INTRINSECA, GEOMETRIA (ted. natürliche Geometrie)
Data nel piano una qualsiasi curva C, risulta definito in ogni suo punto P (esclusi eventuali punti singolari) il raggio di curvatura r (v. curvatura; curve), il quale generalmente varia da punto a punto. Perciò, ove si consideri l'ascissa curvilinea s del generico punto P di C (cioè la lunghezza, con segno, dell'arco di curva OP, misurato a partire da un prefissato punto O di C e rispetto a un dato verso, assunto come positivo), il raggio di curvatura r è una ben determinata funzione di s. In altre parole, sussiste, lungo la data curva, fra r ed s una certa equazione
Viceversa, se si suppone data la (1) e nel piano si prefissa un qualsiasi sistema di coordinate, p. es., cartesiane ortogonali (v. coordinate), si dimostra che esistono infinite curve soddisfacenti alla (1); e queste sono precisamente tutte (e sole) le curve uguali alla C, cioè sovrapponibili a essa per mezzo di un conveniente movimento rigido del piano su sé stesso. In altre parole la (1) definisce la data curva C, a meno della sua posizione rispetto agli assi adottati. Perciò la (1) si chiama l'equazione (differenziale) intrinseca della curva C.
Similmente, se C è una qualsiasi curva sghemba, il raggio di flessione r e il raggio di torsione variano in generale, su essa, da punto a punto, sicché risultano ciascuno una ben determinata funzione dell'ascissa curvilinea s del punto considerato; cioè, valgono, lungo la curva, certe due equazioni
e, viceversa, si dimostra che, quando si riferisca lo spazio a un qualsiasi sistema di coordinate, p. es., cartesiane ortogonali, le (2) individuano la data curva C, a meno della sua posizione rispetto agli assi adottati. Perciò esse si chiamano le equazioni (differenziali) intrinseche della curva sghemba data.
Parlando in generale e considerando un ente geometrico qualsiasi, se ne dice intrinseca ogni proprietà, che gli competa in sé stesso, indipendentemente dal riferimento e dai procedimenti che si adottano per rappresentarlo e studiarlo.
In realtà ogni indagine geometrica mira, come a suo fine ultimo, alle proprietà intrinseche degli enti considerati, cosicché si può dire che tutta la geometria è, in un certo senso, intrinseca. Ma ogni qual volta si adottano i metodi analitici classici, si è costretti a fissare inizialmente un particolare sistema di coordinate, e solo in un secondo tempo si riesce, talvolta faticosamente, a svincolare i risultati da codesto riferimento speciale. Ben si comprende, quindi, come si sia cercato di escogitare metodi e algoritmi che conducano direttamente allo scopo, cioè siano essi stessi intrinseci; e, in sostanza, è da questa esigenza che hanno avuto origine, da H. Grassmann in poi, tutti quei metodi che si possono dire vettoriali in senso lato o tensoriali. Con speciale riguardo alla geometria differenziale, vanno qui ricordati il "metodo del triedro mobile" di G. Darboux e della sua scuola e, più generale e penetrante, il "calcolo differenziale assoluto" di G. Ricci (v. differenziale assoluto, calcolo), di cui la originaria astrattezza è stata eliminata da T. Levi-Civita con la scoperta del suo "parallelismo" (v. geometria, n. 41), che ne ha messo in luce la profonda natura geometrica. Fra l'uno e l'altro di questi algoritmi vanno collocati, per il loro eclettismo non meno che per ragioni di tempo, i metodi elementari e singolarmente eleganti di E. Cesàro, che ha dato una trattazione sistematica della geometria intrinseca delle curve piane e sghembe, con larghi accenni al caso delle superficie e delle varietà a più dimensioni; mentre al calcolo differenziale assoluto va riattaccato il metodo delle "omografie vettoriali" (v. vettore).
La natura dei problemi e dei metodi intrinseci risulta chiarita se, in relazione con le vedute di F. Klein (v. geometria, n. 31), si adotta il punto di vista gruppale. Riferendoci, per fissare le idee, alla geometria intrinseca delle curve dello spazio, osserviamo che i cambiamenti di coordinate cartesiane ortogonali costituiscono nel loro insieme un gruppo continuo ∞6, interpretabile come gruppo dei movimenti rigidi dello spazio; e, rispetto a questo gruppo di trasformazioni (ove si escludano le curve immaginarie di lunghezza nulla), i due raggi r e ρ di flessione e torsione, considerati come funzioni dell'ascissa curvilinea s, costituiscono per le curve gl'invarianti (differenziali) fondamentali, nel senso che ogni altro invariante (differenziale) è esprimibile in termini di r, ρ e delle loro derivate rispetto a s, fino a un conveniente ordine (v. gruppo, n. 22); onde risulta ben chiaro come tutte le proprietà intrinseche delle curve, rispetto al gruppo dei movimenti, dipendano da r, ρ e dalle loro derivate rapporto a s. Questo aspetto gruppale del problema ne suggerisce l'estensione al caso in cui si assuma come fondamentale, al posto del gruppo dei movimenti, un altro gruppo continuo qualsiasi. G. Pick ha esteso in questo senso le vedute e i metodi del Cesàro, stabilendo i principî della geometria intrinseca di un qualsiasi gruppo continuo finito di trasfomiazioni del piano o dello spazio, subordinatamente a certe condizioni essenziali, che, nel caso di un gruppo piano ∞r, si riducono alla transitività del gruppo, considerato operante sull'insieme ∞r degli elementi di contatto di ordine r - 2; e gl'interessanti sviluppi del Pick e di alcuni suoi discepoli sono stati rielaborati sistematicamente da G. Kowalewski. Ma la più vasta generalizzazione si deve a E. Cartan, il quale ha mostrato che la sua teoria generale della struttura dei gruppi finiti s' identifica con un "metodo del riferimento variabile", che, già prima abbozzato in forma pressoché identica da E. Cotton, ha poi trovato, per opera dello stesso Cartan, le più svariate e brillanti applicazioni in geniali estensioni dei classici problemi di deformazione e di applicabilità, e nella geometria intrinseca delle varietà immerse in quegli spazî generalizzati, che egli ha chiamato non olonomi (v. Geometria, n. 43).
Bibl.: E. Cesàro, Lezioni di geometria intrinseca, Napoli 1896 (trad. ted. di G. Kowalewski, sotto il titolo Vorles. über natürliche Geometrie, Lipsia 1901); G. Darboux, Leçons sur la théorie générale des sursfaces, ecc., I, 2ª ed., Parigi 1914; T. Levi-Civita, Lezioni di calcolo differenziale assoluto, racc. e comp. da E. Persico, Roma 1925; G. Kowalewski, Vorlesungen über allgemeine natürliche Geometrie und Liesche Transformationsgruppen, Berlino-Lipsia 1931; E. Cartan, La structure des groupes de tsransformations continus et la théorie du trièdre mobile, in Bull. des Sc. math., (2), XXXIV (1911), pp. 1-34; P. Burgatti, T. Boggio, C. Burali-Forti, Geometria differenziale, Bologna 1930.