RECCHI, Gaetano
RECCHI, Gaetano. – Nacque a Ferrara il 13 dicembre 1797 da Luigi e da Chiara Bonaccioli.
Negli anni Ottanta del Settecento, il padre, discendente da conti palatini di Castignano (Ascoli Piceno), infeudati nel 1727 da papa Benedetto XIII di terreni e piarde per i mulini del Po nella Legazione di Ferrara, era un importante commerciante di grani e possidente agrario. Filofrancese, eletto nell’Amministrazione centrale del Basso Po, divenne il maggiore acquirente di beni nazionali del dipartimento. Alla sua morte, nel 1806, la moglie Chiara riuscì a salvare solo una parte del patrimonio, la cui rendita permise tuttavia al figlio un’agiata condizione di vita.
Recchi fu educato presso il collegio S. Luigi di Bologna, il liceo napoleonico di Ferrara e infine il collegio Tolomei di Siena, dove fu condiscepolo dei rampolli dell’alta nobiltà italiana: studente dotato, ma indocile, si applicò soprattutto alla matematica, alla fisica e alla botanica, terminando gli studi nell’ottobre del 1814. Nel 1828 venne iscritto alla Società dei Georgofili. L’anno dopo scrisse per gli Annali universali di statistica di Francesco Lampato un Quadro statistico-pubblico comparativo della Russia, della Turchia e Grecia (s. 1, 1829, vol. 21, tav. s.n.p.) e pubblicò il saggio Dei pozzi modonesi detti artesiani (Ferrara 1829), in cui, fra l’altro, prospettava riforme e avanzava alcune critiche alle autorità cittadine; attegiamento che gli attirò l’inimicizia di Flaminio Baratelli, noto esponente dello spionaggio austriaco nello Stato pontificio.
Il 1829 fu un anno decisivo per la sua vita affettiva. Si legò infatti alla contessa Gianna Maffei, veronese discendente del letterato Scipione, vedova del conte Ercole Estense Mosti, ufficiale napoleonico, in un’unione che, riconosciuta da tutti, durò fino alla morte senza però sfociare mai nel matrimonio. Con lei condivise strettamente interessi culturali e politici, dalla frequentazione dei congressi degli scienziati italiani alla rivoluzione del 1831, scoppiata a Ferrara il 7 febbraio di quell’anno. Promotore della rivoluzione, preparò l’insurrezione tramite l’accordo con gli amici liberali bolognesi – Carlo Pepoli in primis – e trasformò il periodico L’Africano, da lui fondato nel 1830 – sorta di agenzia stampa dei principali articoli dei quotidiani inglesi e francesi tradotti in italiano sulle guerre coloniali – nel giornale L’Italiano, incentrato sugli avvenimenti politici in corso, cui collaborò Gianna Maffei. Creato segretario del governo provvisorio, composto per lo più da liberali moderati, venne poi nominato, assieme ad Antonio Delfini, membro dell’Assemblea delle Province Unite, presieduta dall’avvocato centese Giovanni Vicini che proclamò la decadenza del potere temporale e una forma di governo liberale costituzionale. Nel marzo gli austriaci invasero lo Stato pontificio, ma Recchi riuscì a fuggire a Parigi. Alla notizia di un’imminente amnistia pontificia per i compromessi politici riuscì a ottenere anticipatamente un lasciapassare per rientrare a Ferrara il 19 settembre 1831.
