GEOTECNICA
(App. II, I, p. 1030)
La g. tratta il comportamento delle terre nella loro sede naturale (terreni) e l'utilizzazione delle terre come materiali da costruzione. Pertanto si occupa dei problemi connessi alla progettazione, alla costruzione e al comportamento dei seguenti tipi principali di opere: fondazioni delle strutture più diverse; dighe di terra e di pietrame, argini, rilevati stradali e ferroviari, rilevati e riempimenti per opere marittime, discariche, e colmate; stabilità di scavi e di pendii naturali e artificiali; opere di sostegno delle terre quali per es. muri di sostegno di vario tipo, paratie, palancolate, ture; gallerie e scavi in sotterraneo; opere interrate.
La soluzione dei problemi geotecnici concernenti le opere prima indicate è legata a tre aspetti principali che devono essere tenuti ben presenti: le condizioni del terreno e dell'acqua nel terreno, il comportamento del terreno omogeneo considerato come un sistema di particelle, la meccanica applicata al terreno; questi tre aspetti devono essere visti pressoché in contemporanea e con un'opportuna dose di empirismo per giungere alla soluzione del problema tecnico reale.
Il primo aspetto − le condizioni del terreno e dell'acqua nel terreno − viene studiato con indagini in sito e in laboratorio, sia semplici che complesse. Con alcune indagini in sito si perviene a una prima determinazione del profilo geotecnico del suolo e alla raccolta di dati sulla situazione dell'acqua nel terreno; successivamente, con la classificazione del terreno a mezzo di prove di laboratorio, e talvolta con indagini sulla mineralogia e sui processi geologici, si prepara una descrizione ingegneristica della situazione del terreno.
Il secondo aspetto − il comportamento del terreno − è determinato dalla sperimentazione con prove di laboratorio, prove in posto e misure in posto, e coinvolge fenomeni e concetti base, quali il mezzo formato da particelle, il principio della pressione effettiva, la consolidazione delle argille, la permeabilità, i percorsi tensionali, la compressibilità e la resistenza al taglio.
Il terzo aspetto − la meccanica applicata al terreno − comprende le analisi e le teorie di materiali idealizzati e l'esame e la valutazione dei risultati che si ottengono dalle analisi e dalle teorie. Questa valutazione dei risultati deve essere eseguita avendo ben presente che si tratta di un modello ideale da non confondere con il materiale reale.
Per arrivare alla soluzione del problema reale bisogna mettere d'accordo e collegare questi tre aspetti empiricamente (cioè con i risultati dell'osservazione e dell'esperienza), empirismo che risulta necessario nel caso di un materiale complesso come il terreno. Molti dei procedimenti di progettazione e di costruzione derivano in modo rilevante da varie esperienze positive e, se usati correttamente, danno buoni risultati; possono diventare pericolosi quando vengono considerati come leggi fondamentali di comportamento del terreno.
I tre aspetti prima indicati, uniti all'empirismo, formano la geotecnica. La trattazione di molti problemi geotecnici risente delle difficoltà che s'incontrano nell'evidenziare adeguatamente i tre aspetti e il diverso peso che volta per volta assumono nella soluzione del problema.
Il terreno può essere considerato quasi sempre un materiale costituito da sedimenti e da depositi di particelle derivate dalla disintegrazione della roccia, e spesso contiene, nei vuoti tra le particelle, acqua e aria o gas diversi; ne consegue che il comportamento del terreno dipende sia dalle proprietà fisiche dei suoi costituenti − solido, liquido e gassoso nel loro stato − sia dalle proprietà fisiche del complesso.
Determinazione delle caratteristiche dei terreni. - Uno degli argomenti principali trattati dalla g. è quello della determinazione delle caratteristiche fisiche del terreno che all'incirca vengono distinte in caratteristiche generali o di classificazione, caratteristiche idrauliche e caratteristiche meccaniche.
