GNOSTICHE, Gemme
Classe di gemme ellenistico-romane così denominate dagli archeologi per gli elementi dottrinari che sono stati riconosciuti nelle loro iscrizioni. Sono pietre che generalmente hanno misteriose rappresentazioni di carattere magico-sincretistico ed iscrizioni che, benché siano per la maggior parte in greco, assai spesso sono semplicemente scritte in lettere greche, mentre le parole sono strani nomi o oscure formule: frequentemente le lettere greche sono unite ad altri segni di carattere magico. Che queste pietre non siano sigilli, ma amuleti o talismani è poi ancora sottolineato dal fatto che le iscrizioni sono incise per essere lette direttamente, cioè non sono orientate a specchio, come dovrebbero essere se se ne dovesse leggere l'impronta; inoltre in tutto il gruppo si nota una chiara preferenza per determinate materie, scelte, più che per la loro bellezza e per il loro valore intrinseco, per il loro rapporto con la magia.
Più di un terzo delle gemme è di diaspro, rosso, bruno, giallo o verde: specialmente quel diaspro verde con macchie rosse detto eliotropia, o, talvolta, "pietra di sangue". Circa un altro terzo consiste di un minerale ferroso nero, l'ematite, detta anch'essa "pietrà di sangue" per la polvere di colore sanguigno che se ne ricava graffiandola (può generare confusione il fatto che talvolta vengano chiamati "pietre di sangue" anche il diaspro rosso e la corniola). L'ematite, mentre era una delle materie pregiate della glittica assiro-babilonese ed egiziana, non fu mai usata per altri tipi di pietre intagliate greco-romane, ed è perciò un elemento che unisce le gemme del gruppo "magico" all'antica tradizione orientale. Tranne poche eccezioni, in tutte queste gemme il disegno e la qualità artigiana sono piuttosto poveri. Queste gemme sono state molto ricercate nel Medioevo e particolarmente nel Rinascimento, donde un numero considerevole di copie e di falsi, non facilmente riconoscibili come tali. Divennero note con il nome di gemme Abraxas (v.) dalla parola abraxas, o, meglio, come appare negli originali, Abrasax, che vi appare iscritta in moltissimi casi e che dalla letteratura patristica apprendiamo aver avuto un ruolo rilevante nello gnosticismo della tarda antichità. Altri elementi gnostici che generazioni di studiosi ravvisarono, a torto o a ragione, nelle iscrizioni incise su queste pietre accreditarono il nome di "gemme gnostiche". Ma lo studio del numero sempre crescente di papiri magici tardo-antichi rinvenuti in Egitto ha dimostrato l'intimo rapporto tra questi intagli e le idee e le pratiche magiche dell'epoca, sinché recentemente è stato sostenuto che essi non hanno niente a che vedere con lo gnosticismo. Tuttavia, si può ancora assumere che - a parte il nome Abrasax un certo numero di queste gemme mostra distintamente indizi gnostici e che, dopotutto, la magia è una forma popolare di gnosis in senso più ampio: l'eresia dell'uomo qualunque. Comunque non vi è dubbio che queste pietre sono meno intese ad esprimere idee e convinzioni gnostiche quanto ad assicurare al loro portatore protezione, aiuto e salute. Soltanto per questo scopo, non per propaganda religiosa, esse furono prodotte in gran numero, specialmente in Egitto e in Siria, ma anche, probabilmente, in altre grandi città dell'Impero. Il quartiere ebraico di Alessandria deve avere avuto una parte principale, poiché sono chiaramente discernibili, gli uni accanto alle altre, elementi ebraici e concezioni ellenistiche, anzi più precisamente greco-egiziane. Così è assai frequente nelle iscrizioni il nome del dio ebraico, ma scritto Iaō, Sabaoth, come anche si trovano altre parole chiaramente semitiche, come Semesilam ("sole dell'universo") e Eulamo ("eternità") corrispondente al greco Aion), mentre Ablathanathalba, termine che si trova di frequente, ha probabilmente radici semitiche ed è una di quelle parole che possono essere indifferentemente lette da sinistra a destra e da destra a sinistra. Diverse altre simili palindromes letteralmente, "parole che corrono indietro" - erano popolari sia negli intagli in questione sia nelle formule dei papiri magici; tanto il tardo egiziano, quanto i dialetti aramaici possono avere contribuito alla loro formazione. Sembra che il potere magico attribuito a tali parole risiedesse soprattutto nel valore numerico che se ne ricavava addizionando tra loro le lettere greche (o ebraiche) che le compongono ciascuna presa secondo il suo valore numerale. Così sappiamo che Αβρασαξ (Α = 1, β = 2, ρ = 100, σ = 200, ξ = 6o) dà 365 cioè il numero dei giorni dell'anno, ed anche, secondo la speculazione gnostica, il numero dei cieli. Un'altra formula piuttosto lunga, di cui rimane oscuro il significato verbale - ammesso che ne abbia avuto uno - dà il numero 9999, e un papiro magico ci fa sapere che questo è il nome segreto del grande dio Sole. Infine sono assai frequenti le combinazioni delle sette vocali dell'affabeto greco (A, E, H, I, O, Y, Ω) in certo modo connesse ai sette pianeti che avevano parimenti un valore musicale, per cui