SESSO, Gerardo da
– Originario di Reggio Emilia e appartenente a una famiglia (di cui v. la voce in questo Dizionario) di salda fede imperiale, nacque attorno al 1160.
Nell’ultimo decennio del XII secolo entrò nel capitolo della cattedrale di Parma, dove dal 1188 al 1192 Guidotto de Sesso (morto ante 9 giugno 1192) fu preposito.
Una precisa definizione della sua presenza e attività nel capitolo non è facile per il ripetersi del nome Gerardo all’interno del collegio; ne faceva parte però sicuramente nell’aprile del 1192 quando, assieme al preposito di S. Prospero di Reggio Emilia, egli fu delegato da Celestino III per risolvere una controversia interna al capitolo della cattedrale di Reggio. Nell’indirizzo di tale lettera il papa indicò Gerardo con il titolo di magister, indizio di una precedente carriera di studio, presumibilmente svoltasi a Parigi (ove potrebbe aver conosciuto Lotario di Segni, il futuro Innocenzo III) o a Bologna. Secondo Thomas Kaeppeli (1962, pp. 294-297), egli è da identificare nell’arcidiacono Gepardus che per delega di Innocenzo III rese a Parma una sentenza arbitrale, relativa alla causa a lungo dibattuta tra i canonici della chiesa di S. Bartolomeo di Milano e il monastero di S. Dionigi della stessa città.
La carriera di Gerardo sembra in ogni caso collocarsi agli inizi della ‘strategia familiare’ messa in atto dai da Sesso. Egli stesso si adoperò per incrementare la presenza degli esponenti della casata entro le istituzioni ecclesiastiche emiliane: a Parma si preoccupò di riservare il primo beneficio vacante nel capitolo della cattedrale per suo nipote G., figlio di un suo fratello, pure designato con l’iniziale G.
Sullo scorcio del XII secolo e agli inizi del successivo nel capitolo parmense, oltre ai già ricordati Guidotto e Gerardo, tra il 1206 e il 1211 era presente Ugolino da Sesso (v. la voce in questo Dizionario). Negli stessi anni un omonimo Ugo da Sesso era arciprete della pieve di S. Michele di Modolena nel Reggiano (1206-12), dove nel 1217-25 gli succedette Guidotto de Sesso, al tempo stesso canonico a Parma (morto il 1229).
L’esiguità delle attestazioni utili per ricostruire gli estremi della permanenza del magister Gerardo nel capitolo di Parma è forse da imputare alla carriera di insegnamento da lui intrapresa, e peraltro non documentata. Sicuri sono invece i suoi legami con le scuole giuridiche e teologiche di Cremona, dove fu attivo Sicardo, vescovo negli anni 1185-1215 (v. la voce in questo Dizionario). Come Sicardo, Gerardo compose una Summa, di contenuto teologico, dall’incipit Ne transgrediaris; Artur Landgraf sulla base delle tematiche in essa trattate ha proposto di collocarla entro la cerchia di Prepositino di Cremona, docente a Magonza (1194-ante 1206) e a Parigi (1206-10).
Tra il 1199 e il 1200 Gerardo abbandonò il capitolo emiliano e si ritirò nel monastero cisterciense di Tiglieto (diocesi di Acqui), dove prima del novembre 1205 fu eletto abate. Da allora i suoi orizzonti di vita si modificarono, perché Innocenzo III lo nominò visitator et provisor Lombardie assieme al vescovo di Vercelli Lotario da Cremona e al prete Alberto di Mantova.
Gli incarichi loro affidati dal papa furono via via più frequenti, giacché i tre ecclesiastici erano delegati a verificare le accuse mosse nei confronti di alti prelati in un ambito territoriale grosso modo corrispondente all’Italia settentrionale. Essi dovevano svolgere una inquisitio in partibus e quindi relazionare al pontefice, cui solo spettavano – con il consiglio dei cardinali – le decisioni relative ai vescovi. Gerardo fu attivo in tale compito a Novara, Ivrea e Asti; nel giugno del 1206 fu poi a Milano per decidere una causa tra l’arcivescovo e il cimiliarca della Chiesa milanese; tra il 1206 e il 1208 fu chiamato a esaminare la condotta del vescovo di Piacenza, il cisterciense Crimerio; nel marzo del 1208 giudicò l’operato del vescovo di Albenga che nel dicembre di quell’anno fu deposto.
