HAYDN, Franz Joseph
Musicista, nato il 1° aprile 1732 a Rohrau (villaggio sperduto sulla riva sinistra della Leitha, nella Bassa Austria, non lontano dal confine ungherese), morto a Vienna il 31 maggio 1809. Il padre, Mattia, era un umile carradore; della sua numerosa prole, soltanto sei figliuoli erano rimasti in vita, Giuseppe era il maggiore. Il buon Mattia, nelle ore di svago, pur non conoscendo una nota di musica, si dilettava a cantare, accompagnandosi con l'arpa, e il piccolo Giuseppe amava seguire l'esempio paterno.
Il cugino J. M. Frankh, uditolo durante una delle sue rare visite a Rohrau, pensò di condurlo con sé a Hainburg (sul Danubio) dove teneva scuola di canto corale. La casa del cugino Frankh non doveva essere tuttavia molto ospitale per il piccolo H. Il Frankh, che era stato largo a promettere, assorbito dalle sue occupazioni, abbandonò il fanciullo alla sua sorte, senza occuparsi né punto né poco della sua educazione. Il fanciullo era però d'ingegno vivo e svegliato e cominciò ad addestrarsi di propria iniziativa nel violino e nel cembalo e ad affinarsi nell'arte del canto. Riuscì a distinguersi, tanto che si parlava di lui per la città, e un giorno, capitato a Hainburg Georg Reutter, compositore aulico e maestro di cappella di S. Stefano di Vienna, messo in curiosità da tali lodi, volle egli stesso accertarsi del talento musicale del piccolo H. Ne fu sorpreso ed ammirato e lo assunse senz'altro nella sua cantoria di Vienna. Era il 1740: a soli otto anni l piccolo H. passava dalla tranquilla vita di provincia a quella tumultuosa della grande Vienna. In S. Stefano rimase per circa dieci anni, alunno cantore di quella cappella, dove ricevette anche proficue lezioni di cembalo e di violino. Nella composizione non seguì mai un corso di studio organico e regolare. "Ho più udito che studiato", dichiarerà un giorno egli stesso, "ma a quello che udivo feci sempre grande attenzione e cercai di ritenere ciò che mi aveva piû colpito e che mi sembrava doversi preferire".
Se questi primi anni viennesi gli riuscirono di non dubbia utilità per lo sviluppo e l'ampliamento delle sue cognizioni, non si può negare che il fanciullo conducesse, nella cantoria di S. Stefano, una misera vita. Il trattamento severo, le cure molteplici, lo scarso nutrimento, le privazioni e fatiche risvegliarono in lui il tenero ricordo della casa paterna. Ma il suo carattere non era portato alle ubbie sentimentali e ai malinconici abbandoni, né mai perdette l'innata spensieratezza. Quando Maria Teresa, nella Pentecoste del 1745, si recò a Schönbrunn, la cantoria di S. Stefano fu chiamata per le funzioni sacre. Haydn, che allora aveva tredici anni, punto intimorito dalla presenza dell'imperatrice, non mancò di farsi notare per la sua vivacità tumultuosa. Né si modificò con gli anni: nel 1749, sulla soglia del diciottesimo anno, con un colpo di forbici tagliò netto la treccia d'un suo condiscepolo che gli sedeva dinanzi. Ciò servì di pretesto per allontanarlo dalla cappella, ma il vero motivo fu che la sua voce di adulto non era più idonea a una cantoria di fanciulli. Una volta messo fuori di S. Stefano, Reutter non si curò più di lui. È questo il momento più difficile della vita di Haydn. Solo, senza tetto e privo di mezzi, egli affronta virilmente e con spirito la sua terribile situazione. Si ricorda d'un conoscente, il cantore e maestro di musica Spangler, un buon uomo ma povero in canna, si reca da lui e ne riceve conforto e ospitalità. Si dà a un lavoro assiduo e continuo, dà lezioni, scrive musica per i suoi allievi e dietro commissione, riesce a mettere su un gruzzolo che gli consente d'avere una sua dimora: una soffitta, è vero, ma in una casa assai distinta, dove, al terzo piano, abitava Pietro Metastasio. Questi prende interesse al giovane musicista spaesato e gli procura lezioni. Attraverso il Metastasio avvicinò anche N. Porpora, ma quanto è comunemente diffuso circa i rapporti di H. col dotto musicista napoletano si può considerare come appartenente più alla leggenda che alla storia. Otto anni dura questa vita incerta e ineguale di H., diviso fra il duro mestiere d'insegnante, l'ufficio occasionale d'organista e violinista, la composizione delle musiche più disparate.