potevano rappresentare temi musicali di grande potere magico. Tra le raffigurazioni, una delle più note è un guerriero anguipede come i giganti della mitologia greca, dalla testa di gallo - talora di leone -, armato di scudo (spesso con l'iscrizione Iaō). È stato interpretato come una divinità solare, ma sembra riferirsi all'idea di un Adamo primo uomo, un Adamo celestiale, una figura che ha un ruolo importante nel manicheismo e nella cabala. Ma non vi è dubbio che la religione solare - favorita dalle credenze astrologiche dell'epoca - ebbe la parte principale in questi intagli. Il dio Sole appare come Helios, talvolta nella figura più familiare greco-romana con il globo e la sferza, con o senza quadriga, talaltra come un Horus egiziano, dalla testa di falco o di leone, ma più spesso come il bimbo Harpokrates, seduto sul fiore di loto, spesso sulla barca solare, con un dito alla bocca. Lo accompagna il babbuino, adoratore del sole, che ricorre anche isolato come simbolo di quest'astro, così come lo scarabeo, il falco, il leone, lo sparviero o il serpente solare. Una raffigurazione popolarissima è quella del serpente con la testa di leone, eretto e con intorno al capo un nimbo raggiante, detto sugli intagli Chnoubis o Chnoumis, cioè identificato con il dio creatore Khnum della tarda mitologia egizia. Al confronto del dio solare, la dea lunare appare più raramente, e comunque più spesso come Iside che come Selene. La dea delle arti infernali, Ecate dalle tre facce e dalle sei braccia, naturalmente non manca, e la sua immagine è talvolta accompagnata dall'antico nome sumerico Ereshkigal. Come il suo contrapposto benigno, le Canti, e come il simbolo ambivalente della testa di Gorgone, può aver agito sia per spaventare sia per proteggere. Le raffigurazioni di Afrodite, di solito nell'atteggiamento dell'Anadyomène, intenta a strizzarsi i capelli, talvolta hanno alcuni aspetti dell'egiziana Hatḥōr. Inoltre incontriamo il dio ellenistico-egiziano Serapide (in taluni casi accompagnato da Cerbero, in quanto dominatore del mondo infero). Osiride, raffigurato come mummia reale, il suo servo Anubis dalla testa di sciacallo; il vecchio nano Bes e altri dèmoni e divinità della religione popolare tardo-egiziana, raffigurati con teste umane o animali o addirittura acefali e che non sempre è facile individuare. Questo vale anche per una figura assai comune di divinità panteistica, alata, solitamente rappresentata come un vecchio con la barba, spesso con altre teste di animali, oltre alla principale umana, con una coda di coccodrillo ed una di uccello e con vari attributi in ciascuna delle quattro mani. Possono avere contribuito alla formazione di questa rappresentazione qualche dio mesopotamico o l'egiziano Bes o il greco Kronos-Chronos della religione orfica, forse anche il persiano Zarvan Akarana. Di essa abbiamo i paralleli tra i monumenti del culto di Mithra, nelle immagini di divinità dette solitamente "Kronos mitraico". Forse sarebbe più esatto chiamarlo Aion (v.). Sotto i suoi piedi è rappresentato un serpente che si morde la coda e che così racchiude in un cerchio varî gruppi di animali. Questo serpente che si divora la coda, Ouroboros, simbolo dell'eternità che si autodistrugge e si autogenera, si ritrova in un grande numero di gemme g., in cui circonda varie iscrizioni o raffigurazioni.
Sembra che risalga a concezioni giudaico-cristiane la figura di un cavaliere che trafigge con la lancia un demonio di sesso femminile, talvolta con la iscrizione "Salomon". Infatti il re ebreo, mago per la leggenda, era considerato un prototipo di Cristo, e molti amuleti metallici dei primi tempi bizantini hanno questo simbolo, talvolta accompagnato da altri ben noti dalle gemme gnostiche. Anzi sembra che questi amuleti, di ottone o di piombo, appaiano in massa proprio nel momento in cui cessa la produzione delle gemme magiche, e questo cambiamento può essere con molta probabilità considerato in rapporto con la definitiva espulsione degli Ebrei da Alessandria (414 d. C.).
Siamo in grado di dire qualcosa di preciso circa gli scopi specifici di alcune di queste gemme. Ve ne sono alcune che assicurano al portatore la protezione e l'aiuto di qualche divinità e demone - spesso v'è inciso l'imperativo "proteggi" o "aiuta". Altre sono incantesimi d'amore, fatti allo scopo di ottenere l'affetto di una persona dell'opposto sesso (di solito ci sono i nomi dell'uno e dell'altra). Un gran numero ha intagli che difendono dai dolori di stomaco, come, ad esempio, nel caso delle raffigurazioni del serpente solare Chnoubis (sull'efficacia di questo genere di amuleti abbiamo persino la testimonianza di una autorità medica come Galeno, per quanto egli attribuisca le virtù mediche più alla materia della pietra che al disegno del serpente che vi è graffito). Altre gemme rappresentano l'uccello sacro Ibis, che, secondo le credenze popolari, non solo non beve, ma neanche avvicina acqua che sia inquinata o avvelenata; anche questa è una raffigurazione che si incontra spesso negli amuleti metallici.
