VARGAS MACHUCA, Francesco
– Nacque a Teramo, quartogenito di cinque figli, il 26 settembre 1699 da Tommaso (1° giugno 1669-20 gennaio 1755), allora preside della locale Udienza, poi duca (20 maggio 1732), dal 1735 consigliere del Sacro Regio Consiglio (Archivio di Stato di Napoli, Real Camera di S. Chiara, Terne, vol. 1, c. 4r), e da Giovanna Quarto (21 dicembre 1676-1° febbraio 1746), figlia di Francesco duca di Belgioioso.
L’aristocratica famiglia paterna si era trasferita dall’Aragona a Napoli quando il bisnonno Juan Crisostomo (1605-1677), luogotenente della Corte del Justicia de Aragón, era dovuto emigrare con l’accusa di avere attentato ai fueros aragonesi schierandosi con la Corona: Filippo IV lo aveva ricompensato conferendogli la carica di avvocato fiscale in Sardegna (1655) e poi di consigliere del Collaterale napoletano (1658). Il nonno Michele (1636-1717) era stato presidente della Sommaria e reggente del Consejo de Ytalia.
Rientrato a Napoli all’età di dieci anni, Vargas si formò, insieme con il fratello maggiore Crisostomo, nel Collegio dei gesuiti, sotto la guida di Camillo Eucherio de Quintiis: nella chiusura della scuola avrebbe svolto un ruolo non marginale al tempo della soppressione della Compagnia di Gesù (De Maio, 1971, p. 265; Strazzullo, 1984, p. 123), allorché fu anche membro della Giunta degli Abusi (febbraio 1768; Tanucci, 1980-2003, XX, p. 99). Appassionato di scienze e di musica (un suo trattato sul contrappunto fu lodato da Alessandro Scarlatti), tradusse alcuni capitoli di The true intellectual system of the Universe (1678, Il vero intellettual sistema dell’universo, Londra 1724) del teologo inglese Ralph Cudworth, duro atto d’accusa dell’ateismo e del cartesianismo: nell’anonima dedica A’ Signori della Real Società di Londra (che gli valse l’ammissione alla Royal Society) Vargas, fissando coordinate alle quali sarebbe rimasto coerente, da un lato prendeva le distanze dalle «Aristoteliche ciance» scolastiche, dall’altro assicurava d’aver voluto difendere la «causa di Dio» contro gli «empj».
Si laureò in giurisprudenza nel maggio del 1723 (Giustiniani, 1788, p. 233). Tra il 1728 e il 1730, introdotto dallo zio materno Ettore, vescovo, frequentò la corte pontificia, stabilendo contatti con i cardinali Lorenzo Corsini e Prospero Lambertini, i futuri papi Clemente XII e Benedetto XIV (Strazzullo, 1984, p. 124). Intraprese la professione di avvocato con successo (per un elenco delle principali allegazioni: Giustiniani, 1788, pp. 235 s.; Strazzullo, 1984, p. 125 nota 165), tanto che Niccolò Fraggianni lo scelse come legale di fiducia (D.T.V.M., 1813, p. 183). Peraltro, egli usò prestare gratuito patrocinio sotto l’egida della Congregazione di Sant’Ivone, della quale fu governatore dal 1743 al 1747 (Mastroberti, 2018, p. 111). Non temette di entrare in conflitto con l’ideologia del ceto di appartenenza: nell’orazione La dignità della ragion di Stato e Guerra difesa ne’ suoi Consiglieri (Napoli 1733), trasmessa già nel 1732 a Pietro Giannone a Vienna (D.T.V.M., 1813, p. 184), teorizzò il primato della ragion di Stato sulla ragion civile, al fine di dimostrare l’infondatezza della pretesa dei componenti togati del Consiglio collaterale di vedersi parificati, nel cerimoniale, ai colleghi aristocratici di cappa e spada.
Negli anni cruciali del Concordato con la S. Sede (1741) si specializzò nel contenzioso Stato-Chiesa. Il 20 luglio 1741 stilò una memoria a sostegno della protesta del clero regolare contro i quattro ordini mendicanti, i quali rivendicavano in via permanente la carica di decano del Collegio dei teologi di Napoli.
