DONNINI, Gaspare
Figlio "del capitano Donnini della fortezza del Bel Vedere" a Firenze, fu attivo - fino al 1737 - insieme con F. Ghinghi nella Real Galleria dei lavori e pietre dure di Firenze come "ebanista per fare stipi, cornici e piedistalli per le tavole" (Gonzáles Palacios, Un'autobiografia..., 1977, p. 278). Con il fratello Gaetano e un Francesco Donnini (di cui non conosciamo i rapporti di parentela), apparteneva a una famiglia di ebanisti fiorentini attivi nella scuola fiorentina della Galleria granducale, dove, su uno stile improntato da G. B. Foggini, si realizzavano splendidi mobili in legno, con parti ornamentali in bronzo dorato e pietre dure, rispondenti al gusto fastoso ed un po' antiquato dell'ultimo periodo dei Medici (Gonzáles Palacios, 1980, pp. 182, 189; Id., 1981).
Chiamato a Napoli, insieme col Ghinghi e con altri artisti fiorentini, da Carlo di Borbone il 1ºgenn. 1738, lavorò sempre come ebanista alle dipendenze del Ghinghi nel Real Laboratorio delle pietre dure, fondato dallo stesso Carlo di Borbone nel 1737. Il 26 apr. 1755 veniva pagato dal Ghinghi, insieme con Francesco Donnini, per "libre 118 di calcedonio di Volterra" e "libre 24 di agata rossa" per il Real Laboratorio (Strazzullo, 1982, p. 78). Egli si occupò dell'esecuzione delle parti lignee dei mobili con piani "di commesso", come i sostegni in ebano dei tavoli oggi nel Museo del Prado di Madrid. In un documento del 15 marzo 1762, infatti, è riportato che il D. "sta terminando la cornice in ebano che va in adorno alla d.a tavola di già terminata" (Gonzáles Palacios, 1980, p. 182): si tratta del tavolo, eseguito nel Real Laboratorio e terminato nel 1763, attualmente conservato al Museo del Prado, che fa pendant con un tavolo realizzato tra il 1749 ed il 1753 e portato da Carlo di Borbone in Spagna.
Il tavolo, in via di completamento nel 1762, è costituito da un piano in commesso di-pietre dure su un fondo di paragone, con un sostegno impiallicciato d'ebano e varie parti ornamentali in bronzo dorato e lapislazzuli. Queste ultime sono costituite da teste raffiguranti le quattro stagioni, realizzate secondo un gusto pompelano, cui rispondono anche i sostegni del tavolo, con zampe caprine.
Il 26 sett. 1762 il D., con Giuseppe Carli ed il gioielliere Michele Lograno, veniva incaricato da M. Imperiali principe di Francavilla di vedere "qualche tabacchiera di Francia all'ultima moda di buongusto" e di riprodurla (Spinosa, 1979, p. 328). Nello stesso anno forniva la cornice in ebano per una tavola in legno di F. Bichi (Gonzáles Palacios, 1979, pp. 81, 118).
Nel 1762, dopo la scomparsa del Ghinghi, il D. divenne direttore del Real Laboratorio delle pietre dure, ricoprendo sino al 1780 mansioni amministrative e di controllo del lavoro anche per le accademie del disegno e del nudo, dirette dal pittore Giuseppe Bonito (Spinosa, 1979, p. 349): egli doveva assicurarsi della presenza quotidiana dei "professori" e degli impiegati nel Laboratorio, assegnare "i lavori di pietre", distribuire i materiali necessari, che doveva provvedere a ordinare, amministrare e controllare, soprattutto nel caso di sostanze di pregio, eseguire i propri lavori, stendere il rapporto mensile sulle opere realizzate. Queste funzioni del D. prevedevano anche la gestione del denaro necessario per il Laboratorio e i pagamenti degli artisti.
Il lavoro più importante del Real Laboratorio di questi anni è il tabernacolo disegnato da Luigi Vanvitelli nel 1753 per la cappella della reggia di Caserta (i resti sono conservati nel Museo di S. Martino a Napoli), al quale il D. lavorò nel 1761 (ibid., 1979, p. 328). In generale, nella produzione del Laboratorio prosegui il gusto fastoso tardobarocco che aveva avuto inizio sotto la direzione del Ghinghi. Vennero realizzati una "schifetta", simile ad una precedentemente costruita per la regina Maria Amalia, e Giovanni Mugnai eseguì un ("cammeo ovale in bassorilievo" con il ritratto di re Carlo ora III di Spagna; il D. raccomandò inoltre che lo stesso Mugnai facesse il disegno di una tavola, pendant di un'altra realizzata da Gennaro Cappella (Gonzáles Palacios, The Laboratorio..., 1977, p. 120).
