MONDAINI, Gennaro
– Nacque il 6 febbr. 1874 a Venezia, figlio di Fulvio, ferroviere, e di Felicita Piasentin. Dopo aver frequentato nella sua città il liceo Foscarini, si trasferì all’Istituto di studi superiori di Firenze.
Nella casa di Ernesta Bittanti, in via Lungo il Mugnone, ne conobbe il marito C. Battisti, e anche G. Salvemini e i fratelli Mondolfo; come loro diventò socialista, partecipando negli anni a seguire alla vita del partito.
Nel 1895 si licenziò con una tesi su Giovanni Fabbroni (1752-1822): contributo critico alla storia dell'economia politica in Toscana (Firenze 1897). Si laureò poi in storia moderna presso l'Istituto nel 1897, discutendo con P. Villari una tesi su La questione dei negri nella storia e nella società nordamericana, pubblicata l’anno dopo (Torino) con una prefazione di E. Morselli.
Il testo si inseriva nella polemica su diritto e razza avviata da A. Ghisleri nella rivista di sociologia Cuore e critica e poi ripresa in particolare da N. Colajanni, di cui il M. condivise le prese di posizione. Il «negro-problem» veniva trattato prima da un punto di vista storico, ricostruendo la vicenda economica della schiavitù (tema che in quella fase risentiva degli echi del dibattito sull’emigrazione italiana); e poi in ottica politica, negando (in contrasto con le idee del prefatore) l’inferiorità innata della razza negra e auspicandone invece l'integrazione «nell’agitarsi delle lotte moderne che di fronte alla solidarietà degli interessi, fanno dimenticare le diversità di razza e di colore» (p. 85).
Vinta una borsa di perfezionamento all’estero, fu a Lipsia e a Berlino (1897-98), dove seguì le lezioni di P. Barth, K.L. Lamprecht e K. Bücher; scelse poi come seminario quello di antropogeografia di F. Ratzel, ritenendo una «base storico-geografica la migliore per lo studio delle relazioni tra i vari popoli, lotta, emigrazioni, colonizzazione, per quel campo cioè in cui mi hanno condotto le mie idee e le mie letture». Dell'esperienza tedesca gli restò anche l'impressione «per l'amore di razza che domina in questo popolo» (Carteggio Villari, c. 427r).
Nell'ottobre 1898 fu supplente al ginnasio di Urbino; quindi insegnante al liceo di Potenza, dove conobbe G. Luzzatto; nell'ottobre 1900 tornò a Urbino, dove nel giugno 1902 si laureò in giurisprudenza.
In questa fase il M. collaborò con Villari al rinnovamento della Società Dante Alighieri, per i cui tipi pubblicò, nel 1902, il saggio I moti politici del ’48 e la setta dell’Unità italiana in Basilicata (Roma); e con Salvemini nella Federazione nazionale insegnanti scuola media (FNISM), di cui organizzò il II congresso nel 1903. Fu, inoltre, tra i principali collaboratori della Rivista italiana di sociologia; ma scrisse anche nella Rivista italiana di geografia e nell’Archivio storico italiano. Nel settembre 1901 si era sposato con la fiorentina Griselda Taruffi, con cui ebbe quattro figli: Gaetano, Mario, Giorgio e Guido.
Nel 1904 pubblicò il volume Le origini degli Stati Uniti d’America (Milano), in cui esaltava quella americana come «la più potente e la più stabile delle società nuove», «il maggior laboratorio sociale della nostra epoca», «una vera democrazia d’atleti», individuando nel periodo coloniale le basi delle conquiste successive; ma negava agli indiani d'America «qualsiasi importanza come fattore etnografico e politico sociale» (pp. 3, 157).
Nel luglio 1905 fu abilitato alla libera docenza in storia coloniale, che professò prima all’Università di Padova e poi, dall'aprile 1906, a Pavia, dove, dal 1907 al 1908, fu anche assessore all'Istruzione per il Partito socialista italiano (PSI). Nel 1906 fu tra i fondatori dell’Istituto coloniale Italiano; e dall’ottobre 1907 al 1910 diresse la Rivista coloniale. Partecipò anche al I congresso degli Italiani all'estero dell'ottobre 1908, concernente i problemi dell'immigrazione, e ricevendo per questo una dura reprimenda di G.M. Serrati al X congresso del PSI, svoltosi in quello stesso anno.
Nel novembre 1907 vinse il concorso per la cattedra di storia moderna e contemporanea e di storia del commercio presso l’Istituto superiore di studi commerciali, coloniali e attuariali, fondato a Roma l'anno precedente, dove fu a lungo titolare dell'insegnamento di storia degli istituti economici, poi, dopo la trasformazione in facoltà nel 1935, di storia economica (la summa dei suoi corsi si trova nella raccolta Moneta, credito, banche attraverso i secoli, Roma 1940 e poi 1942). Professò anche la libera docenza in storia coloniale presso la facoltà di giurisprudenza e poi in quella di scienze politiche.