Tra le caratteristiche generali si ricordano: il peso specifico della sostanza solida; il peso specifico dell'acqua, il peso dell'unità di volume del materiale al naturale, quello del materiale secco, quello del materiale saturo e quello del materiale immerso in acqua; la porosità e l'indice dei pori; il contenuto d'acqua; il grado di saturazione. Per la classificazione si utilizzano la granulometria per tutte le terre e i limiti di Atterberg per le terre a grana fine (in prevalenza limi e argille). Attualmente si fa riferimento principalmente al sistema di classificazione USCS (Unified Soil Classification System) e, nel campo delle costruzioni stradali, al sistema UNI 10.006 derivato dalla classificazione statunitense HRB (v. terreno, App. III, ii, p. 947). Le prove per la determinazione di queste caratteristiche sono normalizzate secondo norme italiane o straniere.
L'ideazione e la messa a punto delle prove per la determinazione dei parametri che possono definire le caratteristiche idrauliche e meccaniche delle terre sono legate a una successione di sperimentazioni e alla definizione di concetti ed espressioni base che è iniziata nel 19° secolo con Coulomb, Rankine, Collin, Darcy, Boussinesq e Reynold, ma ha avuto un grande sviluppo nella prima metà del secolo 20° specialmente ad opera di Terzaghi, Fellenius, Casagrande, Iurgenson, Rendulic, Hvorslev, Proctor, Buisman, Krey, Taylor e Skempton. È in questo periodo che da Terzaghi viene enunciato il principio della pressione effettiva o intergranulare con la relazione p = pi − u, dove pi è la pressione effettiva e u è l'eccesso di pressione dell'acqua nei pori nel terreno saturo sia con acqua in quiete che con acqua in moto.
Sempre da Terzaghi vengono proposti anche la teoria della consolidazione unidimensionale con il coefficiente di consolidazione cv e i parametri di compressibilità av, mv e Cc nella prova edometrica. Da Terzaghi e Casagrande è poi definita la pressione di preconsolidazione, cioè la massima tensione di consolidazione cui è stato sottoposto il terreno, ed è evidenziata la presenza di argille normalmente consolidate per le quali la pressione effettiva esistente attualmente è uguale a quella massima di preconsolidazione che ha agito nel passato e di argille sovraconsolidate per le quali la pressione effettiva esistente è minore di quella massima che ha agito nel passato.
L'accettazione del principio della pressione effettiva, della teoria della consolidazione e del concetto della pressione di preconsolidazione ha consentito di studiare con buoni risultati il comportamento dei terreni argillosi e limosi sia sperimentalmente che teoricamente, e in pratica ha dato luogo all'affermarsi della g. con enormi progressi nella progettazione e costruzione.
Così pure in questo periodo Terzaghi sviluppò i criteri di progettazione dei filtri formati con materiali naturali, criteri che permisero un deciso affinamento nella progettazione e costruzione di molte opere specialmente idrauliche. Con riferimento alle caratteristiche idrauliche ci si rese conto che il coefficiente di permeabilità o conducibilità idraulica k delle terre ha un campo di variazione enorme (v. tab.) e che conseguentemente il comportamento dei terreni a grana grossa (sabbie e ghiaie) viene a differire notevolmente da quelli a grana fine (argille e limi), specialmente legando questo comportamento al principio della pressione effettiva.
Rimanendo nel campo dello studio e controllo delle caratteristiche idrauliche e dell'acqua nel terreno si ebbero notevoli perfezionamenti sia nelle prove di laboratorio o in posto per la determinazione del coefficiente di permeabilità k sia nelle apparecchiature di misura in laboratorio e specialmente in posto della pressione dell'acqua nel terreno (piezometri di vario tipo). In particolare il Bureau of Reclamation negli Stati Uniti iniziò misure sistematiche di pressione dell'acqua nei pori nelle dighe in terra e nel terreno di fondazione che portarono a memorie fondamentali e che, unitamente all'applicazione dei principi della g., consentirono grandi progressi nella progettazione e costruzione delle dighe in terra, delle arginature e delle grandi opere idrauliche.
