CATTANEO, Gaetano
Nato a Soncino Cremonese il 20 sett. 1771, compì i propri studi a Milano, dove si era stabilito sin dall'infanzia. Studiò prima lettere e poi pittura, e come pittore sarà designato in tutti i rapporti che lo riguardano. Pittore, però, non divenne mai. Si sa che fu a Roma con una "pensione" dell'Accademia di Belle Arti; ma al suo ritorno a Milano le modeste condizioni della famiglia gli imposero di accettare un posto presso la Zecca in qualità di disegnatore di medaglie e monete. All'occupazione francese della Lombardia il C. aveva manifestato la propria adesione al nuovo regime: il suo impiego alla Zecca fu favorito da Francesco Melzi d'Eril; e l'atto di nomina del 4 nov. 1801 era accompagnato da una dichiarazione dell'intendente generale Carlo Innocenzo Isimbardi, che sottolineava le "eccellenti qualità" ed i "non comuni talenti" del "cittadino Cattaneo" (Archivio di Stato di Milano, Finanze, parte antica, cart. 836).
Nel 1803 all'ordine governativo di fondere tutte le serie di monete auree conservate alla Zecca il C. richiamò l'attenzione del ministro delle Finanze, Giuseppe Prina, sull'interesse, si direbbe, particolarmente importante di taluni esemplari. E con decreto del 20 dicembre ottenne che i pezzi giudicati meritevoli di essere conservati per il loro valore storico e numismatico fossero ritirati dalla fusione. Il nucleo di materiali così costituito fu affidato alla custodia del C., che, incoraggiato dal Prina, tese d'ora in avanti alla "creazione di un museo delle monete e di una biblioteca che lo fiancheggiasse" (Ghisalberti).
Divenuto oramai conservatore di un gabinetto numismatico ed incisore e pittore soltanto "a tempo perso" (Samek Ludovici), il C. si diede all'ordinamento delle serie di monete e medaglie, ben presto aumentate per le donazioni del Prina e dell'Isimbardi (1804). Nel 1807 si assicurava l'acquisto delle monete di Giulio Beccaria e delle medaglie di Paolo Frisi. Chiuse le zecche di Mantova e di Modena, ne furono trasportati a Milano coni, punzoni e matrici (1807). Le pubblicazioni di carattere numismatico appartenute alle comunità religiose che si andavano sopprimendo vennero destinate a formare quella "scelta e copiosa biblioteca" auspicata dal C. (Biondelli).
Il 6 maggio 1808 con decreto del viceré Eugenio Beauharnais veniva ufficialmente istituito il R. Gabinetto di medaglie e monete presso la R. Zecca. Il C. ne fu nominato conservatore e, in ottobre, ne curò la sistemazione in apposite sale. Nel corso del 1805 poterono essere acquistate le raccolte del duca di Corigliano Saluzzo (già di Felice Caronni), di James Millingen e del marchese Anguissola, ed a coadiuvare il C. fu chiamato Carlo Zardetti. Negli anni seguenti riuscì al C. di assicurare al gabinetto della Zecca le collezioni dei Borghesi di Savignano (1809), di Luigi Castiglioni (1810), di Enrico Sanclemente e di Edward Dodwel (1811) e dell'abate Canonici (1812).
Nel 1812 il C., che nei due anni avanti si era recato a Roma ed aveva visitato Firenze e Napoli "per studiarvi, oltre il resto, i musei archeologici di quelle... città" (Ghisalberti), e che aveva stampato a Milano una Lettera al signor Domenico Sestini… sopra due medaglie greche del Reale Gabinetto di Milano (1811), seguì in Ungheria ed in Germania il direttore generale dell'Istruzione Giovanni Scopoli: a Dresda acquistò da Gottfried Lipsius le serie di monete cufiche, che al ritorno in Italia affidò per la pubblicazione all'orientalista Carlo Ottavio Castiglioni.
Dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia, l'8 nov. 1813 il viceré ordinava di togliere dal gabinetto i pezzi migliori perché venissero spediti a Parigi; ma l'ordine fu disatteso dal C. su esplicito consiglio del Prina.