In generale dall'attività di Haydn durante questi duri anni viennesi non è agevole indovinare la forte tempra del musicista. Quantunque abbia scritto molta musica per cembalo e anche una messa, egli si specializzò, in questo periodo, nella composizione di Singspiele (sorta di operette), acquistandosi una discreta fama. Il celebre pagliaccio viennese Joseph Kurz ricorse a lui per la musica d'una buffoneria musicale di sua invenzione: Der hinkende Teufel (secondo altri il vero titolo suonava invece Der neue Krumme Teufel).
Lo sviluppo musicale di H. deve molto al nobile ambiente in cui egli ebbe la ventura di penetrare e allo spirito di mecenatismo che allora fioriva a Vienna. La cappella musicale della Corte imperiale era il gran modello a cui si tenevano i magnati austriaci e ungheresi. Spesso essi medesimi erano valenti esecutori, dotati di pronte e naturali qualità musicali. Dalla soffitta del Michaelerhaus, il Haydn diffondeva numerose composizioni che, specialmente quelle per cembalo, i minuetti e altre forme semplici, godevano d'un largo successo fra i cultori di musica e valsero a ottenergli utili relazioni. Fra queste veramente preziosa fu per H. l'amicizia del barone von Fürnberg, che, nel suo campestre possedimento di Weinzierl, col violoncellista Albrechtsberger e altri amava dedicarsi alla musica da camera. Ad uso di questa comitiva, H. cominciò a comporre pezzi per quartetto d'archi. Tra il 1755 e il 1756 scrisse le opere numerate da 1 a 3, formate di notturni, divertimenti, cassazioni, pubblicate in seguito a Londra, anche col nome di quartetti.
Finalmente nel 1758, a 26 anni, H. conquista una stabile posizione sociale, come direttore e compositore del conte boemo Massimiliano Morzin che, a Dolní Lukavice presso Přeštice, aveva una cappella musicale. Vi concorrevano, con la loro opera, 15 esecutori, numero che, dopo l'assunzione di H. come direttore, venne spesso aumentato. Ma a parte le esecuzioni di etichetta, con i soliti Divertimenti e Serenate, la cappella del conte Morzin si esponeva anche a maggiori cimenti: un avvenimento, senza dubbio, fuori dell'ordinario dovette essere quello per cui H. scrisse, nel 1759, quella che è generalmente considerata la sua prima sinfonia (secondo alcuni come prima sinfonia di H. deve essere considerata l'op.1, n. 5). È una composizione in tre tempi, formata d'un Andante per archi soli, di un Allegro e di un Finale per archi, oboe e corno. H. passa alla sinfonia attraverso l'ouverture d'opera italiana e il divertimento, anch'esso all'italiana, formato di più tempi. Notevole è quello a sei, scritto anche nel 1759, per due violini, due corni, corno inglese e fagotto.
