CHIAVACCI, Gaetano
Nacque a Foiano della Chiana (prov. di Arezzo) il 19 giugno 1886 da Enrico e Annunziata Doni. A sei anni si trasferì con la famiglia a Cortona, dove frequentò le scuole elementari e il ginnasio inferiore. A tredici anni il C. si stabilì con la famiglia nelle Marche, a Iesi, dove il padre, ricevitore del Registro, era stato trasferito. A Iesi egli frequentò il ginnasio superiore e il liceo; nell'anno 1904 si iscrisse al regio istituto di studi superiori di Firenze, dove nel 1911 conseguì la laurea in lettere discutendo una tesi, poi pubblicata, sul Decameròn (La Commedia nel Decamerone, Iesi 1912) del Boccaccio con Guido Mazzoni, insigne critico e poeta. Interruppe quindi temporaneamente gli studi universitari a causa del servizio militare.
Negli anni degli studi universitari a Firenze il C. strinse una profonda amicizia con Carlo Michelstaedter, che nella sua opera maggiore La persuasione e la rettorica (Firenze 1922), aveva combattutto la retorica non come categoria letteraria, ma come forma morale di elusione dei problemi umani, come modo di evasione dalle responsabilità, influendo profondamente sulla problematica successiva del Chiavacci. Suoi compagni e amici furono anche, tra gli altri, Vladimiro, Arangio Ruiz, Cecchi, De Robertis, Lamanna, don Facibeni.
Nel 1912 il C. vinse il concorso per il ginnasio inferiore ed ebbe la cattedra a Vittoria in Sicilia, donde ottenne poi il trasferimento a Recanati. Partecipò alla guerra del 1915-18 come capitano di artiglieria pesante campale, passando dopo Caporetto alla artiglieria da montagna. Finita la guerra, il C. vinse il concorso di ginnasio superiore ed ebbe la cattedra a Vercelli e poi a Fano, dove conobbe A. Gandiglio e ne divenne amico. Intanto si iscrisse a filosofia a Roma, dove nel 1921 si laureò discutendo una tesi sul Rosmini (Il valore morale nel Rosmini, Firenze 1921) con Giovanni Gentile. Vinto il concorso per l'insegnamento della filosofia nei licei, nel '24 ebbe la cattedra al liceo di Pistoia. Vinto il concorso a preside, nel '26 fu preside del liceo di Camerino; nel '28 fu trasferito con la stessa carica al liceo di Perugia, dove rimase sino al '32, anno in cui fu trasferito a Siena. Nel 1932 a Firenze il C. pubblicò Illusione e realtà e vinse il concorso universitario alla cattedra di pedagogia: nel '33 fu nominato vicedirettore della Scuola normale di Pisa, dove rimase cinque anni, fino al 1938. Nel medesimo anno fu chiamato alla cattedra di filosofia teoretica di Firenze, dove (1949) ebbe anche per incarico l'insegnamento di estetica. Il 2 giugno 1964 gli fu conferito il diploma di benemerito della scuola, della cultura e dell'arte con medaglia d'oro. Curò la pubblicazione delle Opere di Carlo Michelstaedter, edite nel 1958 dalla casa editrice Sansoni di Firenze. Fu socio di molte accademie scientifiche.
Il C. morì a Firenze il 1º febbr. 1969.
La posizione filosofica del C. consiste essenzialmente in un approfondimento e in un superamento dell'attualismo gentiliano anche per il profondo influsso che esercitò sulla sua vita intellettuale l'amicizia con il Michelstaedter. Sin dalla sua prima opera importante, infatti, il C. stabiliva una netta opposizione tra attualità e atto, considerando solo il secondo fornito di vera realtà, eterno e infinito, mentre la prima è relativa all'esistenza delle cose nel tempo. In tal modo egli considera il mondo dell'illusione, che è nel tempo, come privo di realtà e risolto nell'atto puro come unica e insuperabile realtà. Il C. tenta così, di rimuovere sin dall'inizio gli elementi panlogistici della dottrina gentiliana per una esigenza di vita spirituale che si potrebbe definire di tipo esistenziale.
Nella seconda opera fondamentale, Saggio sulla natura dell'uomo (Firenze 1936), il C. afferma l'autonomia della natura intesa come il necessario ostacolo che ne rende possibile il superamento nella positiva affermazione della vita spirituale attraverso il processo dialettico dell'atto. Se l'uomo, infatti, come intelletto, mostra la sua appartenenza alla dimensione naturale dell'esistenza, con la ragione, che si esprime nell'arte, nella morale e nella religione, partecipa alla vita dello spirito. Nella terza e più importante opera La ragione poetica (Firenze 1947), articolata in due parti, il C. nella prima, "Il momento dell'indifferenza", distingue l'esistente dall'intelletto, attribuendo al primo la capacità produttiva o "sintetica" e immediata di sempre nuove realtà naturali, e, al secondo, la capacità di mediare o "analisi" nell'ambito concettuale l'effettiva esistenza delle cose. Tra le due attività, tuttavia, sussiste una corrispondenza non completa che rende irriducibile il fatto al concetto. Da questa inadeguatezza della coscienza intellettiva si manifesta l'esigenza di "superare" l'esistenza effettiva in una richiesta di valore attuabile nella sfera spirituale. Nella seconda ed ultima parte dell'opera, designata come "Il momento della libertà", il C. descrive la struttura della ragione come atto libero e creativo che si manifesta nelle due attività spirituali dell'arte e della religione, che costituiscono nel loro insieme la poiesi. L'attualismo gentiliano si trasforma nell'ultimo periodo della speculazione del C. in uno spiritualismo mistico di stampo cristiano.
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