Intimo di Carlo Porta e di Giuseppe Bossi, il C. fu uno dei più assidui frequentatori della "camaretta" nella quale il poeta dava convegno ai suoi amici. Qui si legò di amicizia con Tommaso Grossi, con Luigi Rossari e con Giuseppe Taverna, e partecipò vivacemente alle polemiche anticlassiciste. Nel 1814 in una tela (conservata a Milano nella raccolta Treccani degli Alfieri) il Bossi ritraeva se stesso e gli amici della "camaretta": il C., il Taverna ed il Porta. Tornato entusiasta dal viaggio in Germania e in Ungheria, il C. fu incoraggiato proprio dagli amici della "camaretta" a dare alle stampe un Catalogus populorum urbium regum quorum nummi adservantur in Museo Mediolanensi (Mediolani 1813).
Con la caduta del Regno italico, l'uccisione del Prina e il ripristino della sovranità austriaca si chiuse il primo fecondo periodo della vita del C. e del gabinetto numismatico, che egli mirava a staccare dalla Zecca e a trasformare in istituto autonomo.
Dopo l'aprile 1814 il C. rimase nell'amministrazione del Gabinetto di medaglie e monete con il titolo di conservatore provvisorio autorizzato dal governo imperiale. Il 21 febbr. 1815 indirizzava alle autorità austriache un rapporto in cui erano descritti l'origine e lo sviluppo del gabinetto numismatico milanese: era preoccupato delle sorti dell'istituto che aveva fondato e che gli pareva fosse ormai tempo di trasformare in centro di studi indipendente dall'amministrazione della Zecca. La soluzione che il C. auspicava (d'accordo con lo Scopoli) era quella di una fusione del Gabinetto di medaglie e monete con la Biblioteca di Brera; e francamente il conservatore provvisorio sperava di diventare lui il direttore del nuovo istituto. Prevalse, però, il parere del direttore generale dell'Istruzione Febo d'Adda che il gabinetto numismatico dovesse mantenere una sua autonomia sia pure affiancato alla biblioteca. Con decreto imperiale del 12 genn. 1817 fu stabilito che il gabinetto numismatico e la sua libreria fossero trasportati nel palazzo delle Scienze e delle Arti di Brera, e vi esistessero "separatamente e indipendentemente" (Biondelli): il 12 settembre fu concesso al C. il diritto ad una abitazione nel palazzo di Brera.
In tempi di restaurazione un funzionario dai precedenti filonapoleonici qual era il C. dimostrava con la sua attività diligente fino allo scrupolo il proprio rispetto verso il nuovo governo, che gli aveva confermato l'incarico di vigilare sul "suo" museo. Alla stessa maniera del Porta, che senza rispondere alle insinuazioni politiche di chi gli rimproverava di avere aderito al passato regime sottolineava la sua rettitudine di uomo "grato" al sovrano che gli permetteva di guadagnarsi il pane (I, pp. 202-203), il C. trovava occasione di manifestare la sua deferenza verso la casa d'Austria non per convinzioni politiche, ma per gratitudine, e di ribadire il suo lealismo di pubblico funzionario sollecitando provvedimenti ritenuti necessari per un buon andamento dell'istituto.
Il 20 giugno 1818 il D'Adda scriveva sul C., "persona versata in ogni dottrina e conoscitore pratico di belle arti", una lunga relazione, e ne poneva in risalto lo zelo, l'assiduità e l'intelligenza con cui aveva portato il gabinetto numismatico al grado in cui era (Archivio di Stato di Milano, Studi, cart. 434). Il 22 agosto dello stesso anno il C. era nominato direttore dell'I. R. Gabinetto numismatico di Milano.