Per l'ufficio di maestro di cappella presso il conte Morzin, H. riscuoteva un onorario stabile di 200 fiorini oltre il vitto e l'alloggio. Il regolamento della cappella comitale, tra l'altro, vietava al personale di servizio di prendere moglie: ma H. infranse il divieto e nel 1760 tolse in moglie Anna Maria figlia di Johannes Peter Keller, barbiere di Vienna. Il matrimonio fu tutt'altro che felice, perché la donna era insignificante e volgare, incapace di comprendere il valore del marito. Il H. fu costretto a separarsene, né mai pensò a una riconciliazione. Ma il conte Morzin non poté mantenere in vita la sua cappella e H. passò senz'altro al servizio del principe Paolo Antonio Esterházy che aveva ad Eisenstadt una notevole cappella musicale diretta da Werner. Nel 1761 egli riceve il suo nuovo contratto che lo impegna come vice-maestro, con l'incarico di scrivere musica e dirigerla, quando occorresse, e con la responsabilità di tutto l'andamento musicale. Tra l'altro "ogni giorno, nelle ore antimeridiane e di nuovo nel pomeriggio, egli doveva trovarsi nell'anticamera ad attendere ordini, vigilare che i musici fossero presenti all'ora giusta e prendere nota dei ritardatarî e degli assenti". Ma l'umiltà del carico non pregiudica gl'interessi spirituali di H. Qui comincia il momento centrale e determinante della sua vita artistica. Con l'ufficio presso gli Esterházy, che dopo la morte del titolare diventerà di primo maestro, ha rapporto molta parte della sua produzione musicale. La vita di H. è strettamente legata al nome della nobile famiglia ungherese. Il vero mecenate di H. fu Nicola Esterházy che, nel 1762 traslocò la cappella da Eisenstadt in un grandioso castello, all'estremità del lago di Neusiedl. Questa nuova residenza venne chiamata Eszterháza, dal nome di famiglia, e per i suoi splendori valse al principe l'appellativo di Magnifico. Il principe di Rohan, ambasciatore di Francia a Vienna, quando vi si recò nel 1772 dichiarò Eszterháza una seconda Versailles. L'anno seguente l'imperatrice Maria Teresa vi andò a passare alcuni giorni e in quell'occasione fu rappresentata in suo onore un'opera per marionette con musica di H., L'infedeltà delusa. In questo ambiente suggestivo la musica occupava un posto centrale. Vi erano invitati anche artisti stranieri e soprattutto italiani, quali N. Piccinni, A. Sacchini, G. Sarti, T. Traetta, D. Cimarosa, N. Paisiello.
L'attività musicale di H., in questo ambiente, è continua e molteplice: agl'impegni del servizio si aggiungono gl'inviti degli ammiratori. Sia d'inverno nel palazzo principesco di Vienna, sia d'estate nel castello di Eszterháza, i concerti erano continui, le commissioni di lavori musicali fioccavano, specie da Vienna e da Praga: nuovi manoscritti partivano con frequenza incredibile alla volta degli editori Artaria di Vienna e Breitkopf di Lipsia. Nella composizione H. era metodico e regolare come in un qualunque altro ufficio professionale. Religioso e pio, attribuiva l'ispirazione artistica a dono divino; "Mi levo di buon'ora", riferisce egli stesso, "e appena vestito prego in ginocchio Iddio e la Santa Vergine che tutto vada bene. Dopo una piccola colazione mi metto al cembalo e comincio a cercare. Se trovo subito, tutto va bene e presto: ma se ciò non accade, riconosco di aver perduto la grazia per un qualunque peccato e torno a pregare finché non mi sento perdonato". Al primo periodo di Eszterháza appartengono i 18 quartetti riuniti sotto i numeri di op. 9,17,20, il quartetto in re minore, op. 42, il primo trio col pianoforte, le prime sedici sonate per pianoforte, numerosi concerti e divertimenti. Nel 1764 la sua fama cominciava a diffondersi oltre i confini della patria, i suoi quartetti già erano apparsi in Francia; in Inghilterra, in Spagna, in Olanda le sue composizioni erano considerate. Nel 1771 già aveva al suo attivo 41 sinfonie: dal 1772 al 1781 ne compose altre 30 che segnano una nuova affermazione e un gran progresso nella potenza discorsiva e nello sviluppo architettonico.