Nel periodo 1910-25 in Svezia vennero sviluppati studi e ricerche specialmente allo scopo di studiare alcuni dissesti per scivolamento verificatisi, giungendo alla formulazione, nelle sue linee principali, della verifica allo slittamento con superficie circolare. Sempre nella prima metà del 20° secolo vennero messe a punto le attrezzature fondamentali per lo studio in laboratorio delle caratteristiche meccaniche, ma nel periodo successivo furono affinate le attrezzature fondamentali e vennero ideate nuove attrezzature principalmente di ricerca, che hanno permesso di comprendere la risposta del terreno anche in condizioni di sollecitazione abbastanza complesse.
Attrezzature di prova. - Si deve osservare che un'apparecchiatura ideale di prova dovrebbe permettere di sottomettere il campione di terra agli stati di tensione e di deformazione più diversi che possono verificarsi in sito. Le difficoltà tecniche connesse alla realizzazione di un'apparecchiatura del genere sono tali che si sono ideati parecchi tipi di attrezzatura, ognuno dei quali sollecita il campione di terreno in modo particolare e solo parzialmente può riprodurre le variazioni di stati tensionali che si hanno in sito.
In una prima classe di attrezzature si ha coincidenza dei piani principali delle tensioni e delle deformazioni, e il campione è contenuto da piastre rigide, lisce e non ruotanti e da membrane flessibili.
I tipi di prove possibili in questa classe di apparecchiatura sono illustrati in fig. 1; se consideriamo un campione prismatico si ha che le tensioni σa, σb e σc sono tensioni principali che alternativamente possono essere la maggiore, la media e la minore; con un campione cilindrico usualmente si indica con σr la tensione radiale e con σa la tensione assiale, e si fa la semplice ipotesi che la tensione tangenziale σθ sia uguale a σr.
In queste attrezzature le prove utilizzate comunemente per ricavare le caratteristiche del terreno da usare nella progettazione sono quelle di compressione cilindrica (usualmente detta triassiale), edometrica e di compressione uniassiale; la prova triassiale vera e quella di deformazione e tensione piane o biassiali sono eseguite nei laboratori di ricerca con apparecchiature speciali.
Un secondo tipo di attrezzature di prova riguarda le prove di taglio ed è caratterizzato da piastre usualmente ruvide e che possono non ruotare o ruotare; di conseguenza i confini del campione non sono necessariamente piani principali delle tensioni o delle deformazioni e i piani principali possono ruotare. In fig. 2 sono indicati i tre tipi di prova di taglio diretto, di taglio semplice e di torsione. Lo stato di tensione nelle prove di torsione è uguale a quello che si ha nel taglio diretto, ma nella prima prova si possono applicare deformazioni di taglio molto rilevanti ed è così possibile studiare la resistenza al taglio residua. La prova di taglio diretta viene adoperata usualmente, mentre quelle di taglio semplice e di torsione sono utilizzate quasi solamente in laboratori di ricerca.
Nel periodo 1950-60 vennero pubblicate memorie e volumi che riportavano i risultati di notevoli sperimentazioni di laboratorio e in posto, e che risultarono fondamentali per gli sviluppi successivi della geotecnica.
Di questo periodo sono l'introduzione dei parametri della pressione dell'acqua dei pori da parte di Skempton e Bishop, la presentazione da parte di Meyerhof di relazioni sulla capacità portante delle fondazioni con estensione ai carichi eccentrici e inclinati, e gli studi di Skempton, di Bishop e Morgenstern e di Bjerrum sulla stabilità dei pendii naturali e degli scavi.
