geografia di genere
geografìa di gènere locuz. sost. f. – La geografia di genere (gender geography) è un settore di studi che propone una nuova prospettiva geografica, introducendo importanti cambiamenti teorici e metodologici, legati alla nozione di genere come categoria sociale e come espressione di relazioni di potere alla base di ogni costruzione e gestione dello spazio. Gli studi di genere in geografia hanno preso le mosse da considerazioni e domande concrete – perché alcuni mestieri sono prettamente svolti da donne? Perché i ruoli di responsabilità sono soprattutto ricoperti da uomini? Perché gli utenti dei mezzi pubblici sono in maggioranza donne? Perché alcuni spazi pubblici di notte diventano appannaggio esclusivo degli uomini? –, nella prospettiva di mostrare, come scriveva S. de Beauvoir in apertura di Le deuxième sexe (1949), che «non si nasce donna [o uomo]: lo si diventa», che le differenze tra uomini e donne sono il risultato di una costruzione sociale. Il concetto di genere appare in campo psicanalitico e sociologico tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta del 20° sec. negli Stati Uniti, quando le studiose femministe rivendicano l’inserimento delle ‘donne’ come soggetto e oggetto di ricerca scientifica. In effetti, la ricerca fino ad allora si declinava esclusivamente al maschile neutro ed emergeva quindi la necessità di considerare il sesso come una categoria sociale a tutti gli effetti e le donne come un gruppo sociale. Se l'accezione attuale di è stata messa a punto da una sociologa anglosassone (A. Oakley, 1972), gli studi di genere coinvolgono oggi tutte le scienze umane e sociali e progressivamente vanno oltre le analisi sulle donne, per abbracciare tutto il campo legato alla costruzione sociale delle differenze di comportamento e di posizione legate al sesso. In Europa, fin dalle prime ricerche (tendenza confermata nel gran numero di lavori prodotti negli anni attorno al passaggio del secolo), gli studi di genere rimettono in discussione l’ideologia naturalista o essenzialista della differenza tra sessi in base alla quale, benché ruoli e statuti attribuiti a donne e uomini varino da una società all’altra (e tra epoche diverse), alla sfera maschile è assegnato un valore superiore rispetto a quella femminile. Questo meccanismo di costruzione delle differenze, con la gerarchia che ne deriva, si manifesta in tutte le declinazioni spaziali (usi, percezioni, rappresentazioni, fruizioni e promozioni differenziate, discriminanti o addirittura esclusive di certi tipi di luogo) dell'insieme delle attività sociali (lavoro professionale e domestico, spostamento, formazione, tempo libero, ecc.); e ciò fin dalla primissima fase di socializzazione e di spazializzazione delle bambine e dei bambini e per tutta la vita degli attori sociali. Il genere, lungi dall'essere un attributo o una variabile, è oggi inteso come un nuovo paradigma, un sistema dinamico che consente di pensare la variabilità di genere nel tempo e nello spazio come chiave per cogliere le relazioni di potere così, come le classi, le etnie, l’età e così via.