Nel corso di quest’ultima missione fu a Genova, dove i consoli e il Comune, d’intesa con la nemica Pisa, lo elessero arbitro assieme a Galgano abate di S. Galgano, per riportare la pace tra le due città. Il 19 marzo 1208 i due arbitri ordinarono alle parti di attenersi alla pace stabilita nel 1188 da due cardinali legati inviati da Clemente III; quindi stabilirono una tregua fino al 1° novembre e convocarono le parti per il successivo 25 luglio 1209, data prevista per una sentenza pronunciata in realtà da Portovenere il 26 aprile 1209, alla presenza dei consoli e dell’arcivescovo di Genova, del podestà e dell’arcivescovo di Pisa Lotario (l’ex collega di Gerardo come visitator et provisor Lombardie) e del vescovo di Luni: essa confermava la pace stabilita da Clemente III con l’aggiunta di alcune clausole. Nel dicembre del 1208 Gerardo era stato inoltre incaricato con Sicardo di Cremona di predicare e raccogliere la quarantesima per la crociata, la cui realizzazione si riteneva imminente.
Tra la fine di marzo e l’inizio di aprile 1209, Gerardo fu eletto vescovo di Novara, accettando la carica solo per le insistenze di Innocenzo III; peraltro non fu mai consacrato e fu sempre sempre indicato nella documentazione come vescovo eletto. Almeno sino al 16 marzo 1211, continuò a operare come visitator et provisor Lombardie, impegnandosi sia nella promozione delle iniziative di riforma ecclesiastica, sia nel sostegno ai Comuni favorevoli a Federico di Svevia, sia nel contrasto ai fautori di Ottone IV (scomunicato dalla primavera del 1210, pochi mesi dopo l’incoronazione imperiale). Né la sua attività nella sostanza si modificò dall’aprile del 1211, quando il papa lo creò cardinale vescovo (eletto) di Albano e gli affidò la legazione in Lombardia.
Non è facile ricostruire gli spostamenti di Gerardo nella regione padana: forse ricevette l’incarico a Novara e si diresse a est, visto che il suo primo atto da legato a noi noto fu rilasciato a Trezzo sull’Adda (19 aprile 1211) in favore degli umiliati. Da Trezzo tornò verso Novara, ove il 29 aprile ordinò al notaio Guala Muricola di mettere per iscritto le testimonianze prodotte dal preposito della chiesa di Rivalta, nella causa con l’abate di Fruttuaria in merito alla giurisdizione sulla chiesa di S. Maria di Becetto. Si spostò poi verso Milano, ove – morto da poco l’arcivescovo e cardinale Uberto II da Pirovano e in assenza di un accordo per la successione da parte del capitolo – fu, secondo una tradizione localmente radicata, eletto arcivescovo (4 maggio). Se anche l’elezione ci fu, né Gerardo nelle sue intitulationes né il papa vi fecero mai cenno, segno che non fu ritenuta valida.
Nelle successive tappe della legazione, il 7 giugno 1211 stando a Cremona – con Sicardo e l’abate del monastero di Chiaravalle della Colomba (Piacenza) – Gerardo provvide all’elezione del vescovo di Ferrara (sede vacante dalla morte del canonista Uguccione, 20 aprile 1210); ma per i contrasti tra le fazioni cittadine (sullo sfondo c’era la contesa per il trono imperiale) e per il rifiuto del designato (Giordano Forzatè) la sede rimase scoperta sino al 1212. Nell’itinerario verso Bologna (giugno-luglio 1211), Gerardo e Sicardo (accompagnati tra gli altri dal decretorum doctor Grazia, futuro arcidiacono di Bologna e vescovo di Parma, e dal dominus Prevestino de Sesso di Reggio, forse un congiunto di Gerardo) furono bloccati a Modena da un’ambasciata bolognese e pregati di non recarsi a Bologna, per evitare l’insorgere di contrasti tra i sostenitori di Ottone IV e quelli di Azzo d’Este, favorevole a Federico II e a sua volta sostenuto da Sicardo e dal legato. Contestualmente Gerardo ricevette una lettera dal papa perché dissuadesse il Comune di Bologna dall’appoggiare Ottone IV (minacciando le pene ecclesiastiche e il trasferimento dell’Università) e intervenne (8 giugno) a Parma, anch’essa schierata con Ottone IV, ma nell’occasione passata al fronte federiciano, ove arbitrò nella lite tra il vescovo Obizzo Fieschi e il capitolo circa il lascito (anche librario) di Alberto Fieschi.
