DARDANONE, Gaetano
Nacque a Milano nella parrocchia di S. Andrea alla Pusterla il 16 genn. 1688 dal "segretario" Ferdinando e da una Angela Maria (S. Francesco da Paola, Arch. parrocchiale, S. Andrea alla Pusterla, Battesimi, ad annos 1673-1711). Pittore detto "celebre" dal Latuada (1738), poi caduto in oblio durante il sec. XIX, soltanto in tempi recenti il D. è stato riscoperto e ripropostoall'attenzione della critica (Arslan, 1960, p. 60).
Nulla si sa di preciso circa la sua formazione artistica poiché fonti letterarie e documenti d'archivio tacciono in proposito. Dall'esame delle poche opere rimaste si ritiene che, dopo un primo tirocinio compiuto a Milano, si sia recato in Emilia a perfezionarsi. Al 4 febbr. 1729 risale un importante atto di divisione tra i fratelli Dardanone dell'eredità paterna (Arch. di Stato di Milano, Notarile, n. 41.274). Tra i dipinti di proprietà del D., descritti in un inventario allegato, due gli si possono attribuire: il ritratto della madre e quello incompiuto del padre, purtroppo entrambi dispersi. Il 10 febbraio dello stesso anno, dopo aver stipulato l'atto dotale (Ibid.,28 genn. 1729), sposò Teresa Bellotti, di circa vent'anni più giovane, figlia del pittore Michelangelo e della prima moglie Angela Maria Cazzaniga, figlia di Paolo, artista influenzato dall'opera del Giordano (S. Eufemia, Arch. parrocchiale, Matrimoni, ad annos 1632-1747). Considerando che lo stimato frescante Pietro Gilardi era fratello di Paola, matrigna di Teresa Bellotti, si può arguire che, con il matrimonio il D. ebbe modo di stringere di più quei rapporti, che forse aveva già allacciato, con pittori contemporanei di successo. Da questa unione nacquero almeno dieci figli, dei quali quattro morti in tenera età. Non è noto se qualcuno di essi abbia continuato la professione paterna. Padrino di battesimo del figlio Gian Francesco Ferdinando, celebrato il 12 sett. 1737, fu Giovanni Angelo Borroni, ritenuto ancor oggi uno dei maggiori frescanti lombardi del Settecento (Milano, Arch. d. Curia arcivescovile, S. Tommaso in Terra Amara, Nati, ad annos 1710-1756; Morti, ad annos 1652-1755).
Il 30 marzo 1733 il D. ricevette 125 lire per aver eseguito il ritratto del Conte Francesco Pecchio benefattore dell'Ospedale Maggiore di Milano, morto ventiquattro giorni prima (Porzio, 1981, p. 167).
In quest'opera, conservata presso il padiglione Vergani dell'ospedale di Niguarda, il pittore concentra l'attenzione sul volto del conte, descrivendolo in tutta la sua penetrante espressività, e inondandolo di luce bianca, mentre tratta il contesto con bruni di varia intensità che non indugiano troppo sui particolari. Questo modo di orientare la fonte luminosa non è nuovo nella ritrattistica milanese (Andrea Porta), ma nel ritratto del conte Pecchio il contrasto ottenuto è più marcato.