La sua partecipazione alla rivoluzione compromise la possibilità di ottenere cariche politiche, tuttavia venne confermato presidente della Società del Casino, il club prestigioso delle classi aristocratiche e alto-borghesi, nel 1832 e fino al 1833, quando si dimise per protesta contro il legato pontificio che voleva imporre dall’esterno regole di sorveglianza alla presidenza sui soci. Nel 1838 fu fondatore, segretario ed estensore dei primi bilanci della Cassa di Risparmio di Ferrara, nel 1840 propose l’istituzione di una società agricola e di un istituto che poi, realizzati, ebbero al loro centro la sperimentazione di nuove e innovative tecniche agricole. Dal 1840 al 1844 pubblicò un Almanacco georgico per la provincia ferrarese, che offriva basi scientifiche divulgando presso gli agricoltori nuovi metodi di coltivazione che sfatavano i luoghi comuni e le narrazioni popolaresche e astrologiche, fino ad allora in uso in quel genere di stampa. Questi elementi di innovazione gli pervennero dalla conduzione agricola di suoi terreni e dalla costante partecipazione ai congressi degli scienziati italiani che ispirarono anche il suo impegno nel dibattito economico-politico. Nel 1843 pubblicò sugli Annali di Lampato il saggio Cenni sul progetto di una lega doganale italiana, edito lo stesso anno in opuscolo a Milano, in cui, dicendosi favorevole, incitò a una rapida attuazione dell’iniziativa poiché il suo funzionamento avrebbe fatto superare gli ostacoli politici. La sua opera più importante, manifesto del suo pensiero, fu La libertà degli scambi sostenuta da Gaetano Recchi in opposizione al signor Angelo Galli, pubblicata dagli Annali universali di statistica nel 1845, e poi in opuscolo a Ferrara nel 1847, testo antiprotezionista in cui trascese dall’analisi economica a quella politica rimarcando come il liberoscambismo fosse «una delle più forti evocazioni del pensiero nazionale» (p. 4) poiché derivava da italiani sommi come Giandomenico Romagnosi, Pellegrino Rossi, Antonio Scialoja. Alternando la riflessione economica alla pratica, scrisse anche sulle strade ferrate e presiedette il comitato di Ferrara per la raccolta delle azioni della ferrovia da Ancona a Bologna.
In occasione dell’occupazione di Ferrara da parte degli austriaci nel luglio del 1847, scrisse per il legato Luigi Ciacchi una Protesta che, diffusa in tutti gli Stati italiani, procurò una forte reazione antiaustriaca a cominciare da quella di re Carlo Alberto che si rivolse a Pio IX dichiarandosi a disposizione per la sua difesa. La sua nomina da parte del papa a membro della Consulta di Stato fu quindi un atto naturale che si inserì nell’indirizzo riformistico del nuovo pontefice. Eletto presidente della commissione Finanze, ne designò il giovane Marco Minghetti segretario e organizzò un intenso programma di lavoro sui cruciali problemi del prestito a pareggio del deficit, della liberalizzazione dei trasporti attraverso appalti, dell’organizzazione del bilancio e della revisione dell’organico: le proposte della Consulta passarono quasi all’unanimità.
I rivolgimenti italiani ed europei convinsero Pio IX ad accordare, il 14 marzo, lo Statuto e a formare un governo a maggioranza laica, anche se la presidenza rimaneva al cardinale Giacomo Antonelli; tuttavia, il capo reale dell’esecutivo era il ministro dell’Interno Recchi, tanto da essere comunemente chiamato governo Antonelli-Recchi. In quel ruolo egli dette immediatamente una connotazione nazionale al suo operato disponendo che la bandiera pontificia si dotasse di una ‘cravatta’ tricolore e favorendo l’intervento delle truppe pontificie nella guerra in Veneto sotto il comando dal generale Giovanni Durando. Il 29 aprile, con l’allocuzione Non semel, Pio IX, temendo uno scisma in Austria, dichiarò di non poter dichiarare guerra a una nazione cattolica; Recchi interpretò il gesto come cedimento alle pressioni dell’Austria e della Russia promosso dal tradimento di esponenti interni come Antonelli e rassegnò immediatamente le dimissioni. Dopo essere riuscito a sedare moti di piazza e aver resistito agli inviti perfino di Ciceruacchio e delle forze estreme affinché accettasse un ministero nel nuovo governo, abbandonò Roma convinto che non fosse possibile formare alcun esecutivo stabile senza aver chiarito l’atteggiamento da tenere a proposito della questione nazionale e della guerra all’Austria. Eletto deputato rifiutò la carica, nominato nell’Alto consiglio, non vi mise mai piede. Costituito il Circolo nazionale ferrarese, il cui statuto in buona parte venne da lui ideato, si allontanò poi dal gruppo dei moderati cofondatori, ritenendo che avessero abbracciato le idee sempre più estreme dei circoli popolari, e ne lasciò la conduzione al vicepresidente Carlo Mayr. Il precipitare degli eventi con l’uccisione di Pellegrino Rossi e la nascita della Repubblica Romana, pose in grandi difficoltà la linea dei liberali moderati criticati sia dai democratici repubblicani sia dai reazionari pontifici, i quali chiedevano il ritiro della costituzione e li accusavano di avere portato lo Stato pontificio all’anarchia. A contrastare questa accusa, sostenuta con virulenza da Civiltà cattolica, Recchi scrisse un pamphlet firmato ‘Un costituzionale pontificio’, anche se tutti, a cominciare dai gesuiti, conoscevano il vero nome dell’autore.
