RIGHETTI, Geltrude
RIGHETTI (Righetti Giorgi), Geltrude (Gertrude). – Nacque a Bologna il 26 dicembre 1789, figlia di Francesco e di Anna Gavaruzzi (Bologna, Archivio Generale Arcivescovile, Registri Battesimali della Cattedrale, vol. 242, p. 283); dunque si ringiovanì un poco quando affermò di avere 23 anni nel 1816 (G. Righetti Giorgi, Cenni di una donna già cantante..., 1823, p. 33).
Mancano notizie sui suoi studi musicali e canori: il suo nome non compare nei registri del locale liceo filarmonico (inaugurato nel 1804). Da adolescente conobbe e frequentò il quasi coetaneo Gioachino Rossini (pp. 12, 15). Debuttò nella primavera del 1811 al teatro dei Felicini di Bologna nell’Impegno superato, dramma giocoso di Domenico Cimarosa (come risulta dal libretto e da una recensione nel Redattore del Reno: parte letteraria e di amena lezione, 28 maggio 1811, n. 21, p. 82); a questa rappresentazione degli «Alunni di musica» partecipò anche la sorella Luigia: «Dal loro grado d’alunno è sperabile che fra non molto escano ancora le Giovani Cantanti Signore Gertrude e Luigia Righetti [...]. Soffra la bella voce di Gertrude che si dia a quella di Luigia il titolo d’incomparabile; questa bella Giovane discende fino all’Effaut basso [il Fa sotto il rigo] con chiarezza e senza sforzo». Dunque il critico bolognese preferì la sorella, che cantò una parte secondaria (Olimpia) e non entrò mai in carriera, a Gertrude, che pure cantò da primadonna (Leonilda). Nell’originale di Cimarosa (1795) Leonilda è soprano, Olimpia mezzosoprano: il rilievo sull’‘affondo’ di Luigia nel registro grave lascia presumere che i registri non mutarono nella ripresa bolognese. Se così fu, il futuro contralto Gertrude Righetti debuttò come soprano. Ma meno di due anni dopo, a casa Lambertini, si fece notare per «la bella sua voce di contralto e la sua chiara sillabazione», al fianco della già celebre Isabella Colbran, nella cantata Deucalione a tre voci e cori, musica di Francesco Sampieri (Giornale del Dipartimento del Reno: parte letteraria e di amena Lezione, 30 marzo 1813, n. 13, p. 50). In giugno cantò nel teatro del Corso nell’«azione drammatica» Antenore esposto al furore de’ Baccanti e liberato da Lastenia di Giuseppe Pilotti.
Nel 1814 il matrimonio con Luigi Giorgi (1768-1834) la indusse a lasciare la carriera teatrale. Vedovo dal 1812 della pianista Maria Brizzi, accademica filarmonica bolognese, costui era un fervente giacobino fin dal 1797; con la Restaurazione perse il posto di segretario generale della Congregazione di Carità di Bologna (fu poi anche avvocato di Rossini): la circostanza dovette forse indurlo ad accettare che la moglie tornasse sulle scene per il Carnevale 1816 al teatro Argentina di Roma. L’evento segna la biografia della cantante, prima Rosina nel Barbiere di Siviglia di Rossini (20 febbraio 1816). A raccomandarla all’impresario Francesco Sforza Cesarini di rincalzo a una primadonna ben più famosa, Elisabetta Gafforini, fu il compositore stesso, spalleggiato dai bolognesi coinvolti in quella avventurosa stagione, il buffo Luigi Zamboni (il primo Figaro) e il corrispondente teatrale Francesco Zappi.
A debutto avvenuto, Cesarini scrisse il 13 gennaio: «La donna è piaciuta più di quel che mi credevo, ed ha un’eccellentissima voce di contralto» (Lamacchia, 2008, p. 23). Rossini scrisse alla madre il 17 gennaio, dopo la prima dell’Italiana in Algeri, che aprì e dominò la stagione con 31 recite: «La Gertrude Canta e fa L’azione in’una maniera portentosa ed è Chiamata fuori a ricevere i comuni aplausi ad’ogni pezzo che ella Canta. Ieri sera volevano La Replica del Suo Rondò ma non essendo qui permesso il Replicare furono obligati di raddoppiar le guardie in Platea per impedire e far cessare il tumulto che era nato nei Spetatori» (G. Rossini, Lettere e documenti, a cura di B. Cagli - S. Ragni, 1992, p. 115). Le paghe dei cantanti, riferite all’intera stagione, confermano che la star fu il tenore Manuel García (1200 scudi), seguito da Zamboni (700), indi da Righetti Giorgi (500 più 150 per una serata di beneficio; Lamacchia, 2008, p. 24). Il 22 febbraio Rossini, riferendo alla madre l’esito disastroso della prima del Barbiere di Siviglia, aggiunse un’‘annotazione di servizio’ sintomatica della vicinanza con la famiglia Righetti: «Consegnerete [...] Dodici [scudi] al Padre della Geltrude tre alla Madre, e gl’altri tre alla Luigia» (G. Rossini, Lettere e documenti, a cura di B. Cagli - S. Cagli - S. Ragni, 2004, p. 119).