Con i risultati delle prove di taglio diretto, triassiale ed edometrica, e assimilando il terreno a un mezzo elastico o elasto-plastico sono stati affrontati e risolti abbastanza soddisfacentemente gravi problemi di progettazione e costruzione, ma indubbiamente in questi casi si rappresentava il comportamento del terreno piuttosto parzialmente pur mettendo in luce gli elementi principali che lo condizionavano in alcune situazioni. Mancava però una visione unitaria che permettesse di comprendere le risposte del terreno a condizioni di sollecitazione di esercizio talora lontane e talora vicine alla rottura, in situazioni di grandi deformazioni e sotto azioni ripetute o cicliche.
La memoria di Roscoe, Schofield e Wroth On the yelding of soils (1958) significò la prima presentazione del gruppo di studiosi di Cambridge e l'inizio di una visione più completa e unitaria del comportamento del terreno. Nel 1960 vi fu nel Colorado la ''Conference on Shear Strengths of Cohesive Soils'' che presentò memorie fondamentali per gli sviluppi successivi della g. e diede il via a ricerche di laboratorio e in posto di grande valore.
Lo sforzo principale della ricerca dopo il 1960 si è rivolto sia nel campo teorico che in quello sperimentale allo studio di teorie e di modellazioni del terreno che, unitamente al continuo approfondimento del significato dei dati che si raccolgono con prove di laboratorio e in posto e con attrezzature di controllo in posto, permettessero di proporre una visione meno frammentaria del comportamento del terreno nelle diverse situazioni. In questo senso è andato lo sviluppo della teoria dello stato critico e del modello Cam-Clay proposto dagli studiosi dell'università di Cambridge; sono stati poi formulati vari modelli allo scopo di poter descrivere in modo sufficientemente accurato il comportamento meccanico dei terreni reali.
I molti progressi avutisi nell'analisi numerica e nei mezzi di calcolo automatico hanno favorito lo sviluppo della modellazione e l'applicazione dei metodi numerici nella rappresentazione e nell'analisi di situazioni complesse delle opere con il terreno da loro interessato.
Per l'impiego dei modelli devono però essere definiti i parametri del terreno da introdurre con il loro significato fisico e le condizioni iniziali del terreno. A questo scopo molta ricerca sperimentale è stata rivolta: all'ideazione di nuove prove, sia di laboratorio che in sito; al miglioramento delle attrezzature e modalità di prova e quindi al miglioramento della qualità dei dati raccolti; al perfezionamento dei metodi d'interpretazione dei risultati delle prove.
Si deve osservare che grandi progressi si sono avuti nelle attrezzature e nelle metodologie di sondaggio e campionamento del terreno, però il disturbo dei campioni indisturbati di terreno coerente non è sempre trascurabile e il problema del campionamento di campioni indisturbati di terreno incoerente è ancora praticamente irrisolto.
Tra le prove in posto si deve ricordare l'introduzione della punta elettrica, della punta piezometrica (piezocono), del dilatometro Marchetti e dei pressiometri autoperforanti.
L'introduzione, tra le prove penetrometriche, della prova con piezocono, cioè di una punta penetrometrica modificata in modo da poter misurare la pressione dell'acqua nei vuoti del terreno durante l'avanzamento della punta, ha permesso un deciso miglioramento delle conoscenze sulle condizioni del terreno e dell'acqua nel terreno.
Questa misura della pressione dell'acqua è legata al tipo di terreno e alla sua consistenza, e quindi la sua conoscenza, combinata con quella della resistenza alla penetrazione misurata alla punta, permette di ottenere una descrizione dettagliata del profilo stratigrafico del terreno e indicazioni sulla storia tensionale del deposito. Con questa attrezzatura con piezocono si possono anche eseguire prove di dissipazione della pressione dell'acqua e quindi ottenere informazioni sulle caratteristiche di consolidazione del terreno.