Sempre presso l'Università di Roma, il 30 nov. 1911, svolse la prolusione su Politica coloniale e socialismo, pubblicata anche in volume (ibid.).
L'intervento del M. andava a inserirsi nel dibattito internazionale sul rapporto tra socialismo e nazione, che attraversava tutta l'Europa. Fin dalla giovane età egli si era mostrato refrattario alle posizioni più intransigenti; come aveva scritto a Villari già nel 1898: «Oggi in cui più viva che mai è la lotta per i gruppi umani riuniti in nazioni civili per assicurarsi il posto migliore nel banchetto della lotta internazionale, mi pare che anche il popolo italiano possa e debba stringersi in fascio per far sentire esso pure il suo peso e la sua influenza sul mondo. Le parrà molto strano questo linguaggio sulla bocca di un socialista, ma socialista non significa, come vuole la leggenda, sconoscenza della storia, rinuncia al presente, astrazione dal mondo moderno» (Carteggio Villari, c. 427r). Nella lezione romana il M. affiancava il movimento socialista e quello colonialista come «le due maggiori forze di rinnovamento e di espansione della società europea»; e si sforzava di dimostrarne la piena compatibilità. A sostegno di questa tesi, citava van Kol ed E. Bernstein, affermando che «i benefici dell'espansione coloniale valicano i confini angusti dell'interesse di classe per espandersi alla società intera» (p. 3). Evidente anche l'eco del revisionismo di I. Bonomi laddove il M. sosteneva che «il nemico non è il capitale, ma il capitalista» e che «il compito del proletariato non è ostacolare il sistema capitalista ma agguerrirsi per succedere ad esso» (p. 8).
Il M. aveva preso le difese di Bonomi nella polemica sul colonialismo, innescata dalla guerra in Libia, che caratterizzò il congresso straordinario del PSI a Modena nell’ottobre 1911. Nel 1912, dopo il congresso di Reggio Emilia, il M. seguì Bonomi nel Partito socialista riformista italiano (PSRI), intervenendo proprio sul tema coloniale al I congresso del nuovo gruppo (fu per questo attaccato da B. Mussolini nell’ Avanti! del 18 dic. 1912); quindi sul libero scambio al II, dell’aprile 1917. A Roma svolse, tra il 1912 e il 1913, il ruolo di assessore all’Istruzione nella giunta Nathan; e a lui si deve, tra l'altro, l’istituzione del patronato scolastico. Allo scoppio della guerra, sostenne pubblicamente la causa interventista.
In questo periodo il M. scrisse ne L'Unità di Salvemini, nella socialriformista Azione socialista, nella bonomiana Vie nuove, denunciando «la cristallizzazione dottrinaria del socialismo italiano» (Unità, 3, 1915, p. 611) e auspicando per il dopoguerra «una rifusione di tutte le sue energie materiali e morali» (Vie nuove, 20 marzo 1917, p. 2). Fu poi tra i fondatori della Nuova Rivista storica di C. Barbagallo, nella quale pubblicò diverse rassegne di storia economica.
Durante il conflitto, diresse con R. Dalla Volta la collana «Biblioteca coloniale» dell’editore Barbera, avviata proprio dal primo volume della sua Storia coloniale dell’epoca contemporanea, dedicato alla Colonizzazione inglese (Torino 1916), poi tradotto in francese nel 1920. Nella primavera 1918 appoggiò il progetto per una grande storia nazionale sostenuto dal Comitato per l’esame nazionale; dopo la fine del conflitto aderì alla famiglia italiana della Lega universale per la Società delle libere nazioni; avviò, inoltre, una collaborazione con La Voce dei popoli di U. Zanotti-Bianco, nella quale pubblicò Il problema coloniale nella guerra antigermanica e la pace mondiale (poi Roma 1918). Il secondo volume della Storia coloniale, sui colonialismi minori, non andò in porto, ma nel 1921 il M. pubblicò, nella «Biblioteca di studi sociali» di R. Mondolfo, la sintesi L’assetto coloniale del mondo dopo la guerra (Rocca San Casciano).