In quegli anni il C. era rimasto "interamente" della "camaretta" del Porta (Ghisalberti). Ai funerali del Bossi, l'11 dic. 1815, leggeva in memoria dell'amico scomparso un elogio stampato poco dopo a Milano (Discorso recitato... nel funerale del cav. G. Bossi…), del quale il Porta, che il 29 dicembre gli mandava il sonetto Per lamorte del bravissem pittore letterato GiuseppBoss (I, pp. 256-257), si raccomandava di avere una copia (Salvioni). Divenuto amicissimo di Alessandro Manzoni, che ne reclamerà i "desiderati colloqui" e lo presenterà a Claude Fauriel come un "amico eccellente" (Ghisalberti), nel 1818 si "associava" al Conciliatore, precisando, se mai ve n'era bisogno, i propri orientamenti romantici e liberali (Sanvisenti). Il 24 marzo dello stesso anno Pelagio Palagi, passato da Bologna a Milano, veniva eletto "socio sedente" dell'Accademia di Belle Arti, ed all'accademia ritrovava l'amicizia del C., di cui a Roma aveva fatto nel 1810 il ritratto ora conservato a Milano nella Galleria d'arte moderna (Grandi).
Sorretto dalla solidarietà degli amici, del Porta, anzitutto, che nella risposta ai rilievi di Pietro Giordani sul "non far nulla" della cultura lombarda (Biblioteca italiana, febbraio 1816, p. 179) concludeva con il suo nome la lista dei cultori lombardi di "scienza d'antighitaa" (I, pp. 380-381), nel 1819 il C. fece stampare a Milano "in occasione delle faustissime nozze della marchesa Cristina Trivulzio col conte Giuseppe Archinti" le sue Osservazioni sopra un frammento antico di bronzo di greco lavoro rappresentante Venere. Alle Osservazioni, che volevano essere un saggio di edizione condotto con criteri diversi da quelli tradizionali, attraverso un esame completo dei dati stilistici ed antiquari secondo le posizioni critiche di Ennio Quirino Visconti (pp. 46-47), ma che si consumavano tutte nell'accurata descrizione del pezzo acquistato a Pest sei anni prima, faceva seguito nello stesso anno l'Equejade. Monumento antico di bronzo del Museo Naz. Ungherese considerato ne' suoi rapporti con l'antichità figurata, una dissertazione (stampata ancora a Milano) su di un peso di stadera romano in forma di busto femminile con l'iscrizione "Equeias" (A. Hekler, Ungarisches National Museum. Führer in der Alterthumsabteilung, Budapest 1911, pp. 66-67). Il C.era convinto che si trattasse del busto di una Equeiade-Ippona, dea dei cavalli, vestita di tunica "allacciata da una larga fascia" che "imita il costume degli Aurighi Romani" (pp. 42-43)e con in capo "quella specie di celata che... si combina con quella usata dagli Aurighi circensi" (pp. 44-45). Che non si trattasse di una statuetta di Equeiade, ma di un peso di stadera, e l'iscrizione dovesse essere intesa "Equetas" ("Aequitas") fu dimostrato da Francesco Inghirami (e da Sebastiano Ciampi) in una nota della Nuova collezione di opuscoli e notizie di scienze lettere ed arti, I, Badia Fiesolana 1820, pp. 207-213:contro il parere del Ghisalberti, i riconoscimenti tributati all'autore per "le copiose ed erudite ricerche" di cui aveva saputo "arricchire" la sua "supposizione di una divinità mai esistita" non tolgono validità al severo giudizio di Cesare Cantù: "Il Cattaneo non era molto addentro nella scienza numismatica e nell'antiquaria",pur se "rendevasi utilissimo... col comprare i libri, di cui più... faceva mestieri in fatto di storia e di filologia" (A. Manzoni. Reminiscenze, II, Milano 1882, p. 35).
Di fatto il C. nominato direttore del gabinetto di Brera si adoperava per una nuova sistemazione dei materiali e per un generale miglioramento dei servizi. E per questo faceva continue richieste di aumento del personale; ma le sue istanze e le sue proteste portarono solo alla conferma dello Zardetti in qualità di aggiunto ed alla nomina di Luigi Sabbioni in qualità di scrittore (1824): un solo inserviente doveva sostenere il "servizio giornaliero".