Una nuova prova penetrometrica chiamata dilatometrica è stata ideata in Italia (dilatometro di Marchetti 1975; fig. 3) e consiste nella dilatazione di una membrana piana di forma circolare a situata sulla faccia di una lama b che viene infissa nel terreno con la stessa procedura delle prove penetrometriche statiche. Durante la prova sono rilevati i valori della pressione corrispondenti all'inizio del movimento della membrana (P0) e dopo uno spostamento prefissato (P1); correlazioni empiriche permettono di trarre indicazioni sulle caratteristiche di resistenza e deformabilità e sulla storia tensionale.
Nel campo delle prove pressiometriche, cioè di prove di carico realizzate mediante l'espansione di una sonda cilindrica immersa nel terreno (v. fondazioni, App. IV, i, p. 832), si è avuto un perfezionamento del pressiometro tradizionale Menard e delle relazioni empiriche d'interpretazione delle misure.
Un deciso miglioramento si è avuto con l'introduzione dei pressiometri autoperforanti (pafsor e camkometer) che con la tecnica di autoperforazione consentono d'installare la sonda di misura riducendo al minimo il disturbo al terreno circostante; pertanto è possibile, introducendo opportune ipotesi sul legame sforzi-deformazioni e sulle condizioni di prova, risalire ai parametri di deformabilità con buona attendibilità in vari casi.
I notevoli progressi verificatisi nelle indagini e prove in posto e di laboratorio, negli studi teorici, e l'applicazione estesa dei metodi numerici hanno permesso un deciso affinamento nella comprensione del comportamento delle fondazioni e dell'interazione tra il terreno e le strutture, nella previsione delle deformazioni del terreno, e hanno favorito l'ideazione di metodologie di progetto e costruzione atte a garantire il buon comportamento delle opere.
Tecniche di fondazione. - Notevoli progressi si sono anche ottenuti nelle tecniche di fondazione e di miglioramento dei terreni.
Così nel campo dei pali di fondazione si è avuto un deciso miglioramento nelle attrezzature di costruzione dei pali, specialmente per quanto riguarda quelli costruiti in posto; tale progresso è derivato, oltre che dalla ricerca di migliorare le caratteristiche dei pali, anche dalla necessità di semplificare e automatizzare le operazioni costruttive.
Enorme sviluppo ha avuto l'impiego dei pali di piccolo diametro (10÷30 cm) costruiti in posto specialmente per il rafforzamento delle fondazioni di opere esistenti e in particolare di quelle antiche e monumentali e come fondazioni di nuove opere in situazioni difficili per ubicazione o per difficoltà di cantiere di vario tipo.
Questi pali, indicati anche come micropali, sono stati ideati in Italia e utilizzati per la prima volta a Napoli nel 1952 nel tipo ''radice'' formato con armatura in barre e getto in pressione di malta cementizia. Un altro micropalo messo a punto in Italia è il Tubfix, formato con armatura tubolare con valvole e con iniezione di miscela cementizia.
Ha avuto anche notevole sviluppo l'impiego dei tiranti, sia come mezzi d'intervento per migliorare la resistenza allo scorrimento di pendii o pareti rocciose, sia come ancoraggio alle rocce e ai terreni di opere di sostegno all'aperto o in sotterraneo.
Le tecnologie costruttive dei tiranti sono varie e sono state perfezionate in collegamento sia alle tecniche d'iniezione, sia a quelle concernenti i micropali. I tiranti sono elementi rettilinei in acciaio resi solidali alla roccia o al terreno mediante iniezione ad alta pressione di idonee miscele cementizie. Generalmente sono caratterizzati funzionalmente da un tratto attivo di ancoraggio vero e proprio e da un tratto passivo che serve solo per il trasferimento della resistenza del tratto attivo all'elemento di ancoraggio sulla struttura di parete. In taluni casi è importante il sistema di protezione contro la corrosione, e hanno notevole rilevanza anche i dettagli tecnologici esecutivi perché influenzano notevolmente il comportamento in esercizio dei tiranti.
Interventi nel sottosuolo. - Per gli interventi nel sottosuolo sono da citare, per la loro ormai estesa e proficua applicazione, la vibroflottazione, i dreni verticali per l'accelerazione della consolidazione delle argille e i trattamenti colonnari mediante tecniche tipo jet-grouting.