L'opera riconduceva il conflitto mondiale all'imperialismo coloniale germanico; ma criticava i trattati poiché, in contrasto con le ambizioni democratiche, si erano rivelati «una delle tante paci coloniali da Utrecht in poi, preparanti materie di nuove guerre più che sistemanti il mondo» (p. 87). Soprattutto rilevava i rischi connessi all'umiliazione coloniale della Germania: «Tra i tanti errori commessi a Versailles, dirà la storia se questo non sia stato forse il maggiore, l'aver carcerato nel cuore dell'Europa, sia pur meritatamente, il popolo che aveva rivelato nella storia degli ultimi 50 anni le maggiori forze di espansione mondiale, l'aver tolto ogni valvola estraeuropea a quella pericolosa caldaia» (p. 29).
Alla fine del conflitto il M. fu membro della Commissione governativa per il dopoguerra, sezione coloniale; e promotore dei corsi superiori coloniali per funzionari del ministero della Guerra. Critico, nell'ambito della sua collaborazione a L'Azione, nei confronti della riforma Gentile, firmò poi, nel 1924, il manifesto dell’Unione nazionale di G. Amendola; nel 1925 sottoscrisse anche il «Manifesto Croce». Tuttavia, pur criticando l’avventura fascista, non seppe coglierne appieno la reale portata (Un profilo dell’ultimo trentennio di vita politica italiana, in Nuova Rivista storica, VIII [1925], p. 238). Collaborò con Critica sociale fino al 1925; e, sulla scorta di A. Mortara, criticò i provvedimenti protezionisti del governo.
L'attività relativa allo specifico interesse del M. per il colonialismo fu ampia.
Tra il 1924 e il 1927 pubblicò i due volumi del Manuale di storia e legislazione coloniale del Regno d’Italia (Roma), nei quali si proponeva di «fissare qualcuno almeno degli attimi fuggenti della cinematografia legislativa del mondo coloniale»; essi gli valsero il premio nazionale dei Lincei e il riconoscimento internazionale come principale studioso del colonialismo italiano. Già membro, dal 1912, dell’Institut colonial international di Bruxelles (e collaboratore del Bullettin de colonisation comparée), nel 1930 il M. divenne socio corrispondente dell'Institut royal colonial belgique; e partecipò come relatore al congresso coloniale internazionale di Lisbona del 1933. Nel 1931 pubblicò, con A. Cabrini, un volume sull'Evoluzione del lavoro nelle colonie e la Società delle nazioni (Padova) in cui ribadiva la sua attenzione per i problemi della colonizzazione agricola e del credito coloniale. Nel 1932 divenne accademico dei Georgofili; nell'agosto 1934 fu nominato commendatore dell'Ordine della Stella d'Italia; e intervenne su Colonie e corporativismo (Rocca San Casciano 1934) al II convegno di studi coloniali di Napoli (dove l'anno successivo fu chiamato a tenere un corso all'Istituto universitario orientale).
I riconoscimenti pubblici favorirono un suo maggior allineamento al regime: nel novembre 1931 prestò il giuramento fascista per i docenti; nel luglio 1933 si iscrisse al Partito nazionale fascista (PNF) e nel 1934-35 fu membro della Commissione interministeriale per il lavoro nelle colonie, che elaborò gli ordinamenti sindacali libici. Il suo sostegno al fascismo si intensificò con la conquista dell’Impero.
L'8 maggio 1936 scriveva infatti a Mondolfo esaltando «il pieno fulgore delle mirabili gesta africane, cui naturalmente è in modo particolare sensibile il mio cuore di colonialista ultraconvinto che senza dominazione bianca è vano sperare il progresso civile del mondo negro».
Dal 1937 il M. fu incaricato di storia coloniale nella neonata Scuola di perfezionamento in studi coloniali; nello stesso anno intervenne al III convegno di studi coloniali di Firenze, insistendo sui privilegi della «razza dominante cioè per ciò stesso dirigente e civilizzatrice». Nel giugno 1939 fu relatore alla 24ª riunione dell'Institut colonial international, che si tenne a Roma. Scrisse anche per l'Enciclopedia Italiana.
Si ricordano: Storia dell'America anglosassone, in America (II, pp. 934-945); Storia, in Britannico, Impero (VII, pp. 893-902), Ordine politico amministrativo, in India (XIX, pp. 34 s.), Storia, in Sudafricana, Unione (XXXII, pp. 939-944); tutte di carattere essenzialmente informativo. Qualche concessione alla propaganda si registrava invece in La colonizzazione nell'epoca moderna e contemporanea, in Colonizzazione (X, pp. 838-847), in cui si può leggere: «Veniva così imponendosi come necessità quella politica della forza, cui il risveglio nazionale della metropoli – dopo l'eclissi degli spiriti succeduta allo sforzo eroico della guerra – schiudeva la via»; e dove si esaltava la nuova posizione coloniale dell'Italia, effetto «della grande vittoria conseguita in una guerra mondiale, nel clima ardente del fascismo e del suo grande creatore e animatore Benito Mussolini» (p. 847). Dello stesso tenore la voce Colonie e colonizzazione per il Dizionario di politica del PNF (I, p. 524); e quelle per il Nuovo Digesto italiano UTET, tra cui Colonie (vol. III) e Sfera d'influenza (vol. XII, p. I).