Precedenti al 1738 sono due dipinti assegnati dal Latuada (1738) al D. e attualmente irreperibili: un Martirio di s. Orsola in S. Iacopo delle vergini spagnole e una Natività della Vergine in S. Nazaro Pietrasanta, chiese demolite. Inoltre, non conosciamo alcuna stampa, o il disegno originario del pittore Giulio Francesco Rossi, che possa rammentarci la decorazione della facciata del duomo di Milano eseguita, con figure e architetture dipinte, in occasione dell'ingresso dell'arcivescovo, dal D., dal fratello Antonio, da Francesco Bianchi, da Giambattista Riccardi e pagata il 16 maggio 1739 750 lire (Arch. d. Fabbr. d. duomo di Milano, Mandati di pagamento, 1739). In una scrittura privata stesa il 30 sett. 1740 allo scopo di formare una società tra pittori (vi fanno parte i due fratelli Dardanone, A. Ghezzi, P. Salvione) che doveva iniziare il 6 ottobre di quell'anno e durare per un periodo di tre anni, si rinviene una clausola, poi cancellata, secondo cui il D. avrebbe dovuto compiere metà del lavoro in un teatro (Arch. di Stato di Milano, Notarile, n. 42.012). Sebbene questa informazione venga data in termini non molto chiari, si pensa che il D. si sia dedicato alla preparazione di scene teatrali, delle quali, però, non rimane testimonianza. Prima del 1746, anno in cui fu decapitato il nobile Giulio Antonio Biancani, reo di tradimento, il D. dipinse alcuni affreschi nella villa Biancani a Cernusco sul Naviglio che gli verranno pagati soltanto nel 1753 (Ibid., n. 38.926, 23 luglio 1753).
Nella villa, oggi sede del comune di Cernusco, sono ancora visibili, ma non chiaramente leggibili, alcune figure, circondate da quadrature probabilmente di scuola monzese, su una parete di una corta galleria del primo piano. La critica non ritiene che si debbano attribuire al Dardanone. Ricordiamo che il pittore doveva conoscere da molti anni i componenti della famiglia Biancani, poiché la moglie del fratello Antonio aveva ricevuto nel 1733 la dote per legato lasciatole da Pietro Biancani, padre di Giulio Antonio (Ibid., n. 41.275, 28 genn. 1733).
Nel 1746 il D. eseguì altri due ritratti di benefattori per l'ospedale Maggiore: quello del dottor Francesco Maria Sorino, anch'esso per 125 lire pagategli il 3 febbraio, e quello di Antonio Cesati, per 115 lire versategli il 21 maggio (Porzio, 1981, p. 170).
Dopo aver abitato per tanti anni nella parrocchia di S. Tommaso in Terra Amara, nel 1747 viveva in una casa del marchese Moriggia sul corso di Porta Romana in parrocchia S. Nazaro in Broglio. Quivi risiedette insieme con la moglie e sei figli fino alla morte avvenuta il 13 marzo 1757 (S. Nazaro, Arch. parrocchiale, Morti, ad annos 1705-1779; Arch. di Stato di Milano, Popolazione, P.A. n. 165).
Oltre alle opere menzionate, che lo manifestano ritrattista apprezzabile benché discontinuo qualitativamente, si conservano in Milano altre due tele del D. di soggetto religioso: quella con La comunione di s. Stanislao Kotska, eseguita per l'Arciconfraternita del SS. Sacramento del duomo e attualmente posta nel chiostro della chiesa di S. Antonio, di particolare interesse perché arricchisce le nostre conoscenze sulle fonti figurative acquisite nel capoluogo lombardo durante il sec. XVIII; e la più tarda pala con Gloria delle ss. Agata, Apollonia, Lucia non citata dal Latuada (1738), ma menzionata nell'edizione del 1747 della guida dei fratelli Santagostino, collocata oggi sull'altare della seconda cappella sinistra di S. Maria del Carmine.
Nella prima il D. dimostra d'aver guardato direttamente al Correggio, mentre i pittori milanesi coevi, d'indirizzo emiliano, traggono ispirazione dall'opera di artisti vissuti alla fine del Seicento e agli inizi del Settecento (Crespi, Franceschini, Del Sole). Nella seconda questo correggismo di marca settecentesca è meno evidente, ma, a parte piccoli brani d'ascendenza lombarda che si riscontrano anche nel S. Stanislao Kotska, la composizione è importata dall'Emilia: si tratta d'un dipinto ben equilibrato, non trascurabile neanche sotto l'aspetto qualitativo.
