Galilea
Toponimo storico (Gālīl in ebraico, Γαλυλαία in greco, Galilaea in latino); sta a indicare la parte settentrionale dell'altopiano della Palestina che ha come confini naturali le pendici meridionali del Libano a nord, il Giordano e il lago di Tiberiade a est, la pianura di Esdrelon a sud, mentre a occidente non si considera generalmente facente parte della G. la fascia pianeggiante costiera del Mar di Levante.
E ricordata da D. in Cv IV XXII 14, 16 e 17. Nella prima citazione è riportata in un passo del Vangelo di Marco; nelle successive assume significati allegorici: ma vada, e dicalo a li discepoli e a Piero, cioè a coloro che 'l vanno cercando, e a coloro che sono sviati, sì come Piero che l'avea negato, che in Galilea li precederà: cioè che la beatitudine precederà noi in Galilea, cioè ne la speculazione. Galilea è tanto a dire quanto bianchezza. Bianchezza è uno colore pieno di luce corporale più che nullo altro; e così la contemplazione è più piena di luce spirituale che altra cosa che qua giù sia.
Nella citazione evangelica D. intende G. come trasmigrazione o rivelazione nella patria celeste; e quindi, come specificato più avanti, s'identifica con la speculazione, o vita contemplativa, che si perfezionerà in cielo. Per quanto riguarda la bianchezza, D. si rifà all'interpretazione di Isidoro da Siviglia e di Uguccione da Pisa, che, connettendo G. con γάλα, sostengono essere la regione così nominata " quia gignat candidiores homines quam alia regio Palaestinae ". Il bianco è il " colore che più rispecchia la luce solare, e la riflette integra, quasi specchio, come non fanno gli altri colori; donde il passo alla speculazione spirituale " (Busnelli-Vandelli, ad l.).
Bibl. - P. Toynbee, Dante's interpretation of " Galilea " as " bianchezza " (Conv. IV 22), in " Academy " XLV (1894) 291 (rec. in " Bull. " IX [1901] 195); ID., Dante's obligations to the Magnae derivationes of Uguccione da Pisa, in " Romania " XXVI (1897) 537-554 (cfr. E.G. Parodi, in " Bull. " V [1897] 199); ID., D. studies and researches, Londra 1902, 285-286.