La vibroflottazione è una tecnica che consente di addensare i terreni granulari (non coesivi) in sito mediante vibrazione e saturazione simultanea del terreno associate a un'immissione in sito di materiale granulare di riempimento. L'attrezzatura è caratterizzata principalmente dalla sonda vibroflot che dà luogo alle vibrazioni e dalla quale escono i getti d'acqua utilizzati per la penetrazione nel terreno.
L'utilizzazione di dreni verticali associati alla tecnica del precarico (fig. 4) ha ormai estesa applicazione grazie ai perfezionamenti raggiunti nell'installazione dei dreni, ai vari tipi di dreni ideati e alla maggior economia rispetto ad altre soluzioni. I dreni accelerano la consolidazione poiché l'acqua in pressione nel terreno argilloso si muove su percorsi orizzontali brevi nel terreno argilloso a bassa permeabilità e lungo i dreni verticali ad altissima permeabilità. Facendo riferimento a una suddivisione tra dreni in sabbia e dreni prefabbricati si ha che i primi possono essere installati con infissione o vibroinfissione di un mandrino, con trivellazione e con jetting, mentre i secondi sono installati con un mandrino che può penetrare dinamicamente nel terreno mediante battitura o staticamente mediante un'attrezzatura di spinta o per vibrazione.
I dreni prefabbricati, ormai usati prevalentemente, sono costituiti generalmente da un corpo centrale resistente in plastica nel quale sono ricavati i condotti per il drenaggio dell'acqua, e da un filtro esterno in carta o in geotessile che protegge il dreno dall'intasamento. Una nuova tecnologia che ha avuto enorme sviluppo specialmente dopo il 1980 e che ha consentito di risolvere brillantemente difficili problemi tecnici, è quella dei trattamenti colonnari mediante tecniche di gettiniezione. Queste tecniche sono state messe a punto in Giappone negli anni 1960-70; successivamente sono state utilizzate in tutto il mondo e particolarmente in Italia, apportandovi modifiche e perfezionamenti. Con queste tecniche si possono realizzare colonne di diametro che può variare da 0,4 a 2 m a seconda del metodo usato e del tipo di terreno. Si opera con jetting e con apporto nella zona di terreno disgregato di opportune miscele leganti e/o impermeabilizzanti e si dà luogo, a seconda del metodo adottato, o a un rimescolamento tra la miscela stabilizzante e il terreno o a una sostituzione del terreno con la miscela stessa. Il terreno da trattare viene disgregato mediante un getto ad altissima velocità (150÷350 m/s) di uno o più fluidi; il getto viene fatto ruotare ed è traslato lungo il suo asse di rotazione. Se il fluido impiegato (fig. 5) ha proprietà cementanti o impermeabilizzanti si realizza contemporaneamente la disgregazione e la stabilizzazione del terreno; se il fluido o i fluidi utilizzati per disgregare il terreno sono formati da acqua o da acqua e aria compressa, viene utilizzato in contemporanea un altro getto a media velocità di fluido legante o impermeabilizzante. Le attrezzature di cantiere sono particolarmente impegnative specialmente a causa delle forti pressioni utilizzate (300÷700 bar). Con queste tecniche è anche possibile realizzare nel terreno elementi piani (diaframmi) con spessori medi dell'ordine di 0,2÷0,3 m.
Il campo di applicazione del consolidamento colonnare con la gettiniezione è molto vasto e le applicazioni principali si hanno per le fondazioni e sottofondazioni, per il consolidamento del terreno a protezione di scavi, per tamponi di fondo per evitare il rifluimento, per difese spondali e per il consolidamento di versanti. Un altro settore di applicazione molto notevole riguarda le opere in sotterraneo specialmente nello scavo di gallerie con poca copertura in corrispondenza degli imbocchi e perimetralmente al fronte di avanzamento.