Nel 1790 muore il principe Nicola, e il successore Paolo Antonio, poco amante della musica, scioglie la cappella, mantenendo H. in carica solo nominalmente e per ragioni di rappresentanza. Trasferitosi a Vienna, H. vi conobbe Mozart, al quale rimase legato da viva ammirazione e simpatia. Ma l'antico e inappagato desiderio di viaggiare poté su di lui più che l'attrazione della metropoli austriaca, e quando nel 1790 un agente di concerti gli rivolse l'invito di recarsi a Londra, egli accettò subito nonostante il consiglio contrario di parenti e d'amici. Particolarmente doloroso fu il distacco dalla sua ottima amica Marianna von Genzinger. Egli le dedicò un canto d'addio nel quale, alla fine, è detto: Nimm den Letzen unserer Küsse, Freundin! Ach, so lebe wohl! Marianna von Genzinger, morta in età di 38 anni, fu di tutte le donne che il maestro incontrò nella sua vita, quella che meglio e più intimamente comprese e amò l'uomo e l'artista. Relazioni di tutt'altro carattere ebbe H. con Luigia Polzelli, un'avvenente per quanto mediocre cantatrice napoletana, che l'amore del grande musicista ha elevata agli onori dell'immortalità. Aveva circa venti anni quando si recò ad Eszterháza nel 1779, in compagnia d'un marito attempato e malaticcio, che, anche mediocremente, suonava il violino. Le doti artistiche della Polzelli non erano tali da far breccia sull'anima del principe, ma a H. non riuscì difficile di trattenerla ad Eszterháza.
A Londra, grande centro musicale, H. trovò un ambiente eccezionalmente favorevole alla sua natura. I suoi concerti vi ebbero trionfali accoglienze: per essi H. scrisse le sue dodici migliori sinfonie, dette appunto londinesi, nelle quali è raggiunta la suprema vetta della sua creazione sinfonica. La concorrenza di Ignazio Pleyel, se in principio gli poté dare qualche preoccupazione, finì per essere battuta in pieno. I più alti onori gli vennero concessi: ammesso la prima volta a corte, in un ballo, si vide con meraviglia di tutti, che il principe di Galles lo salutava con un rispettoso inchino: l'università di Oxford lo proclamò dottore in musica honoris causa: l'Institut national des sciences et des arts, la Reale Accademia svedese e l'Accademia viennese di musica lo vollero tra i loro membri. Nel 1804 Vienna gli concedeva la cittadinanza onoraria.
Tornato in patria dal fortunato giro londinese non vi trovò più Mozart che se ne era andato per sempre: un altro giovane musicista gli venne presentato come scolaro, Beethoven. Ma H. non era un maestro di stile rigoroso, né la sua comunicativa andò a genio al futuro autore della nona sinfonia. Tuttavia si stabilirono fra loro cordiali relazioni. Lo dimostrerebbe anche il fatto che Beethoven dedicò al Haydn le sue prime sonate per pianoforte.
Tra gli anni 1794-95 H. si recò per la seconda volta a Londra con l'impresario Salomon. Il successo fu grande, tuttavia l'impresario rinunziò all'intera serie di concerti che aveva in progetto: non esclusa, fra le ragioni, quella politica, per l'infierire della Rivoluzione francese. Ma H. non pensava di tornare in patria, nonostante i ripetuti inviti d'un nuovo principe Esterházy, il secondo Nicola. Ottenne invece una seconda licenza e nel 1795 prese nuovi impegni di concerti al King's Theater. Ritornò da Londra colmo di gloria.
I primi anni di attività dopo il secondo viaggio a Londra, non comportano in H. decadenza, ma raggiungono nuove altezze: opere come gli oratorî Die Schöpfung (La creazione) del 1798 e Die Jahreszeiten (Le stagioni) del 1801 che, da sole, avrebbero potuto rendere immortale il nome dell'autore, nacquero proprio in questo periodo della sua maturità. Certo, al musicista attempato il lavoro non riusciva più facile come una volta. Per La creazione gli occorsero tre anni e spesso era una fatica penosa. In una lettera a Griesinger, del 1799, dice testualmente così: "Il mondo si congratula ogni giorno con me per il fuoco dei miei ultimi lavori, ma nessuno immagina la fatica e lo sforzo che essi mi costano".
