GEORGIA.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Bibliografia. Architettura. Bibliografia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Silvia Lilli. – Stato della Transcaucasia. La popolazione stimata per il 2014 da UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs) è di 4.322.842 ab., con una lieve diminuzione rispetto all’ultimo censimento del 2002 (4.371.535 ab.), risultato di un incremento naturale quasi nullo (0,5‰) e, viceversa, di un flusso emigratorio elevato (−3,25‰). Ingente è il numero di profughi, circa 206.000, a seguito dei movimenti indipendentisti in Abkhasia e Ossezia del Sud, sfociati nel conflitto con la Russia del 2008. La popolazione risiede per il 53% circa in aree urbane, di cui la più popolata è la capitale, Tbilisi (1.171.200 ab. nel 2013). Oltre alla maggioranza georgiana (83%), convivono nel Paese, tra le più consistenti, l’etnia azera (6,5%), armena (5,7%) e russa (1,5%), con alte percentuali di popolazione, pertanto, che parlano una lingua diversa dal georgiano. Oltre alla religione cristiano-ortodossa ufficiale, almeno il 10% della popolazione si dichiara di religione musulmana; consistenti anche i gruppi armeno-gregoriani e cattolici. Le condizioni di vita rimangono piuttosto arretrate: più del 6% della popolazione non dispone dell’accesso all’acqua potabile e ai servizi sanitari, la disoccupazione è al 15% e un quinto degli abitanti vive al di sotto della soglia di povertà. La popolazione attiva è impegnata per più della metà nel settore primario, che contribuisce all’8,5% circa del PIL.
Condizioni economiche. – L’andamento economico negli ultimi anni ha registrato notevoli oscillazioni, prima con crescite oltre il 10% grazie all’afflusso di capitali esteri negli anni 2005-07 (seguiti alla costruzione degli oleodotti Baki-Supsa, Baki-Tbilisi-Ceyhan e del gasdotto Baki-Tbilisi-Erzurum dal Mar Caspio ai mercati occidentali), poi con picchi negativi (−3,8% nel 2009) conseguentemente al conflitto russo-georgiano e alla contrazione degli aiuti esteri e delle rimesse con l’esplodere della crisi finanziaria. Nel 2013 la crescita registrata era del 3,2% (contro il 7,2% del 2011), con un PIL di 16,1 miliardi di dollari statunitensi, al quale gli aiuti dall’estero contribuiscono ancora per più del 4%.
Storia di Vincenzo Piglionica. – Nel primo decennio del 21° sec., la situazione socioeconomica e politica in G. era ancora precaria. Con Michail Saakašvili, eletto capo dello Stato nel gennaio 2004 con il 96% dei voti, l’economia del Paese si era rafforzata e alcuni problemi strutturali quali la diffusa corruzione erano stati affrontati con discreto successo; tuttavia ampie fasce della popolazione risultavano ancora escluse dai benefici della crescita e il processo di democratizzazione procedeva a rilento. Tale situazione generò un crescente malcontento verso Saakašvili, culminato nelle manifestazioni di protesta del novembre 2007 in cui decine di migliaia di georgiani scesero in piazza a Tbilisi. Il presidente reagì con la forza e impose lo stato di emergenza, poi revocato a seguito delle pressioni internazionali. Accordate le elezioni presidenziali anticipate per gennaio 2008, queste videro la conferma di Saakašvili, con un consenso ampiamente ridimensionato (poco più del 53% dei voti) rispetto al 2004; mentre nel successivo voto di maggio per il rinnovo del Parlamento i candidati della forza politica del presidente – il Movimento nazionale unito – si aggiudicarono 119 seggi su 150.
Nel mese di agosto si riaccesero le tensioni sul fronte dell’autoproclamata Repubblica indipendente dell’Ossezia meridionale, che Saakašvili cercò di riannettere alla G.: fallito il tentativo di un’operazione lampo, grazie soprattutto al sostegno delle forze russe agli ossetini, il conflitto si protrasse per alcuni giorni, coinvolgendo anche l’altra autoproclamata Repubblica indipendente in territorio georgiano, l’Abkhasia. Con la mediazione di Nicolas Sarkozy
– allora presidente di turno del Consiglio europeo – il 12 agosto fu raggiunto un accordo per il cessate il fuoco; due settimane dopo la Russia riconobbe la statualità di Abkhasia e Ossezia meridionale (v. stati non riconosciuti), facendo leva sul precedente riconoscimento del Kosovo (febbr. 2008) da parte di numerosi Stati.