Con acribia filologica il testo smontava le prove documentali addotte dai mendicanti, incluse quelle avallate da eventuali pronunce giudiziarie, a meno che – ironizzava l’autore – non si credesse davvero, com’era avvenuto in Francia, che una sentenza del Parlamento di Grenoble bastasse ad attestare una gravidanza procurata «per sola forza immaginativa [...] senza menoma opera d’Uomo» (Dissertazione sul Decanato e autenticità de’ Privilegj del Real Collegio de’ Teologi di questa Città..., s.l. s.d. [1741], spec. pp. CI, CIX, CXII-CXV).
Nel 1745 appoggiò la crociata degli Eletti di Napoli per l’abolizione delle doti monastiche. L’annosa questione, pretermessa dal Concordato, era tornata d’attualità a seguito di una bolla di Benedetto XIV (26 gennaio 1742), che aveva invano esortato i monasteri a sostentarsi mediante le proprie rendite. La Dissertazione di Vargas, presto affiancata dalle consulte di Stefano Patrizi (in partic. la Supplica della città di Lecce [...] intorno alla polizia delle doti monastiche, Napoli 1749), equiparava l’abuso e il lusso sfrenato ad atti di simonia e li lesse come sintomi della sproporzione tra i «pesi» gravanti sui laici e le «strabbocchevoli immunità, e franchigie» ecclesiastiche (Dissertazione intorno La Riforma degli abusi introdotti ne’ Munisteri delle Monache per le Doti [...] scritta di ordine degli Ecc.mi Signori Eletti [...] con loro Conclusione de’ 15 Febrajo 1744, Napoli XX Decembre 1745, in partic. pp. I-III, CXLIII). L’opera conobbe varie ristampe (Napoli-Lucca 1748; Napoli 1764; Napoli-Lucca 1769) e diffusi apprezzamenti (ad esempio da Giovanni Lami, in Novelle letterarie, VIII (1747), 5, 3 febbraio, coll. 71-73). Nel recensirla, l’abate-scienziato padovano Alberto Fortis rincarò l’insofferenza verso il parassitismo della vita monastica, «sciagurata alchimia» tra «ignoranza», «impostura», «superstizione», «cupidigia» (in L’Europa letteraria, III, 1, 1° gennaio 1770, pp. 21-31; Venturi, 1976, p. 117).
In un processo davanti alla Camera della Sommaria del 1746 due allegazioni di Vargas consentirono alle Regie Dogane di sconfiggere l’assentista generale della Marina. Il risultato gli valse la nomina, il 7 settembre 1748, su segnalazione del ministro delle Finanze Leopoldo de Gregorio marchese di Squillace, ad assessore della neoistituita Soprintendenza generale delle Dogane. Il 29 novembre seguente entrò in magistratura come giudice civile di Vicaria. Del resto il suo nome era già circolato più volte, dal giugno del 1742, nelle terne degli aspiranti a segretario della Camera di S. Chiara, e sempre rimarcando le benemerenze acquisite in «cause gravi giurisdizionali» (Archivio di Stato di Napoli, Real Camera di S. Chiara, Terne, vol. 1, c. 197r; vol. 2, cc. 58r-60v, 126v-127v, 180r, 196v-197r).
Nella primavera del 1749 (probabilmente il 26 aprile: de Jorio, 1802, p. 73; Archivio di Stato di Napoli, Real Camera di S. Chiara, vol. 2, c. 236r) Vargas passò al tribunale della Sommaria con la qualifica di presidente. Il 16 agosto 1749 entrò nella Giunta per il Codice carolino. Nel corso degli anni Cinquanta fu inserito in varie giunte strategiche per l’economia del Regno (catasti, poste, seta) e fu delegato dell’arte degli Orefici (Archivio di Stato di Napoli, Real Camera di S. Chiara, Bozze del Consiglio, vol. 266, busta 23).
Divenuto, nel 1752, avvocato fiscale del Real Patrimonio (D.T.V.M., 1813, p. 175), non esitò a dispiegare il suo piglio regalistico, come si evince dalla ricompra degli arrendamenti del 1753 (Pepe, 1785, p. 78); o dalla ruvida difesa, insieme con il collega Carlo Mauri, del diritto del sovrano di deviare corsi d’acqua rientranti nei feudi dei duchi di Maddaloni, al fine di approvigionare le fontane della Reggia di Caserta (Ragioni Per la diversione ordinata dalla Maestà del Re di alcune Acque d’Airola per la Regal Villa di Caserta, Napoli, 5 agosto 1759). Dal 4 agosto e dal 22 settembre 1761 fece parte, rispettivamente, della Giunta di Strade e Ponti e della Giunta del Tabacco; dal 27 maggio 1762 fu componente del Tribunale misto (Tanucci, 1980-2003, IX, p. 894; X, p. 147 e nota; XII, 1, lettera 5 luglio 1763, p. 300; lettera 19 luglio 1763, p. 337; Pepe, 1785, p. 83).