Forse durante il suo soggiorno nei pressi di Bologna Gerardo dovette occuparsi dell’operato del vescovo Gerardo Ariosti (1198-1213), accusato di una grave irregolarità canonica nella consacrazione del vescovo di Imola, ordinato diacono e prete nello stesso giorno (per il che il vescovo non poté procedere ad altre ordinazioni). Convinto della piena insufficienza dell’Ariosti, Gerardo lo sollecitò a dimettersi; ma invano, e Innocenzo III dovette nuovamente intervenire per ottenere la definitiva rinuncia. Gerardo, dunque, pur senza recarsi a Bologna, fu in essa attivo: esaminò anche la situazione del capitolo della cattedrale, presso il quale riservò una prebenda per un esponente di una importante famiglia di Parma. Egli, inoltre, comminò gravi censure ecclesiastiche a un canonico di Maguelone che, incurante dei divieti ecclesiastici, si era recato a Bologna per studiare diritto civile.
Poche settimane dopo (inizi di luglio del 1211) Gerardo giudicò a Cremona una causa fra Nonantola e il monastero femminile di S. Benedetto e un mese più tardi (agosto del 1211) rilasciò un privilegio in favore dell’arciprete e dei chierici della pieve di Quinzano (diocesi di Brescia); durante la permanenza a Brescia o nella diocesi egli riconobbe la protezione apostolica sui beni del monastero di Conche e si occupò della rinuncia all’episcopato del vescovo Giovanni (anch’egli renitente a lasciare la carica nonostante le promesse; sì che nell’agosto del 1212 Innocenzo III inviò i legati Sicardo di Cremona e Ariprando di Vercelli, con Niccolò Maltraversi, vescovo eletto di Reggio Emilia, per costringerlo a dimettersi e procedere all’elezione del successore).
Della sua diocesi novarese Gerardo si interessò nella tarda estate e nell’autunno (ottobre) del 1211, in occasione di un sinodo diocesano, quando pubblicò una serie di norme per riformare la disciplina del clero, tema sul quale intervenne ancora nell’ottobre del 1211, quando stabilì che i canonici di Piacenza dovessero attenersi ai loro statuti e osservare la vita comune.
L’autorevolezza acquisita da Gerardo a Piacenza è da collegare al fatto che egli l’anno precedente vi aveva a lungo soggiornato per garantire l’elezione di Fulco Scotti, successore del vescovo Crimerio, che sullo scorcio del 1208 il papa aveva sospeso dall’amministrazione della diocesi.
Gerardo si trattenne a Novara almeno fino al 31 ottobre; in tale data, con il consenso del capitolo, cassò le disposizioni che prevedevano il pagamento di tariffe stabilite per ottenere una prebenda nella cattedrale di S. Maria o in quella di S. Gaudenzio; decretò inoltre che le prebende fossero erogate solo nel caso i chierici svolgessero realmente un servizio. Nel sinodo diocesano novarese Gerardo emanò anche norme miranti a costringere i candidati idonei a ricevere gli ordini maggiori. Innocenzo III approvò le iniziative del legato (3 dicembre 1211) e lo autorizzò a proseguire nell’azione intrapresa.
Alla fine di novembre del 1211 il legato raggiunse Cremona, a motivo forse dell’imminente arrivo di Ottone IV nella regione padana. Ivi il 16 dicembre morì.
Con Gerardo da Sesso scompariva un personaggio chiave della politica innocenziana nell’Italia settentrionale: un ecclesiastico versatile, che diede prova di piena consonanza con le direttive papali e che con Innocenzo III, oltre alla raffinata formazione teologica e canonistica, condivideva la ferma determinazione nel perseguire la riforma della Chiesa.
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