Nuove manifestazioni contro Saakašvili si verificarono nel 2009, senza che il presidente cedesse alle richieste di dimissioni; nello stesso anno iniziò inoltre un processo di revisione costituzionale che portò all’approvazione, nell’ottobre del 2010, di alcuni emendamenti che ampliavano notevolmente i poteri del primo ministro. Le opposizioni accusarono Saakašvili di aver promosso la riforma con l’aspirazione di diventare premier, non potendo più concorrere alle elezioni presidenziali in virtù del limite costituzionale dei due mandati. Il Movimento nazionale unito fu però sconfitto nelle successive elezioni parlamentari (ott. 2012) dalla neonata coalizione Sogno georgiano, guidata dal miliardario Bidzina Ivanišvili che assunse l’incarico di primo ministro. La ‘coabitazione’ tra un premier e un presidente appartenenti a forze politiche opposte terminò nell’ottobre del 2013 quando, dopo mesi politicamente convulsi nei quali importanti esponenti del Movimento nazionale unito erano stati arrestati (tra questi anche l’ex premier Vano Merabišvili, poi condannato), il candidato di Sogno georgiano Giorgi Margvelašvili si aggiudicò la vittoria nelle presidenziali con oltre il 62% dei voti. Nel mese successivo alle elezioni, Ivanišvili rassegnò le dimissioni lasciando l’incarico di premier a Irakli Garibašvili. Nell’agosto del 2014, fu spiccato un mandato di arresto nei confronti dell’ex presidente Saakašvili, accusato di abuso di potere e nel frattempo trasferitosi negli Stati Uniti. Venne poi nominato consulente del governo ucraino e Kiev nel 2015 negò la sua estradizione in Georgia.
In politica internazionale, durante la presidenza Saakašvili, la G. aveva accentuato la sua proiezione verso Occidente aspirando in particolare a una rapida ammissione alla NATO, che tuttavia non si concretizzò. Gli obiettivi dell’ingresso nell’Alleanza atlantica e di più stretti rapporti con la UE – con cui nel giugno 2014 la G. siglò un Accordo di associazione – rientravano anche negli orientamenti di politica estera di Sogno georgiano, che però mirava al tempo stesso a un miglioramento delle relazioni con la Russia. Dopo gli eventi dell’agosto 2008, a seguito dei quali la G. decise di abbandonare la Comunità degli Stati indipendenti (v. CSI), già con Saakašvili si erano registrati i primi segnali di disgelo, con la decisione georgiana di far cadere il veto all’ingresso della Russia nell’Organizzazione mondiale del commercio (nov. 2011). Un ulteriore passo in avanti fu poi rappresentato nel 2013 dall’eliminazione, da parte russa, dell’embargo sui vini e sull’acqua georgiani in vigore dal 2006.
Bibliografia: M. Lorusso, Georgia, vent’anni dopo l’URSS, Roma 2011.
Architettura di Leone Spita. – Dall’indipendenza dall’Unione Sovietica (1991) fino al 2005, a causa dei conflitti separatisti, l’architettura in G. è rimasta confinata a piccoli progetti di ristrutturazione. Nel 2007 il primo vero intervento che ha visto coinvolto un architetto di fama internazionale, il giapponese Shin Takamatsu, è stato un business center per un uomo d’affari georgiano, una fortezza metallica con annessa foresteria sulla collina che domina la capitale. Se questo è stato un episodio isolato, dal 2005 l’allora presidente Michail Saakašvili ha chiamato architetti europei, perlopiù italiani, a ridisegnare il volto della Tbilisi moderna. È il caso del Palazzo presidenziale il cui masterplan è stato affidato al georgiano Giga Batiashvili, mentre lo spazio esterno e l’edificio degli uffici all’italiano Franco Zagari, con Vakh tang Zesashvili. L’edificio che ospita la residenza presidenziale è stato realizzato da Michele De Lucchi, che ha firmato numerosi progetti in G. tra i quali il ponte con una copertura sinusoidale sul fiume Mtkvari (The Bridge of peace, Tbilisi 2010), e a Batumi, terza città del Paese, il ministero di Giustizia (Law Court, 2011) e l’albergo della catena Radisson (Medea Hotel, 2011). Lo studio Fuksas è intervenuto sullo skyline della capitale con un edificio composto da sette volumi a sbalzo, protetti da una copertura di undici grandi petali (Tbilisi Public service hall, 201012) e sta ultimando un teatro e centro espositivo nel noto Rhike Park di Tbilisi. Un’importante infrastruttura è il Kutaisi International Airport (2011) di UNStudio nella seconda città della Georgia.