Il più grande successo artistico di H. fu la prima esecuzione dell'oratorio La creazione, il 30 aprile 1798, nel palazzo del principe Schwarzenberg. Dato lo straordinario fervore di consensi, la nuova opera del maestro venne offerta a una più ampia pubblicità nel Burgtheater e vi fu "una così spaventosa e pericolosa calca quale non si era ancora vista dalla fondazione del teatro". Con l'oratorio Le stagioni, eseguito la prima volta il 24 aprile 1801, la potenza creativa di H. si può dire praticamente esaurita. Trascorse gli ultimi anni della sua vita celebrato e amato quanto nessun artista, forse, fu mai. Particolari onoranze gli vennero tributate il 27 marzo 1808 con un'esecuzione della Creazione. Il vecchio maestro, che da tempo non lasciava la sua casa, fu ricevuto con particolare solennità. Nella fitta schiera dei suoi amici ed ammiratori si notava Beethoven. Fu sollevato a braccia e trasportato nella sala al suo posto d'onore, accanto al principe Esterházy. Napoleone, che allora aveva preso Vienna, mise una guardia d'onore alla porta della sua casa.
H. fu musicista di una fecondità prodigiosa, benché essa sia dovuta, in notevole parte, a ragioni professionali e non costituisca il vero motivo della sua gloria artistica. Nessuna forma sfuggì alla sua alacrità produttiva; commissioni e incarichi non gli mancarono mai. Scrisse 104 sinfonie, tra cui quelle del periodo londinese segnano la parte migliore. Alcune, come anche varî quartetti, raggiunsero una fama che coniò loro dei soprannomi. Così la sinfonia dell'Addio, che è l'unica notevole nel primo periodo dell'attività sinfonica haydniana; le sinfonie del ciclo francese, La chasse, L'ours, La poule, La reine; e le altre posteriori e di maggior pregio, come la sinfonia della caccia del 1781, quella in Sol magg. del 1786, la Oxford e la sinfonia dei fanciulli del 1788. Tra le londinesi si ricordano maggiormente le sinfonie n. 94 e 95, la militare, n. 100, quelle in si bem. n. 102 e in mi bem. n. 103, detta col rullo di timpani; quella stupenda in re magg. op. 104, che è il capolavoro di H. Altre composizioni secondarie, per orchestra: 105 fra divertimenti, serenate e cassazioni, 31 concerti per strumenti a corde e a fiato, una quarantina di pezzi minori. Nella musica da camera primeggiano i quartetti che sono vere sinfonie da camera. Anche in questo campo, già battuto dagl'Italiani, H. impresse orme proprie. Ne scrisse 76; secondo altri la numerazione è di 83, perché vi si comprendono le libere trascrizioni dell'opera corale Le sette parole del Redentore e alcuni divertimenti e cassazioni. Comunque, i quartetti veri e proprî vennero prodotti in serie di 6 ciascuna, in dodici riprese, più alcuni altri che apparvero separatamente. Il più antico quartetto di H. risale al 1759, prima di Eisenstadt. La prima e la seconda serie costituiscono le opere 1 e 2 e rimontano al 1762. Seguono: III serie, op. 3, tra il 1767 e il 1768; IV, op. 9,1769; V, op. 17,1771; VI, op. 20, 1771. Fra queste due ultime serie appare isolatamente il quartetto op. 42, in re min. Dopo una lunga pausa, dedicata alla composizione di sinfonie, appare la VII serie, nel 1783, col numero di op. 33 (not. il quartetto degli uccelli). È notevole il fatto che il minuetto è, talora, sostituito da uno scherzo. L'VIII serie, op. 50, fu compiuta fra il 1784 e il 1787; la IX, op. 54 e 55, e la x, op. 64, fra il 1789 e il 1790. L'XI, op. 71 e 74, col quartetto detto dei cavalieri, risale agli anni 1782 e 1794; la XII, op. 76, col quartetto delle quinte, è del 1799. Infine vengono i quartetti op. 77 e l'incompiuto op. 103, del 1806. Un quintetto, un centinaio di composizioni per soli, a due e tre stmmenti, più di 130 pezzi per baritono (specie di violoncello) compiono il lunghissimo elenco di musiche da camera giunte fino a noi. La sua attività come autore di opere teatrali ha un valore di secondaria importanza; fra una dozzina di opere composte basti ricordare L'infedeltà delusa (1773), L'isola disabitata (1779), Lo speziale (1768). Scrisse anche molta musica sacra: 14 messe (S. Cecilia, Nelson, Teresa, ecc.), Le sette parole, Il ritorno di Tobia, oratorio precedente i due famosi già ricordati, molti Lieder, melodie popolari delle quali la più fortunata fu certamente quella che, in seguito, doveva diventare l'inno nazionale tedesco.