I geosintetici. - Dall'inizio degli anni Ottanta ha avuto grandissima espansione l'impiego di geosintetici inseriti nel terreno per influire in vario modo sul comportamento dell'insieme opera-terreno.
I geosintetici possono essere suddivisi in tre principali categorie: una prima categoria costituita dai geotessili convenzionali tessuti e non tessuti; una seconda categoria che comprende i tappeti, le reti, i grigliati e i geotessili composti; una terza categoria costituita dalle geomembrane. Una prima indicazione sulla differenza tra le prime due categorie risulta dalla fig. 6, nella quale sono indicate alcune caratteristiche principali dei geotessili e dei geogrigliati.
I geotessili convenzionali sono generalmente formati da polimeri prodotti sotta forma di fibre di vario tipo, poi assemblate come tessuto costituito da una tramatura incrociata di filato mono o multiplo, o come nontessuto formato da filamento arrangiato in maniera caotica per formare vari tipi di prodotti.
Generalmente il geotessile viene adoperato in relazione a quattro funzioni principali: filtrazione e drenaggio, di tipo prevalentemente idraulico; separazione e rinforzo di tipo prevalentemente meccanico. Nelle applicazioni questi compiti o funzioni possono essere associati, e si possono identificare una funzione primaria e più funzioni secondarie. Nella funzione filtrante il geotessile viene a sostituire mezzi filtranti granulari; nella funzione drenante, che spesso accompagna quella filtrante, funziona da dreno che convoglia l'acqua verso uno scarico. Nella funzione di separazione il geotessile impedisce la miscelazione a seguito di azioni meccaniche di vario tipo di terreni fini (argille e limi) con materiali a grana molto grossa (ghiaia, ciottoli, pietrame). Infine nella funzione di rinforzo il geotessile migliora il comportamento meccanico di una struttura di terra con il suo funzionamento a trazione quando interagisce con il terreno principalmente attraverso le azioni di taglio al contatto. I geotessili hanno proprietà similari a quelle dei terreni, però sono continui, strutturalmente stabili, e hanno resistenza a trazione; inoltre non possono essere mossi da azioni limitate tipo quelle della pioggia e del vento.
La seconda categoria di geosintetici è costituita da prodotti che hanno una struttura più grossolana dei geotessili convenzionali, cioè con filamenti rigidi o strisce che formano tappeti, reti e grigliati con aperture di varie dimensioni. In questa seconda categoria rientrano anche i geotessili composti formati da più strati di geotessili variamente collegati o combinando uno o due geotessili con reti e grigliati per formare una struttura di drenaggio prefabbricata.
La terza categoria di geosintetici è costituita dalle geomembrane, cioè da membrane sottili impermeabili formate da materiale sintetico o bituminoso, che possono essere costruite in sito o in fabbrica. Lo scopo principale di tali membrane è quello di essere e rimanere impermeabili ai liquidi e talvolta ai gas.