Si segnala inoltre un interessante studio di giovani architetti locali, Architects of invention, che ha realizzato numerosi interventi in G. sia alla piccola sia alla grande scala. Alle nuove costruzioni che appartengono a quell’aspirazione comune alle nazioni in crescita di dotarsi di strutture e ammiccanti linguaggi architettonici contemporanei, si affianca, in particolar modo a Tbilisi e a Sighnaghi, un intenso e a volte disinvolto lavoro di recupero del patrimonio edilizio; talvolta questi interventi, come nel caso del restauro del castello e del tessuto urbano di Akhaltsikhe, hanno raggiunto livelli parossistici conferendo, in particolar modo alla fortezza, un’impronta disneyana.
Bibliografia: L. Spita, Tbilisi. La rinascita e la perdita, «Abitare la Terra», 2013, 12, pp. 34-39. Si veda inoltre: http://dfwatch.net/protesting-the-destruction-of-an-old-square-intbilisi-97762 (19 maggio 2015).
Cinema di Carlo S. Hintermann. – La cinematografia georgiana con il suo corpus di registi e opere ha rappresentato sin dalle sue origini una via originale rispetto al contemporaneo cinema sovietico. Tra i pionieri di questa tradizione va annoverato Nikolai Šengelaja (1901-1943) con il suo capolavoro Eliso (1928), capace di raccontare il popolo caucasico fornendo un imprescindibile affresco identitario, e i suoi figli Georgij (n. 1937) ed El′dar Šengelaja (n. 1933), nonché Tengiz Abuladze (1924-1994) che diede vita a un cinema in dialogo con il Neorealismo italiano: i suoi film Lurdža Magdany (1956, L’asino di Magdana) e Drevo želanija (1977; L’albero dei desideri) sono esempi imprescindibili.
All’interno di questo panorama il regista che più di chiunque altro ha saputo cantare la G. al di fuori dei suoi confini è Otar Ioseliani (n. 1934) che ha dato vita a un cinema originale in classici come Aprili (1961, Aprile) e Ikho šašvi mgalobeli (1972; C’era una volta un merlo canterino) per poi innervarsi nel solco europeo con le opere francesi, di cui fanno parte Les favoris de la lune (1984; I favoriti della luna) e La chasse aux papillons (1992; Caccia alle farfalle).
Precursore delle spinte più innovative del cinema georgiano degli ultimi anni è stato Dito Tsintsadze (n. 1957). I suoi film tedeschi Lost Killers (2000), Der Mann von der Botschaft (2006) e Mediator (2008) con il loro tono sarcastico hanno influenzato gli autori più giovani. La nascita di una nouvelle vague georgiana è avvenuta però con Gagmanapiri (noto con il titolo The other bank) di Georgi Ovashvili (n. 1963), presentato al Festival di Berlino nel 2009. La guerra nella contesa regione dell’Abkhasia vista attraverso gli occhi strabici del bambino protagonista diviene il simbolo di una generazione pronta a confrontarsi con il suo recente passato. Qualche anno più tardi Grzeli nateli dgeebi (2013, noto con il titolo In bloom), diretto dalla regista georgiana Nana Ekvtimishvili e dal tedesco Simon Gross, ha pro seguito questa indagine. Protagonista è una ragazza adolescente nel mezzo della guerra civile dei primi anni Novanta. La stessa carica riflessiva, ma orientata al presente, è stata riconosciuta al documentario Manqana, romelic kvelafers gaaqrobs (2012, noto con il titolo The machines which makes everything disappear) di Tinatin Gurchiani, premiato per la miglior regia al Sundance film festival nel 2013. Anche Gaigimet (2012, noto con il titolo Keep smiling) di Rusudan Chkonia e Chemi sabnis naketsi (2013, noto con il titolo A fold in a blanket) di Zaza Rusadze hanno mostrato un altro spaccato della G. contemporanea, dove l’aspirazione a una condizione migliore si scontra con la disillusione. Fulcro della rinascita del cinema georgiano è stato il Centro nazionale di cinematografia che ha promosso l’autobiografico Chantrapas (2010) di Ioseliani e ha invitato l’iraniano Mohsen Makmalbaaf a girare in G. The president (2014), un’intensa parabola sul potere.
Bibliografia: Addio terraferma. Ioseliani secondo Ioseliani, a cura di L. Barcaroli, C. Hintermann, D. Villa, Milano 1999; N. Janelidze, Tengiz Abuladze. Anareklebi (Tengiz Abuladze. Riflessi), Tbilisi 2014; N. Natroshvili, Eldar Shengelaia. Matqmevinet oriod sitkva (Eldar Shengelaia. Fatemi dire due parole), Tbilisi 2014; L. Ochiauri, Z. Dolidze, I. Demetradze, The power of Georgian women filmmakers, Busan 2014.