Il 30 giugno 1763, dopo undici anni di avvocatura fiscale, assurse a caporuota del Sacro Consiglio e consigliere della Camera di S. Chiara. Forse gli giovò l’appoggio di Bernardo Tanucci, che un mese prima ne aveva segnalato a Carlo III la competenza giurisdizionalistica, comprovata dal legame con Fraggianni (Tanucci, 1980-2003, XII, 1, lettera 24 maggio 1763, p. 206). Alla nomina a caporuota fece immediato seguito (primi di luglio 1763) quella a delegato della Real Giurisdizione (cfr. ibid., lettera 12 luglio 1763, p. 316; XII, 2, lettera 23 agosto 1763, p. 419; ma cfr. 20 agosto 1763, p. 415). In tale ruolo Vargas subentrava ad Angelo Cavalcanti che, a dire di Tanucci (1980-2003, XII, 1, lettera 5 luglio 1763, p. 297), nel breve servizio prestato aveva «disgustato la curia napoletana» perché «debole» o forse semplicemente inesperto: il nuovo prescelto, al contrario, «forse non piacerà agli ecclesiastici». Il giudizio del segretario di Stato su Vargas rimase però oscillante tra il fastidio per l’esasperante tatticismo e la sintonia anticurialista (Strazzullo, 1984, p. 123).
Dal 7 luglio 1763, e sino al 1769, Vargas fu anche grassiere, ossia prefetto dell’Annona: in tale carica dovette fronteggiare la carestia del 1764. Ma i riscontri più lusinghieri continuavano a provenirgli dal versante giurisdizionalista (cfr. le consulte raccolte da D. Gatta, Reali Dispacci..., I, Napoli 1773). A questo filone va ascritta la sua opera forse piú rilevante («un capolavoro nel suo genere»: Giustiniani, 1788, p. 236), l’Esame delle vantate carte, e diplomi de’ RR.PP. della Certosa di S. Stefano del Bosco in Calabria (Napoli 1765), puntigliosa difesa delle «regalie, e prerogative giurisdizionali» del Fisco contro le presunte usurpazioni perpetrate dalla certosa calabrese di Serra S. Bruno. La controversia, della quale egli si era occupato sin dal 1753 e che era stata definita da una sentenza della Camera della Sommaria del 1758, riemerse nei primi anni Sessanta a seguito di circostanziate denunce. Tanucci convinse la Segreteria d’azienda ad affidare il dossier ancora a Vargas: «Per persuadere mostrai che la causa ricercava non solamente la giurisprudenza del foro, ma anche quella piú fina della storia profana e sagra e della diplomatica, nella quale il fiscale Caravita non è versato» (1980-2003, XII, 2, lettera al re 15 novembre 1763, p. 618; ma cfr. lettera al re 10 gennaio 1764, p. 743).
In attesa che una commissione ministeriale rivedesse la pronuncia della Sommaria, Vargas, deciso a contrastare le scritture di Carlo Franchi (Difesa degli Antichi Diplomi Normannici..., s.l. né d. [ma Napoli, 1° agosto 1758]) e di don Stefano Manfredi, si avventurò in una «monumentale» controffensiva (Rosa, 1969, p. 42), la quale prendeva le mosse da un’irridente citazione delle muratoriane Antiquitates italicae Medii Aevi: «Nos ridemus ineptas et spurias veterum chartas, ac supposititia Regum diplomata». L’autore si diceva convinto che «il gusto per gli studj del Diritto Pubblico, e dell’Arte Diplomatica», promosso sin dall’inizio dal governo borbonico, stimolasse finalmente a vagliare l’autenticità di «carte, diplomi, e privilegi» che in precedenza non si osava discutere «sopratutto se uscivan da’ Monastici Archivj». Le battute finali invitavano i certosini a una resa onorevole, ossia a confessare le sopraffazioni imposte ai «meschini» abitanti della zona sulla base di «mal formate cartacce» (Esame delle vantate carte..., cit., pp. 3 s., 704).