Antonio, fratello minore del D., poiché gli Stati d'anime del 1693 e del 1694 di S. Paolo in Compito, parrocchia nella quale abitava la famiglia del D., non lo menzionano, nacque probabilmente, da quanto si può dedurre dall'atto di morte, intorno al 1700. Come per il D. nulla ci è stato tramandato circa il suo alunnato né attualmente si conoscono suoi dipinti, mentre abbastanza numerosi sono i documenti che lo citano.
Nell'inventario del 4 febbr. 1729, in cui sono descritte le sue proprietà, è elencato un ritrattino fatto in Roma e si accenna a un piccolo studio di architettura che il pittore teneva in casa. Perciò si ritiene che avesse avuto rapporti culturali fuori della Lombardia e che soprattutto si fosse dedicato alla pittura di quadrature. La prima tesi è confermata da un atto di procura emesso da Antonio il 2 nov. 1732per ottenere dal teatro Ducale di Piacenza il risarcimento delle spese fatte per costumi teatrali (Arch. di Stato di Milano, Notarile, n. 39.911).Questo documento induce a credere che esercitasse anche la professione del costumista. Nel 1733 sposò Teresa Perelli, dalla quale ebbe sette figli, quindi nel 1754 Rosa Bavotti che gli dette un ultimo figlio nel 1758 (ibid., n. 41.275, 28 genn. 1733; n. 41.292, 9giugno 1755).
Morì a Milano in parrocchia S. Tommaso in Terra Amara il 30giugno 1760 (Milano, Arch. d. Curia arcivescovile, S. Tommaso in Terra Amara; Morti, ad annos 1756-1797). Da quanto trapela dai pochi pagamenti noti, sembra che fosse più un collaboratore del fratello che artista operante autonomamente.
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. d. Curia arcivescovile, S. Tommaso in Terra Amara, Nati, 1710-1750; Morti, 1652-1755, 1756-1797;Ibid., Archivio d. Fabbrica del duomo, Mandati di pagamento, 1739;Ibid., S. Carlo, Arch. parrocchiale, S. Paolo in Compito, Stati d'anime, 1693, 1694; S. Eufemia, Arch. parrocchiale, Matrimoni, 1632-1747; S. Nazaro Maggiore, Arch. parrocchiale, Stati d'anime, 1747-1757; Morti, 1705-1779;Arch. di Stato di Milano, Notarile, nn. 38.926,39.582, 39.911, 41.274, 41.275, 41.278, 41.280, 41.281, 41.292,42.012; Popol., P. A. n. 165;Milano,Arch. d. Osp. Magg., Mastro Uscite, 1730-1738, f. 602; 1746-1750, ff. 320 s.; S. Latuada, Descr. di Milano, Milano 1738, IV, p. 401; V, p. 8; A. e G. Santagostino, Catal. d. pitture insigni... di Milano, Milano 1747, pp. 154, 156 s.;F. Bartoli, Notizia d. pitture, sculture ed architetture…,Venezia 1776, I, pp. 187, 207, 221; C. Bianconi, Nuova guida di Milano, Milano 1787, p. 352;B. Borroni, Il forastiere in Milano, Milano 1808, p. 137;L. Bossi, Guida di Milano, I, Milano 1815, p. 195;F. Cusani, I ritratti dei benefattori dell'Ospitale Maggiore di Milano, Milano 1877, pp. 44, 47;G. Scurati, I quadri che si espongono in duomo al Corpus Domini, Milano 1878, p. 39; Annali della Fabbrica del duomo di Milano, VI, Milano 1885, p. 133; G. Nicodemi, I quadri dell'Arciconfraternita del SS. Sacramento del duomo di Milano, Milano 1935, p. 25 (v. anche, dello stesso, a Milano, nella Bibl. d'arte nel Castello Sforzesco: I ventisei quadri eucaristici del duomo, dattil., s. d.); E. Arslan, Le pitture del duomo di Milano, Milano 1960, pp. 60, 85;S. Coppa, in Cernusco sul Naviglio, Milano 1980, pp. 55 ss.; F. Porzio, in La Cà Granda (catal.), Milano 1981, pp. 167, 170, 365 (con bibl.); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 396.