D'ANDREA, Gennaro
Nacque a Napoli da Diego (fratello di Onofrio), discendente da una nobile famiglia di origine francese, stabilitasi nel Napoletano nel XIII sec., e da Lucrezia Coppola, nobile del seggio di Montagna, il 31 ag. 1637.
Fu avviato ai primi studi dal padre, avvocato, e dal fratello Francesco ed in seguito intraprese studi umanistici e filosofici presso i gesuiti, studi giuridici presso Giuseppe Cavalieri (poi presso Giambattista Cacace) e studi scientifici presso Tommaso Cornelio. Fu eletto principe dell'Accademia legale de' regi studi, istituita da Giovanni Salamanca (in seguito passò a quella degli Oziosi) e a soli diciassette anni si laureò in giurisprudenza. Intraprese l'attività forense, ma ben presto fu trasferito dal viceré, conte di Peñeranda, all'auditorato di Cosenza e in seguito fu nominato fiscale a Salerno. Fece parte, insieme al fratello Francesco, al Porzio, al Borelli, al Caramuel, dell'Accademia degli Investiganti - formalmente istituita nel 1663 sul modello della Royal Society e dell'Accademia del Cimento - in cui la tradizione dello sperimentalismo (da Della Porta a Stelliola) riviveva attraverso l'opera di Tommaso Cornelio e Leonardo di Capua, artefici del rinnovamento culturale e della diffusione a Napoli del pensiero di Galilei, Gassendi e Cartesio.
È probabilmente del D. la lettera ("Il Volubile Accademico Investigante al lettore") premessa al volume di Leonardo di Capua Lezioni intorno alla natura delle mofete (Napoli 1683), in cui si traccia la storia della nascita dell'Accademia degli Investiganti mettendo in luce l'opera di Tommaso Cornelio e di Leonardo di Capua "...che osarono portare il primo lume co'l quale cominciarono a rischiararsi le tenebre ed a discernersi il vero dal falso, il corpo dall'ombra".
La possibilità per il ceto forense di ricoprire importanti cariche pubbliche, già notevole negli anni del viceregno di Pietro Antonio d'Aragona, aumentò dopo il 1672 con il nuovo viceré marchese d'Astorga: in particolare aumentarono le possibilità di carriera per il gruppo, di cui faceva parte il D., costituitosi intorno a Carlo Calà (presidente della Sommaria e parente del viceré) e all'Ulloa. Il D. infatti, già tornato a Napoli come avvocato dei poveri, intorno al 1677 diventò fiscale della Vicaria, nel gennaio 1681 fu nominato consigliere del Sacro Real Consiglio e in seguito consigliere nel Consiglio di S. Chiara.
In una epistola introduttiva - datata Napoli, 2 genn. 1673 - scritta per l'opera di Gerolamo Calà De restitutione irt integrumminoribus aliisque privilegiatis personisquandoque deneganda (Napoli 1673) e diretta a Carlo Calà, fratello di Gerolamo, il D. compone l'elogio dell'intera famiglia Calà, che si è distinta nelle arti e nella giurisprudenza, ma soprattutto esalta le capacità dimostrate da Carlo Calà nell'esercizio delle sue funzioni. Come fiscale della Vicaria scrisse l'epistola premessa al volume Opera legalia posthuma D. Marcelli Marciani (Napoli 1680) in cui esalta l'erudizione, l'ingegno e l'eleganza dello stile del Marciano.
Nel luglio 1686, durante il viceregno del marchese del Carpio - che continuava nella politica di appoggio al ceto dei "togati" allo scopo di sostenere quel potere regio che i tentativi autonomistici della nobiltà sembravano voler offuscare - fu nominato fiscale della Regia Camera della Sommaria (di cui fu in seguito presidente).
Il D. raccolse le Decisiones Regiae Camerae Sommariae, le Decisiones Sacri Regij Consilii Neapolitani, oltre a varie Allegationes (una sentenza emessa dal D. come delegato della Real Giurisdizione, durante il viceregno Medinaceli, è contenuta nel ms. Ferrajoli 550 della Biblioteca Apostolica Vaticana).Nel 1687 sposò Francesca Recco e, già capo di ruota nella Gran Corte dellaVicaria, nel gennaio 1689 venne nominato - grazie ad Andrea Iovene - fiscale della Giunta delle monete dal viceré di Santisteban. Nel dicembre dello stesso anno il D. fu nominato reggente del Consiglio d'Italia in Spagna e partì il 24 maggio 1690 accompagnato da Basilio Giannelli, personaggio di rilievo in quel processo agli "ateisti" che si protrasse per vari anni ed in cui anche il D. fu marginalmente coinvolto.