Per i geosintetici in generale si può fare riferimento a nove azioni principali, tenendo sempre presente che il geosintetico assolve nella maggior parte dei casi a più funzioni contemporaneamente:
1) può assolvere la funzione di drenaggio quando raccoglie liquidi o gas per portarli a uno scarico; le utilizzazioni di questo tipo riguardano le dighe in terra, le opere di sostegno (fig. 7A), le discariche, e inoltre il drenaggio del terreno in agricoltura e il drenaggio verticale per accelerare la consolidazione delle argille;
2) può essere utilizzato come filtro quando, posto a contatto con il terreno, permette il passaggio dell'acqua senza notevole asportazione di terreno; l'utilizzazione di questo tipo è spesso associata alla funzione di drenaggio riguardando quindi le situazioni già prima indicate e molte altre situazioni, quali per es.: nelle trincee drenanti, avvolgendo con il geotessile il materiale naturale drenante (fig. 7B); sulle scarpate, inserito tra il terreno della scarpata e il materiale che costituisce il rivestimento di protezione della scarpata (fig. 7C);
3) può fungere da setaccio quando, immerso in una corrente, trattiene le particelle in sospensione permettendo il passaggio del fluido, oppure può essere utilizzato come tappeto di protezione e controllo dell'erosione superficiale, specialmente dei pendii sotto l'azione della pioggia e del vento;
4) può assumere la funzione di separazione nella quale viene impedita la miscelazione di terreni fini con materiale a grana grossa; utilizzazioni di questo tipo comprendono l'inserimento del geotessile tra il terreno di fondazione e il ballast ferroviario (fig. 8A); nel campo stradale e aeroportuale può servire da separazione tra il sottofondo e gli strati di fondazione della pavimentazione, tra un rilevato di materiale granulare permeabile e il terreno di fondazione argilloso e limoso impermeabile; nel campo delle opere marittime è possibile usarlo come separazione tra la scogliera o il pietrame e il terreno limoso e argilloso di fondazione;
5) può essere adoperato come separazione (fig. 8B), tra terreno o materiale contaminato e terreno non contaminato;
6) può essere usato come contenitore di sabbia, ghiaia, calcestruzzo fresco per formare sacchi o tubi utilizzati quali opere di difesa di spiagge, di rive fluviali e di fondazioni subacquee;
7) può essere usato come membrana in trazione inserendo il geosintetico tra un sottofondo molle e lo strato di materiale granulare che forma una strada non pavimentata;
8) un'altra notevole funzione è quella di rinforzo, nella quale il geotessile migliora il comportamento meccanico di una struttura di terra; notevoli utilizzazioni riguardano l'inserimento del geosintetico a rinforzo di un pendio ripido, la formazione di un'opera di sostegno a parete verticale (fig. 8C); 9) infine viene anche utilizzato come cuscino a protezione di geomembrane o per ridurre la propagazione di fessurazioni.
In collegamento all'utilizzazione dei geosintetici vi è stato un fiorire di indagini, di studi teorici e sperimentali per razionalizzare l'uso di questi nuovi materiali cercando di arrivare a indicazioni tecniche per la progettazione e per la costruzione riguardanti le caratteristiche generali del geosintetico e le modalità di valutazione del comportamento del complesso terreno-geosintetico. Le proprietà e i parametri per la scelta del geotessile comprendono le caratteristiche generali, i parametri d'identificazione o proprietà indici e le proprietà d'interazione terreno-geotessile.
Le caratteristiche generali comprendono tutti quei dati forniti dal produttore comprendenti il tipo di materiale e di fibra, il processo di fabbricazione e le caratteristiche geometriche e di densità del prodotto. I parametri d'identificazione o proprietà indici, forniti dal produttore e da prove di controllo, comprendono le caratteristiche meccaniche, idrauliche e di durabilità. Infine vi sono le proprietà d'interazione terreno-geotessile che dovrebbero risultare da prove e modellazioni in laboratorio e in posto e che comprendono le caratteristiche sforzi e deformazioni a breve e lungo termine, quelle di attrito e adesione tra terreno e geotessile, la resistenza a carichi dinamici e ciclici, le proprietà di filtrazione e quelle d'interazione del terreno.
In molte applicazioni dei geosintetici i metodi di progettazione sono similari a quelli usati nell'ingegneria geotecnica specialmente con riferimento a quelli di tipo semiempirico. Ricerche sono in atto, sia teoriche che sperimentali, per capire e meglio rappresentare il comportamento meccanico o idraulico del complesso terreno-geosintetico.
Ancora si deve ricordare la tecnologia della terra armata (fig. 9) con la quale vengono formate opere di sostegno costituite da un paramento in pannelli di calcestruzzo collegati ad armature in acciaio galvanizzato generalmente in forma di strisce che sono annegate nel materiale terroso prevalentemente a grana grossa (ghiaie e sabbie).
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