La grandezza musicale di H. si svolge in perfetta armonia con lo spirito dei tempi. Sorto in pieno Settecento, egli, a poco a poco, si differenzia e si qualifica individualmente sullo sfondo incolore della musica di mestiere e tende verso gli orizzonti di tempi nuovi. Tutto l'interesse della figura artistica di Haydn sta in questo formarsi d'una personalità nuova e profonda nella tecnica stessa d'un ambiente musicale di mestiere. Personalità che s'afferma col penetrare in profondità la maniera elegante dello stile diffuso per dilettanti e amatori, cantabile per piacere, complimentoso per etichetta. Due correnti musicali precedono il momento storico di H.: la lirica del sentimento e della galanteria, vocale e strumentale, degl'Italiani, lo spirito intrinsecamente religioso e polifonico che aveva culminato in J. S. Bach. Haydn aduna e rifonde queste due correnti: l'unità che ne viene fuori, mirabile processo di sintesi, è la sinfonia, non nel senso retorico della forma che già esisteva ed era un'altra cosa ma come essenzialità d'un nuovo spirito musicale, come linguaggio musicale puro. La forza di questo linguaggio consiste principalmente nel lavoro tematico che è un canto analitico e minuzioso. In ogni melodia vi può essere un tesoro latente; in un frammento, il palpito d'un mondo. La grandezza di H. sta nello scorgere queste profondità nascoste; la stessa via che, percorsa da Beethoven, farà scoprire altre vette. Da motivi anche insignifiqanti il sinfonista sa sviluppare nuova e splendida musica, in tutte le varietà immaginabili di struttura e di movimento. È un linguaggio che parla con una finalità determinata da sé stesso e vive d'una sua organica necessità e d'una sua propria vicenda. In ogni tema c'è una luce che H. rivela agli occhi del profano, che non sanno vedere. Giocondità e contemplazione sono gli elementi essenziali del suo temperamento musicale: mobilità di spirito che sa vedere dappertutto qualcosa di nuovo; una fantasia continuamente rinnovata da un fresco spirito di popolo, applicata alla trasformazione perenne del dato musicale.
La maggior parte delle composizioni musicali di H. cominciò ad apparire in stampa dal 1780. I suoi editori più importanti furono l'Artaria di Vienna e il Breitkopf di Lipsia, dal 1787. Anche a Londra e poi ad Amsterdam e Bonn (Simrock) furono pubblicate le sue opere.
Bibl.: E. F. Pohl, Joseph Haydn, voll. 2, Lipsia 1875-1882, completata da H. Botstiber, 1927; H. von Hase, J. H., Lipsia 1909; H. Kretzschmar, Führer durch den Konzertsaal, Lipsia 1921; A. Schnerich, Joseph Haydn und seine Sendung, Lipsia 1926; W. Altmann, Handbuch für Streichquartettspieler, I-III, Berlino 1928-29; K. Kobald, Klassische Musikstätten, Vienna 1928; E. Bücken, Die Musik des Rokokos und der Klassik, Wildpark-Potsdam 1929; Roland Tenschert, J. H., Berlino 1932.