Il processo agli "ateisti" è stato in genere interpretato (da Giannone, Amabile, Galasso) come il tentativo della Curia romana di reagire alla diffusione dell'atomismo e del cartesianesimo colpendo attraverso i quattro maggiori imputati - De Cristofaro, Giannelli, Manuzzi e Belli - l'ambiente degli Investiganti che tali dottrine aveva contribuito a diffondere, riaffermando allo stesso tempo le ampie competenze del S. Uffizio a Napoli e contrastando le tendenze anticurialiste dei "togati". Gli avvenimenti che dettero avvio al processo vengono invece inquadrati da L. Osbat nell'ambito delle lotte tra le classi sociali. L'Osbat individua nel Manuzzi (che denunciò se stesso, il Giannelli, il Belli, il De Cristofaro e fece in seguito addirittura i nomi di Francesco D'Andrea e del D.) un agente del conte di Conversano Giulio Acquaviva, da tempo in contrasto con il potere vicereale. L'Acquaviva, tentando di coinvolgere in uno scandalo gli stessi consiglieri del viceré (tentativo fallito a causa della sua morte nel 1691), mirava in realtà a schiacciare il potere vicereale ed a riaffermare l'autorità dell'aristocrazia.
Il D. tornò dalla Spagna il 2 luglio 1695 per ricoprire subito la carica di reggente nel Consiglio collaterale e nel 1701, assieme al Biscardi, fece parte della Giunta degli inconfidenti (presieduta dall'Ulloa) istituita dal viceré duca di Medina Coeli nel clima di estrema incertezza creato dalla questione della successione di Spagna. Partecipò inoltre ai processi contro quegli esponenti dell'aristocrazia napoletana che avevano tentato l'insurrezione nel 1701 (congiura di Macchia).
Il D. fu socio dell'Accademia degli Spensierati di Rossano, che aveva accolto l'eredità degli Investiganti, e fece parte dell'Arcadia nella Colonia Sebezia - fondata a Napoli il 17 ag. 1703 da Biagio Maioli d'Avitabile - con il nome di Filermo Driodio. L'anziano D. era ancora reggente del Collaterale quando, nel 1707, il Regno di Napoli diventò dominio della casa d'Austria e non solo fu confermato nell'incarico, ma in seguito, nel 1709, fu nominato presidente della Giunta di inconfidenza che il Grimani aveva ripristinato (già nel 1707 il Martinitz aveva istituito una giunta di Stato, presieduta dal D., per colpire i sostenitori del vecchio regime). Alla fine del 1709 però, il Collaterale fu interamente ricostituito ed il D. fu sostituito con Gaetano Argento.
Morì il 17 maggio 1710.
Fonti e Bibl.: L. Nicodemo, Addizioni copiose alla "Biblioteca napoletana" del dottor Niccolò Toppi, Napoli 1683, pp. 162 s.; G. Gimma, Elogi accad. della società degli Spensierati di Rossano, I,Napoli 1703, pp. 159-167; I giuochi olimpici celebrati in Arcadia nell'Olimpiade DCXXII in lode degli arcadi defunti…, a cura di G. M. Crescimbeni, Roma 1710, pp. 39-41 (Terzo giuoco: Canzone di Agero Nonacride vicecustode della Colonia Sebetia, in morte di Filermo Driodio P. A. di detta Colonia); G. M. Crescimbeni, Notizie istoriche degli arcadi morti, I,Roma 1720, pp. 218-223 (la vita del D. è di Giuseppe Caputo); P. Giannone, Vita…, a cura di F. Nicolini, Napoli 1905, pp. 48 s.; D. Confuorto, Giornali di Napoli dal MDCLXXIX al MDCIC, a cura di F. Nicolini, I-II, Napoli 1930, ad Indicem; L.Amabile, Il Santo officio della Inquisizione in Napoli, II, Città di Castello 1829; C. Minieri Riccio, Notizie biografiche e bibliografiche degli scrittori napoletani fioriti nel secolo XVII, Milano 1875, p. 31; Id., Cenno storico delle Accademie fiorite nella città di Napoli, in Archivio storico per le prov. napol., IV (1879), pp. 387, 531; I. Carini, L'Arcadia dal 1690 al 1890, I, Roma 1891, pp. 497 s.; F. Nicolini, Uomini di spada, di chiesa, di toga, di studio ai tempi di Giambattista Vico, Milano 1942, ad Indicem; R. Colapietra, Vita pubblica e classi politiche del viceregno napoletano (1656-1734), Roma 1961, ad Indicem; M. H. Fisch, L'Accademia degli Investiganti, in De Homine, XXVII-XXVIII (1968), pp. 17-78; G. Galasso, Napoli nel viceregno spagnolo dal 1648 al 1696, in Storia di Napoli, VI,Napoli 1970, pp. 169 s., 313; Id., Napoli nel viceregno spagnolo 1696-1707, ibid., VII, Napoli 1972, pp. 185, 224; G. Ricuperati, Napoli e i vicerè austriaci 1707-1734, ibid., p. 356; L. Osbat, L'inquisizione a Napoli. Il processo agli ateisti 1688-1697, Roma 1974, ad Indicem.