Dai documenti si ha notizia di molte opere eseguite dal 1767 al 1769 e ancora nel 1776, 1778, 1780 (ibid., p. 120; Spinosa, 1979, pp. 85, 311, 331).
Nel 1780 vengono ricordati anche un orologio ed un sostegno in legno pietrificato, eseguiti nel Laboratorio. Nello stesso anno il D. morì, presumibilmente a Napoli. Il 21 nov. 1786 il re assegnò a Maria Donnini, orfana del D., una somma mensile "caritativa di ducati sei".
Gaetano, fratello del D., è ricordato come ebanista e "lavorante in pietre dure" nei ruoli della Galleria granducale di Firenze nel 1746, 1754, 1761 e 1766, insieme con altri artisti, come Domenico Henzler e Zanobi Magnolfi (Gonzáles Palacios, 1986, pp. 131 s., documenti 201, 212, 216). Gaetano compare inoltre nei conti del 1746, 1749, 1753, 1754 (ibid., pp. 115, 125, 139) per aver lavorato a "cassette" e "vassoi" e aver ricevuto pezzi di tartaruga e avorio.
Gaetano si inserisce quindi in quella ristretta cerchia di ebanisti, che lavoravano anche materiali preziosi come l'avorio e la tartaruga, attivi nella Galleria granducale di Firenze alla metà del Settecento; essi producevano mobili impiallacciati di legni vari, con ornamenti in bronzo, o lavorati in commesso di pietre dure, su fondo di paragone, in uno stile ancora legato a G.B. Foggini, raffinato ed elegante, ma un po' in ritardo rispetto alle coeve produzioni europee nel campo delle arti decorative.
Il Gonzáles Palacios (1986) ritiene attribuibile a uno di questi artisti una scrivania conservata a palazzo Pitti, databile alla metà del XVIII secolo, che presenta analogie con un altro mobile della metà del Settecento, proveniente dalla Galleria granducale ed attualmente conservato negli appartamenti presidenziali della Hofburg a Vienna.
La personalità artistica di Gaetano non appare ancora ben definita per l'assenza di opere di sicura attribuzione e l'autore di questi mobili potrà essere identificato con sicurezza solo dopo ulteriori ricerche d'archivio.
In una lettera del 22 dic. 1767 Cosimo Siries riferisce a Giuseppe de Vauthier che Gaetano era morto (presumibilmente a Firenze) il 19 dic. 1767 e che "godeva la provisione di lire settanta al mese" (Gonzáles Palacios, 1986, p. 125, doc. 141).
Fonti e Bibl.: R. Pane, F. Fuga, Napoli 1956, pp. 216 s.; A. Gonzáles Palacios, Un'autobiografia di F. Ghinghi, in Antologia di belle arti, 1977, n. 3, pp. 272, 278 (anche per Gaetano); Id., The Laboratorio delle pietre dure in Naples: 1738-1805, in The Connoisseur, CXCVI (1977), 788, p. 120; A. Spinosa, Ancora sul Laboratorio di pietre dure esull'Arazzeria: i documenti dell'Accad. di belle arti di Napoli, in Le arti figurative a Napoli nel Settecento, Napoli 1979, pp. 85, 311, 328 s., 331, 349, 367 s., 370, 374, 382 s.; A. Gonzáles Palacios, IlLaboratorio delle pietre dure dal 1737 al 1805, ibid., passim; M. Siniscalco, Documenti sui pittori ... e sugli incisori ... sulla Reale Arazzeria e sui palazzi reali di Portici e Caserta, ibid., pp. 283 s., 293; C. Siracusano, Notizie su pittori, architetti e altri "artefici" del secondo Settecento, ibid., p. 311; A. Gonzáles Palacios, in Civiltà del '700 a Napoli 1734-1799 (catal.), II, Fìrenze 1980, pp. 178, 182, 189, 434; Id., Taccuino delle pietre dure. Documenti ined. sulla Real Galleria dei lavori e pietre dure di Firenze nella seconda metà del Settecento, in Ricerche di storia dell'arte, 1981, nn. 13.14, pp. 75-104 passim (anche per Gaetano); F. Strazzullo, Settecento napoletano. Documenti, I, Napoli 1982, p. 78; A. Gonzáles Palacios, Il tempio del gusto ... Il Granducato di Toscana..., Milano 1986, ad Indicem (anche per Gaetano).