Allo stesso scopo erano incise persino immagini di Salomone a cavallo che uccide il demonio o di Eracle che soffoca il leone, come dimostrano iscrizioni quali "digerisci!", o: "per lo stomaco", o anche: "digerisci, o stomaco". Così troviamo Ares come guardiano contro i mali di fegato: la maligna vescica biliare è minacciata e messa a posto dall'eroe Perseo, e la figura di un uomo curvo che miete era popolare per la sciatica e il male di reni. Si riteneva che una lucertola guarisse le affezioni degli occhi e l'immagine dello scorpione (preferibilmente incisa su diaspro giallo) doveva proteggere contro il veleno mortale di questo temuto animale. Numerosi intagli di ematite presentano una raffigurazione più o meno realistica dell' utero, spesso con applicata una chiave e circondato o sormontato da divinità protettrici delle gestanti. Il loro scopo era specialmente di prevenire gli aborti, ma essi dovevano difendere anche da altri malori attribuiti all'utero (hystera), il quale, secondo opinioni antiche, condurrebbe una specie di esistenza indipendente, sua particolare, entro il corpo, causando ogni sorta di mali in seguito a spostamenti. Su alcune gemme più tarde, si trova una diversa rappresentazione dell'utero, consistente in serpenti disposti a raggiera come in una testa di Gorgone, con una iscrizione che esorcizza l'utero, che, da quanto si legge, si comporta come certe bestie selvagge, e lo si esorta a tornare al suo posto e a giacere tranquillo "come un agnello". Come il motivo di Salomone, anche questo sopravvisse a lungo sugli amuleti di pietra e di metallo bizantini (e anche russi medievali). Nel caso degli amuleti con la Gorgone-Hystera, è comunque chiaro che è ritratto il male stesso, nella convinzione, così diffusa, che il possesso dell'immagine (o del nome reale) dia potere su qualunque demonio.
In altri casi non è facile stabilire se un'immagine o un nome designino il protettore invocato in aiuto o il male che si vuol tenere lontano. Vi sono però alcuni amuleti in cui un lato mostra il temuto nemico e l'altro il divino guardiano. Così l'immagine perniciosa dell'utero ha quasi sempre come contrapposto, nel verso delle pietre, il nome del suo "dominatore" Ororiouth (il termine può essere ebraico e significare "luce delle luci"), che talora è accompagnato dall'immagine dell'Uovo della Luce, che appare con fiamme o raggi. In alcune gemme siriache il demonio, una oscena figura di donna accosciata, è combinato, sull'altro lato dell'amuleto, con Eracle (una interpretatio Graeca dell'indigeno Melqart) che strangola il leone. Con l'andar del tempo questa tendenza divenne più definita e più diffusa con gli amuleti di metallo medievali già ricordati, allorché Salomone viene unito alla rappresentazione del malocchio e la Gorgone-Hystera è associata a un Arcangelo o alla Madonna.
Bibl.: L'opera che ha inaugurto gli studî sull'argomento è: J. Macarius (L'Heureux) - J. Chiflet, Abraxas seu Apistopistus ... acc. Abraxas Proteus..., Anversa 1657. Gli articoli Abrasax, in Herzog-Hauck, Realenzyklopaedie für protestantische Theologie u. Kirche, di W. Drexler (3. Aufl., I, 1896, pp. 113-118), e in Cabrol-Leclercq, Dictionn. Arch. Chrét., I, 1907, cc. 127-155, benché antiquati sotto molti aspetti, sono ancora utili per il materiale che presentano e per i molti riferimenti. L'opera fondamentale, che riassume tutte le ricerche precedenti, è ora: C. Bonner, Studies in Magical Amulets, Chiefly Graeco-Egyptian, Ann Arbor 1950, XXIV, 334 pp., con 25 tavole, al quale C. Bonner ha aggiunto due importanti articoli in Hesperia, XX, 1951, pp. 301-345, tavv. 96-100 e XXIII, 1954, pp. 138-157, tavv. 34-36. V. inoltre nuovo materiale in E. R. Goodenough, Jewish Symbols in the Greco-Roman Period, New York 1953 ss., vol. II, pp. 208-295 e vol. III (tavole), pp. XXXI-XXXV, figg. 1006-1209. Per altri contributi, v. A. A. Barb, Bois du sang, Tantale, in Syria, XXIX, 1952, pp. 271-284; id., Diva Matrix, in Journal of the Warburg a. Courtauld Institutes, XVI, 1953, pp. 193-238; id., Abraxas-Studien, in Hommage à W. Deonna, in Coll. Latomus, Bruxelles 1957, pp.67-86; G. Q. Giglioli, in Archeologia Classica, III, 1951, p. 199 ss.