generale, condusse azioni staccate dal grosso dell'esercito, spesso mostrandosi insofferente delle direttive superiori. Quando i rivoluzionarî polacchi furono costretti a cedere, il R. riparò in Francia. Partecipò nel 1834, alla testa di una colonna d'insorti, alla spedizione in Savoia organizzata dal Mazzini e mirante ad abbattere la monarchia piemontese per instaurarvi la repubblica. Il tentativo fallì alle prime prove e il R. riparò di nuovo a Parigi. Gli avvenimenti del 1848, lo indussero ad offrire - senza successo - la sua spada, prima allo Stato maggiore piemontese, poi al governo provvisorio di Milano. Soltanto dopo l'infausta conclusione della campagna di quell'anno, le sue offerte furono accolte. Alla ripresa delle ostilità gli fu affidato il comando della 5ª divisione piemontese, costituita quasi interamente di profughi lombardi. Secondo il piano di campagna del generalissimo Chrzanowski (v.) il R. avrebbe dovuto raccogliere la sua divisione nella Lomellina di fronte allo sbocco da Pavia. Ma, essendogli giunte voci di effettuati passaggi austriaci sulla destra del Po, e ritenendosi perciò autorizzato ad agire di propria iniziativa, il R. raccolse le proprie forze nel Vogherese e lasciò così libero il passo all'invasione austriaca (che muoveva appunto da Pavia) senza avvertirne il comandante in capo. La campagna del 1849 s'iniziò, principalmente per questa ragione, con una sorpresa strategica, che ebbe gravi conseguenze e fu una delle cause determinanti dell'infausta battaglia di Novara. Sottoposto a consiglio di guerra, fu riconosciuto colpevole di disobbedienza di fronte al nemico e condannato a morte.
La sentenza fu eseguita sugli spalti della cittadella di Torino il 22 maggio 1849.