ČIČERIN, Georgij Vasilevič
Uomo politico russo, nato a Karaul il 12 novembre 1872, dal diplomatico Vasilij Nikolaevič Č., che fu a Torino e a Parigi, e poi, dimessosi, si ritirò a Tambov, dove morì. Č. studiò a Tambov e a Pietroburgo. La parentela dei Č. con le famiglie cospicue degli Alberdinskij e dei Dolgorukij diede facile accesso al giovane Č. negli ambienti della grande società russa. In contrasto con il lusso e la leggerezza dei ricchi, lo colpì dolorosamente lo stato di squallore e di miseria delle classi povere nella capitale. Uno degli avvenimenti più importanti per l'evoluzione spirituale del e. fu, a suo dire, l'audizione delle opere wagneriane, da cui si sentì indirizzato verso il panteismo. La lettura di Dostoevskij, di Nietzsche contribuì ad orientare il suo spirito verso l'anarchismo individualista, che si accentuò per le relazioni di amicizia contratte durante gli studî.
Conseguita la laurea, il Č. entrò (1896) nell'amministrazione centrale per gli Affari esteri (Archivio), ed ebbe l'incarico di collaborare alla storia della politica estera dell'impero durante il regno di Alessandro II. In quel tempo contrasse particolare amicizia con Pavlov-Silvanskij, suo superiore immediato, e di affini idealità politiche. Il periodo di agitazioni e di turbolenze interne, che seguì, trovò preparato l'animo rivoluzionario del Č., che per meglio studiare il movimento operaio internazionale, e anche perché già sospettato dalla polizia, lasciò il ministero russo e passò in Germania (1904). Colà si pose subito in rapporti personali diretti con i capi della socialdemocrazia tedesca, approfondendone la dottrina. Questo studio lo portò ad allontanarsi dal primitivo socialismo rivoluzionario russo, dissentendo oramai dal suo eclettismo, dal soggettivismo e dalla incontinenza delle sue teorie generali; e ad abbracciare, invece, completamente la concezione marxistica della socialdemocrazia germanica.
Nel 1905 il Č. entrò a far parte dell'organizzazione bolscevica russa all'estero. I rapporti sempre mantenuti con elementi rivoluzionarî in Russia gli fecero pensare a un ritorno clandestino in patria, ma, di salute malferma, non gliene fu possibile l'attuazione (1906). Nel 1907 fu eletto segretario dell'organizzazione rivoluzionaria russa all'estero, e in tale qualità si recò al congresso di Londra. Alla fine dell'anno fu arrestato a Charlottenburg (Berlino), perché trovato con passaporto falso, ed espulso dalla Prussia. L'amico Pavlov-Silvanskij lo informò che anche in Russia sarebbe stato arrestato, e allora il Č. si stabilì a Dresda, donde riuscì a recarsi più volte, e in segreto, a Berlino. Con il trasferimento a Parigi della redazione della Golos socialdemokrata, anche il Č. passò nella capitale francese e vi prese a lavorare per l'unificazione generale del partito. Ma quando, nel 1912, la creazione del "blocco" apriva la via alle migliori sue speranze, venne ad addolorarlo il distacco di Trockij (Trotzki), simpatizzante in quel tempo con le tesi mensceviche. A Lilla, nel 1914, il Č. organizzò dimostrazioni contro la guerra; e più tardi, a Bruxelles, fece parte della Commissione degli emigrati russi e si oppose al loro arruolamento volontario. Fino al termine della guerra rimase a Londra. Divenne collaboratore assiduo del giornale parigino Notre voix e alla rivoluzione del marzo 1917 si adoperò per il rimpatrio di compagni profughi. L'avvento dei bolscevichi gli valse l'arresto e il carcere, come "affiliato ad associazioni nemiche"; dalla prigione di Bristone fu liberato il 3 gennaio del 1918 e rimpatriato in regime di scambio con l'ambasciatore britannico in Russia, Buchanan. Subito assegnato al Commissariato del popolo per gli Affari esteri, succedette a Trockij nella direzione di esso, dopo la conclusione del trattato di Brest-Litovsk (marzo 1918). Da allora egli rimase a capo della politica estera della Unione Sovietica, da cui si ritrasse, col pretesto di malferma salute, alla fine del 1929.