Con un testo di grande capacità argomentativa sostenne che la costituzione era stata autonomamente prodotta da una commissione di prelati, nominata da Pio IX e accettata dai ministri laici nonostante non poche obiezioni, e rigettò come pretestuosa l’equazione ‘costituzione = protestantesimo’. In realtà, pur avendo stigmatizzato la fuga di Pio IX a Gaeta e deplorato il suo lungo silenzio, aveva ritenuto un errore la Costituente, preconizzando l’imminente intervento straniero e l’instabilità dello Stato. Tuttavia, della regolarità delle elezioni Recchi diede un sereno giudizio, approfittando dell’occasione per scrivere un saggio – inedito – sul suffragio universale.
Ormai isolato in patria poiché i liberali moderati ferraresi avevano aderito alla Repubblica, egli vide l’unica prospettiva per il futuro d’Italia nel Piemonte costituzionale. Frequentò Cavour per il quale Minghetti gli chiese fin dal 1852 di scrivere un’opera sulla situazione economica dello Stato pontificio. Uscirono così sul Cimento, in forma anonima, nel 1854, gli articoli, tutti di severa critica, intitolati Delle finanze degli Stati romani e completati da altri otto nel 1855 Sulle finanze pontificie, di cui Cavour stesso si servì per il Memorandum presentato al Congresso di Parigi del 1856 dopo la guerra di Crimea, con lo scopo di rendere autonome le legazioni pontificie di Bologna, Ferrara, Ravenna, Forlì. Morì a Ferrara il 12 aprile 1856.
La figura di Recchi appare come quella di un economista di cultura liberale europea – aveva letto in lingua originale le opere degli autori inglesi, francesi e tedeschi, compiuto diversi tours mirati in buona parte del continente – impegnato a tradurre in progetti concreti le conoscenze acquisite, si trattasse di strade ferrate, canali navigabili, banche, nuovi sistemi di coltivazione, campi sperimentali e divulgazione nell’agricoltura. La sua originalità derivava dal fatto che in un’Europa in cui l’affermarsi di un tumultuoso mercato finanziario – soprattutto nelle società per azioni – stava avvenendo fra liberismo sfrenato, accaparramenti illeciti e autentiche truffe dei promotori finanziari, egli, nel saggio Studi economico-statistici sulla navigazione del Po di Volano (Ferrara 1844) predicava un’economia sociale in cui il controllo del processo economico potesse essere reso trasparente attribuendo al possessore di azioni (di basso valore affinché molti potessero acquistarle) il potere di un solo voto «qualunque si fosse il numero delle azioni che possedesse» (p. 55).
Fonti e Bibl.: Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Fondo Gaetano Recchi (composto di dieci fascicoli, contenenti prevalentemente lettere; nel fascicolo VI.3 è conservato l’inedito Primo saggio in Italia del suffragio universale e diretto); Ferrara, Museo del Risorgimento e della Resistenza, Archivio Recchi (non inventariato e composto di tre buste). Numerose lettere e documenti manoscritti e a stampa su e di Recchi sono in diversi fondi dell’Archivio dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano di Roma, in particolare nelle buste 586 e 587 del Fondo Trotti Estense Mosti (Diari di Gianna Maffei Trotti Mosti). Lettere di Recchi si trovano, inoltre, nei seguenti fondi: Ravenna, Biblioteca Classense, Carte Farini; Archivio di Stato di Firenze, Carte Tabarrini, b. 35; Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Fondo speciale Marco Minghetti, Carteggio, bb. 134-138 (in partic. b. 136, ff. 20, 55, 89, 121; b. 137, ff. 30, 69, 104). Per la corrispondenza con Massimo d’Azeglio si veda l’Epistolario (1819-1866), a cura di G. Virlogeux, I-IX, Torino 1987-2016, ad ind.; necr., A. Casazza, G. R. Cenno necrologico, Ferrara 1856; M. Minghetti, Elogio di G. R., Firenze 1857. Inoltre: P. Niccolini, Gli scritti agrari di G. R., Ferrara 1914; L.D. Mantovani, Il costituzionale pontificio e la Civiltà cattolica, in I moti del 1848-1849 nel Polesine e nell’area padano-veneta. Unitarismo e federalismo nel dibattito risorgimentale, Rovigo 1999, pp. 289-317; Id., Profilo biografico di G. R., Ferrara 2000; Id., Le elezioni per la Costituente romana a Ferrara nel gennaio del 1849, in Memoria e attualità della epopea garibaldina, a cura di S. Mattarelli - C. Foschini, Ravenna 2002, pp. 65-98.