Nei mesi successivi Righetti cantò nelle prime riprese del Barbiere di Siviglia, al teatro Contavalli di Bologna in estate, alla Pergola di Firenze in autunno, dove l’ascoltò il compositore tedesco Louis Spohr, che ne diede un interessante ritratto.
«Tra gli interpreti si distingue la sola primadonna, Madame Giorgi. Ha una voce piena e potente di inusitata ampiezza (dal Fa sotto il rigo al Si sopra). La parte essendo per contralto, la cantante può far valere il suo registro acuto solo nelle fioriture; sebbene possieda forza sufficiente anche nei bassi, le si adatterebbe meglio una parte da ‘mezzosoprano’. Ha però, come quasi tutti i cantanti ascoltati finora in Italia, il difetto di fiorire troppo e non sfrutta come giova la sua splendida voce. Inoltre – la cosa si avverte molto chiaramente – non inventa niente, ha bisogno che tutto le venga scritto, sicché le sue colorature, ripetute tal quali sera per sera, diventano ben presto così stucchevoli da non poterle più ascoltare senza un certo fastidio. È stata in precedenza una semplice dilettante, e questo è soltanto il suo terzo teatro; eppure è già un’eccellente attrice» (Spohr, 1968, p. 278).
Queste due precoci riprese del Barbiere si segnalano per alcune notevoli varianti, dovute presumibilmente proprio a Righetti, poi spesso replicate nella tradizione dell’opera. A Bologna fu lei a cantare il rondò finale del Conte, Cessa di più resistere; a Firenze, stando al libretto, esso fu omesso. A Bologna l’‘aria della lezione’ (Contro un cor che accende Amore) fu sostituita con La mia pace, la mia calma (compositore ignoto); a Firenze con Perché non puoi calmar, attribuita a Stefano Pavesi (G. Rossini, Il barbiere di Siviglia, a cura di P.B. Brauner, 2008, pp. XLVII s., 527-535; Id., Il barbiere di Siviglia, a cura di A. Zedda, 2009, pp. XXXIII s., 851-914).
Righetti tornò a Roma già nella primavera del 1816, con Oro non compra amore di Giuseppe Caravita e Marcos António Portugal al teatro Valle. Nello stesso teatro partecipò al varo di un altro capolavoro, La Cenerentola (25 gennaio 1817): nel rondò della protagonista Rossini riutilizzò, evidentemente non a caso, il tempo conclusivo di Cessa di più resistere. Le attitudini istrioniche della cantante furono determinanti nella scelta stessa del soggetto, a detta di Jacopo Ferretti: «una delle forti ragioni che mi persuasero a scegliere quest’argomento fu appunto quell’aria d’ingenua bontà che forma uno de’ caratteri distinti della brava Madama Giorgi» (prefazione al libretto).
L’annotazione è tanto più interessante in quanto Righetti l’anno prima aveva creato con Rosina un personaggio dal temperamento opposto, non ingenua bensì forte e determinata: era evidentemente versata in entrambi i caratteri. Nei suoi Cenni di una donna già cantante sopra il maestro Rossini (1823) Righetti affermò poi che «Cenerentola non può essere cantata con pieno successo che da una persona che possieda un’estensione tutta uguale, agile e pieghevole di 18 corde. Chi non ebbe dalla natura questo dono non avvisi di cantare la parte di Cenerentola giusta la mente di Rossini» (p. 39). E in effetti l’estensione, che nel Barbiere di Siviglia va dal sol diesis grave al si acuto, qui parte dal fa grave.
Nella primavera del 1817 cantò nel teatro del Falcone di Genova, in un’altra ripresa del Barbiere, dove l’aria finale del Conte divenne un duetto tra il Conte e Rosina (un unicum, per quanto se ne sa). In una beneficiata si esibì in una cantata metateatrale, La cantatrice alla prova: «per fare conoscere l’estensione delle corde» si offrì «di cantare nel metodo di alcune delle più rinomate virtuose di musica, e facendo approssimativamente l’imitazione delle loro voci, nove differenti arie, e per ultimo, secondata dal primo buffo sig. Botticelli, un duetto del maestro Rossini in dialetto veneziano» (La vita musicale, 1979, p. 243, 27 giugno 1817; cfr. Fabbri, 2001, pp. 113 s.).