Di fronte alle leggi razziali del 1938, il M. si attivò per ottenere la «discriminazione» dell'amico Mondolfo, e poi per favorirne l'emigrazione. Continuò anche per tutti gli anni Trenta a collaborare con la Nuova Rivista storica, diretta, sotto pseudonimo, da Luzzatto. Nel 1941 ripubblicò presso l’Istituto per gli studi di politica internazionale La legislazione coloniale italiana nel suo sviluppo storico e nel suo stato attuale 1881-1940 (Milano 1941) .
Rispetto alla prima edizione (Roma 1924), si aggiungeva un capitolo sull’evoluzione del diritto coloniale sotto il regime fascista, in cui si esaltavano «la travolgente conquista dell’Etiopia», «la maturità del legislatore fascista» e soprattutto «la nuova e più vasta costruzione coloniale imperiale di tipo composto» (p. 42).
Nel maggio 1942 il M. intervenne a Pisa al convegno per lo studio dei problemi economici dell'ordine nuovo e curò il fascicolo Gli italiani nel mondo della rivista L'Italia d'Oltremare. Dopo l’8 sett. 1943 riparò nella campagna fiorentina a Pelago. Alla ripresa delle lezioni, nella primavera 1944, chiese e ottenne un congedo; fu poi collocato a riposo per motivi di anzianità il 1° nov. 1944, salvo essere poi riammesso in servizio in via eccezionale su sollecitazione del preside di facoltà V. Angeloni. Deferito d'ufficio alla commissione di epurazione il 30 novembre, fu scagionato il 1° marzo 1945. Intervenne in diverse sedi per perorare la causa coloniale anche nel nuovo contesto postbellico.
Nel gennaio 1946 svolse una relazione sulla «politica indigena» al convegno coloniale di Firenze. Nel 1948 pubblicò nella Rivista di politica economica il saggio Ricostruzione europea e problema coloniale (XXXVII, pp. 110-120). Negli Studi in onore di Gino Luzzatto (Milano 1950, IV) uscì postumo un suo testo sul Carattere tipicamente economico della storia coloniale, in cui si ribadiva la concezione della storia coloniale come «storia economica prima dell'istituzionalizzazione della storia economica».
Nel 1947 inaugurò la collana «Studi storici per la Costituente», diretta da C.M. Ghisalberti presso Sansoni, con il saggio La Costituente e la Costituzione americana del 1787 (Firenze); dove riprendeva gli studi americanistici. Il suo testamento di studioso si può considerare il saggio La storiografia nell’esperienza semisecolare di un docente (Nuova Rivista storica, XXXI [1947], pp. 215-257).
Qui, riecheggiando gli scritti giovanili, il M. si impegnava in una ambiziosa definizione della storia e delle sue funzioni; ed esprimeva la propria preferenza per una concezione «realistica, integrale, deterministica» della disciplina, che trovava la propria concretizzazione nella storia economica (p. 257).
Il M. morì a Roma il 2 febbr. 1948.
Fonti e Bibl.: Necr. in: Nuova Rivista storica, XXXII (1948), 1-3, p. 164 (G. Luzzatto); Rassegna storica del Risorgimento, XXXIV (1948), 2-4, p. 260 (D. Demarco); Rivista italiana di ragioneria, XL (1948), 1, p. 81 (F. Melis); Annuario della facoltà di economia dell’Università di Roma, 1949-50, p. 157 (R. Bachi). Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale istruzione universitaria, Divisione prima, Fascicoli personali dei professori ordinari, b. 322; Ibid., Roma, Università degli Studi La Sapienza, Archivio storico, Fascicoli personali b. 509. Lettere del M. sono conservate in: Biblioteca apost. Vaticana, Carteggi P. Villari, b. 33; Firenze, Archivio della Fondazione Turati, Fondo R. Mondolfo, Epistolario, b. 5; Venezia, Biblioteca di economia - Università Ca' Foscari, Fondo G. Luzzatto, bb.vii e vii bis; F. Manzotti, Il socialismo riformista in Italia, Firenze 1965, p. 40; A. Casali, Storici italiani tra le due guerre, Napoli 1980, p. 82; G. Monina, Il consenso coloniale, Roma 2002, p. 187; Chi è, 1931; 1935; 1940, sub voces; Enciclopedia Italiana, App. II, II, p. 341.