Quello dell'amministrazione austriaca non era l'atteggiamento assunto dai Francesi e rispondente ad un preciso piano di organizzazione della cultura: l'ordine del governo era di provvedere alle esigenze del direttore "senza maggior dispendio". Nemmeno la pubblicazione voluta dal C. delle Monete cufiche dell'I. R. Museo di Milano (Milano 1819),a cura del Castiglioni, indubbiamente una "operazione di gran valore e successo" (Ghisalberti), indusse gli Asburgo a favorire l'incremento dell'istituto. Fra le altre richieste del C. non accolte dal governo due meritano di essere segnalate: quella di acquistare le raccolte Tiepolo (1820) e quella d'intraprendere un viaggio scientifico per visitare i maggiori musei europei (1823). In compenso il 4 nov. 1821 era stato reputato "utile ai progressi delle scienze" che il C. accettasse la nomina a socio della Pontificia Accademia romana di archeologia, di quella Ercolanense di Napoli, dell'Accademia delle scienze di Berlino e di quella dell'università di Vilna (Archivio di Stato di Milano, Studi, cart. 434).
Per questo il C., che gli amici della "camaretta" ricercavano per l'umore gioviale e che, celibe almeno fino al 1821 (ibid.), si era nel frattempo sposato con la "donna Clarin" destinataria di "quattar gandôll" del Porta in occasione di un suo giorno di festa (II, pp. 712-713), cominciava a cambiare umore (lettera di Giulia Manzoni al Fauriel del 30 apr. 1830). Il comportamento degli uffici della Censura e della Finanza e le difficoltà a "conseguire un... armonico sistema di coesistenza" (Ghisalberti) con la Biblioteca di Brera, affidata alla direzione di Robustiano Girotti, ne aumentarono progressivamente il rammarico.
Ridottosi a mandare avanti le cose burocraticamente il C. morì a Milano il 10 sett. 1841.
Bibl.: C. Porta, Le Poesie, a cura di C. Guarisco, Milano 1964, I, pp. 202-203, 256-257, 380-381; II, pp. 712-713 (la document. all'Archivio di Stato di Milano citata nel testo impone di fissarne la data di composizione a dopo il 1821); B. Biondelli, La Zecca e il Gabinetto num. di Milano. Cenni storici, in Gli Istituti scient., lett. ed art. di Milano, Milano 1880, pp. 647-683; E.Babelon, Traité des monnaies grecaues et romaines, I, 1, Paris 1901, col. 194; A. Comandini, L'Italia nei cento anni…, II, Milano 1902-1907, p. 952; F. Gnecchi, Il R. Gabinetto numismatico di Brera, in Riv. ital. di num.,XXI(1908), pp. 33-38; C. Salvioni, Lettere di C. Porta a T. Grossi, a L. Rossari, a G. C. e ad altri…, in Arch. stor. lomb., s. 4, IX (1908), pp. 117-120; B. Sanvisenti, L'atto di nascita del Conciliatore, ibid., s. 6, XIV (1927), p. 416; Comune di Milano, Catal. delle raccolte numismatiche, a cura di G. Nicodemi, I, Milano 1938, pp. XXI-XXIII; S. Samek Ludovici, La pittura neoclassica, in Storia di Milano, XIII, Milano 1959, pp. 224, 574, 577, 587; F. Ghisalberti, Il numismatico G. C. (1771-1841), in Rend. dell'Ist. lomb. di scienze e lettere, classe di lettere, CI (1967), pp. 761-782 (con ulteriore bibl. e docum.); B. A. Arslan, Il Gabinetto numismatico dei Civici Musei di Milano, in Compte rendu de la Commission int. de num., XXII(1975), pp. 39-46; R. Grandi, in P. Palagi artista e collezionista (catal.), Bologna 1976, p. 63; L. Forrer, Biographical Dict. of Medaillists, I, London 1904, p. 361; VII, ibid. 1923, p. 165; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 191 (con ulteriore bibliografia); Diz. del Risorg. naz.,II, p. 608; Diz. Biogr. degli Italiani, XIII, pp. 314-319, s. v. Bossi Giuseppe.