Vanno infine segnalate le poche incursioni nel genere serio: Desdemona nell’Otello di Rossini (Siena, teatro degli Accademici Rinnovati, estate 1817) e Donna Caritea regina di Spagna, dramma serio per musica, da diversi autori (Genova, teatro di S. Agostino, Carnevale 1818: da quanto ne sappiamo, qui cantò per la prima volta in una parte en travesti, Don Diego). Nella primavera 1818 fu Zerlina nel Don Giovanni di Mozart alla Pergola di Firenze. Nel Carnevale 1819 cantò a Venezia nel teatro S. Benedetto, nei Pitocchi fortunati di Pavesi, libretto di Giuseppe Maria Foppa, e ancora nell’Italiana in Algeri. Problemi di salute diradarono le sue comparse: del tutto assente nel 1820-21, tornò al Comunale di Bologna nel Carnevale 1822, con L’italiana in Algeri e il Ser Marcantonio di Pavesi. L’anno dopo si definì «già cantante» nel lungo titolo del suo opuscolo (Cenni).
Nulla si sa dei successivi quarant’anni della sua vita, se non che si occupò della figlia Anna e del figliastro Eugenio.
Morì a Bologna il 24 aprile 1862 (Teatri, arti e letteratura, XL, 1° maggio 1862, n. 1883, t. 76, p. 32).
Nel 1823 Righetti pubblicò un’opera significativa, Cenni di una donna già cantante sopra il maestro Rossini. È un’appassionata apologia di Rossini, che rintuzza un articolo pubblicato da Stendhal (con lo pseudonimo di Alceste) in The Paris Monthly Review of British and Continental literature, I, gennaio 1822, pp. 90-105 (Righetti vide la traduzione, un po’ raccorciata e censurata, apparsa nell’Appendice critico-letteraria al n. 152 della Gazzetta di Milano, 1° giugno 1822, pp. 859-862). Difendendo la musica di Rossini, e confutando le tante invenzioni e falsità, la cantante difende un po’ anche se stessa dalle insolenze stendhaliane. Che una donna s’impegnasse in una tal polemica era cosa insolita, e l’autrice ne era consapevole: «In Italia una donna che componga pel pubblico, è cosa strana. Mi renderò io adunque coraggiosa nel silenzio di tutte, e parlerò di cose sulle quali tutte le italiane Donne s’interesseranno: voglio dire di Rossini, e della sua Musica» (p. 3). Oggi i Cenni importano soprattutto come documento rossiniano, in particolare per comprendere la genesi e la prima del Barbiere di Siviglia: Righetti sostiene, tra l’altro, che l’opera fu pensata con il Conte d’Almaviva gran protagonista («Il poeta Ferretti fu incaricato di comporre un libro pel Teatro Argentina, la cui parte principale fosse pel tenore Garzìa», p. 30); e che «Rossini non scrisse a Paesiello, come si suppone, avendo in mente che uno stesso argomento possa essere trattato con successo da diversi artisti» (p. 31).
Fonti e Bibl.: [G. Righetti Giorgi], Cenni di una donna già cantante sopra il maestro Rossini, in risposta a ciò che ne scrisse nella state dell’anno 1822 il giornalista inglese in Parigi e fu riportato in una gazzetta di Milano dello stesso anno, Bologna 1823; O. Trebbi, Una cantante bolognese amica di Gioacchino Rossini, in La Strenna delle Colonie scolastiche bolognesi, XXX (1927), pp. 81-97; L. Spohr, Lebenserinnerungen, a cura di F. Göthel, I, Tutzing 1968, p. 278; La vita musicale europea del 1800. Archivio musicale genovese, a cura di L. Gamberini, I, Genova 1979, ad ind.; G. Appolonia, Le voci di Rossini, Torino 1992, pp. 195-201; G. Rossini, Lettere e documenti, a cura di B. Cagli - S. Ragni, I e IIIa, Pesaro 1992 e 2004, ad ind.; J. Ferretti, Alcune pagine della mia vita. Delle vicende della poesia melodrammatica in Roma. Memoria seconda, a cura di F.P. Russo, in Recercare, VIII (1996), pp. 157-194; G. Rossini, La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo, a cura di A. Zedda, Pesaro 1998; M. Tosti-Croce, Rossini nelle “Lebenserinnerungen” di Spohr, in Bollettino del Centro rossiniano di studi, XXXVIII (1998), pp. 77-79; P. Fabbri, Una ‘compilation’ per la Righetti Giorgi: sulla fortuna di “Ginevra di Scozia”, con un inedito rossiniano, in Attorno al palcoscenico. La musica a Trieste fra Sette e Ottocento e l’inaugurazione del Teatro Nuovo (1810), a cura di M. Girardi - P. Da Col, Sala Bolognese 2001, pp. 95-123; S. Lamacchia, Il vero Figaro o sia il falso factotum. Riesame del “Barbiere” di Rossini, Torino 2008, ad ind.; G. Rossini, Il barbiere di Siviglia, ed. critica a cura di P.B. Brauner, Kassel 2008; Id., Il barbiere di Siviglia, ed. critica a cura di A. Zedda, Milano-Pesaro 2009; M.C. Mazzi - L. Rabiti, I Giorgi, una famiglia “rossiniana”, in Bollettino del Centro rossiniano di studi, LII (2012), pp. 5-27.