Gaeta
– Città marittima del Lazio meridionale, all'estremità sud del golfo omonimo. Il toponimo antico, Caieta, è legato, dalla leggenda virgiliana (Aen. VII 1-4), al nome della nutrice di Enea; in If XXVI 92 D., per bocca di Ulisse, il quale più d'un anno là presso a Gaeta era stato in balia di Circe (Ovidio Met. XIV 308), lo fa derivare direttamente da Enea, non perché ignori il passo virgiliano, ma per porre in evidenza il personaggio più importante.
La città, che in età romana dipendeva da Formia, dopo la distruzione di questa, nella seconda metà del IX sec., la sostituì nella sua funzione economica. Alla fine del IX sec., resasi indipendente dal regno di Napoli, divenne capitale di un omonimo ducato. Dopo successive alterne vicende storiche, giunse a ricoprire, nel XIII sec., una parte importante nelle lotte per il regno di Napoli, grazie soprattutto alla sua posizione naturale (sulle pendici settentrionali di un erto promontorio, Monte Orlando, separato dalla terraferma da un breve istmo) rafforzata oltretutto da opere murarie, tanto da impedire, nel 1289, la conquista della capitale del regno a Giacomo d'Aragona (G. Villani VII 134).
Era città certamente nota a D. e ai Toscani del suo tempo, sia per la lavorazione della seta, sia per i commerci tra i Fiorentini, soprattutto i Bardi, e G. (Davidsohn, Storia IV II 148, 508, 805, 812, 815). Ma è impossibile accertare, e del resto non è questione di gran conto, se D. avesse conoscenza diretta della città, come ipotizza il Revelli (Italia 175) e come sostiene il Bassermann (Orme 278) sulla scorta di Pd VIII 62, ove G. è citata, assieme a Bari e a Catona, come uno dei ‛ borghi ' (cioè città estreme) del corno d'Ausonia, vale a dire del triangolo cui si può comparare l'Italia meridionale, in modo da disegnare in tre versi i confini del regno di Napoli, seguendo una linea abbastanza rigorosa, che dal Tronto tocca Bari, Catona e G., e termina al Verde (v. LIRI).
Una terza citazione è in VE I IX 4, dove D. accomuna Napoletani e Gaetani in una stessa stirpe, in eodem genere gentis, quella degli abitanti della Campania.
Lingua. – I Caetani e i Neapolitani sono addotti in VE I IX 4 come esempio di abitanti di città che discrepant in loquendo pur essendo non solo vicini nello spazio, ma appartenenti alla stessa gens (convenientes in eodem genere gentis; ma i codici di Grenoble e Trivulziano danno la variante nomine), vale a dire i Campani; a questo esempio per la metà di ‛ destra ' dell'Italia fa riscontro per la metà di ‛ sinistra ' quello dei Ravennati e Faentini, entrambi romagnoli.