Il ponderoso tomo suscitò la garbata ma ferma confutazione del certosino Benedetto Tromby, parimenti debitrice di insegnamenti di Ludovico Antonio Muratori (Risposta di un anonimo certosino professo della certosa di S. Steffano del Bosco..., Napoli 1766 [ma l’explicit riporta, come data di chiusura della II parte, il 20 agosto 1767: p. DCCXXVII]; a p. CXXXV la citazione di Muratori). Il monaco dilatò in seguito la polemica nella Storia critico-cronologica diplomatica del patriarca S. Brunone e del suo Ordine cartusiano (I-X, Napoli 1773-1779). La causa si concluse con una transazione invero non sfavorevole alla certosa. A posteriori, il metodo adottato da Vargas fu oggetto di critica ma se ne riconobbe il pregio di aver valorizzato l’impiego della diplomatica nei contesti giudiziari. L’alto magistrato restava uno degli ultimi esponenti di un regalismo ‘cattolico’ ancora capace di padroneggiare le Sacre Scritture e la teologia (De Maio, 1971, pp. 326, 264).
Sempre nel 1765 Vargas pubblicò una Memoria pe’l ceto de’ Secolari della città di Molfetta (Napoli 1765). Il testo si apriva con una severa censura – confortata dalle testimonianze di Paolo Sarpi, Jean Bodin e, per il Regno, di Giuseppe Aurelio di Gennaro – alla manomorta ecclesiastica, per concentrarsi poi sull’abnormità del patrimonio accumulato dalla chiesa di Molfetta. Tra raffinate citazioni (dall’inconsueto De cive di Thomas Hobbes a Muratori) che richiamavano al rispetto dell’eguaglianza ‘naturale’ e alla prevalenza della solidarietà cristiana sugli interessi dei ministri del culto, l’autore proponeva un’interpretazione della costituzione fridericiana Praedecessorum Nostrorum che avrebbe legittimato un’accettabile limitazione della capacità d’acquisto degli enti ecclesiastici.
Nel ritrarre a beneficio del re di Spagna gli anziani componenti della Camera di S. Chiara, il 17 maggio 1768, Tanucci (1980-2003) non fu tenero verso Vargas: «È illuminato, sa molte cose, ma senza ordine, e perciò senza fermezza; ben diceva di lui Fraggianni, che era la mente una bottega di belli, ricchi e molti scampoli di drappi» ma non idonei a formare un vestito (XX, p. 308). Vargas fu «giubilato con tutti gli onori» il 7 maggio 1783 e sostituito da Diodato Torgiani nella Delegazione della Real Giurisdizione (Archivio di Stato di Napoli, Real Camera di S. Chiara, Registro Dispacci di massima, b. 2, pp. 381 s.; de Jorio, 1802, p. 73 riporta invece la data del 9 maggio). Contestualmente suo figlio Tommaso fu nominato giudice della Vicaria civile (Pepe, 1785, p. 90).
Vargas era affiliato all’Accademia degli Immaturi, fondata da Vincenzo Ambrogio Galdi nel 1759 (Sannino, 2002). Fu socio onorario dell’Accademia delle scienze e belle lettere, istituita da Ferdinando IV nel 1778 (Strazzullo, 1984, p. 130). Il cospicuo patrimonio librario gli procurò il soprannome, coniato da Tanucci, di «biblioteca ambulante» (D.T.V.M., 1813, p. 187).
In età avanzata, il 16 ottobre 1757, sposò Vincenza Bonito (1738-1800), figlia di Francesco principe di Casapesenna e di Anna Maria Saluzzo Carafa principessa di Lequile. Dal matrimonio erano nati Giovanna (1758-1759), Tommaso (12 maggio 1760-7 ottobre 1843), Antonia (1761-1833), Carlotta (1770-1829). L’11 gennaio 1767 Vargas ricevette in donazione dalla cugina Giacinta Rocca il titolo di marchese di Vatolla (Ebner, 1982). Per l’intera carriera si fregiò dell’appellativo di cavaliere di Malta in virtù di un privilegio cinquecentesco (Pepe, 1785, p. 61).
Negli ultimi anni si dedicò nuovamente alle traduzioni: quella del Traité de la confiance en la misericorde de Dieu di Jean-Joseph Languet de Gergy (1715; Trattato della confidenza nella misericordia di Dio, Napoli 1772); e quella, parziale, di Edward Young, The complaint, or Night thoughts on life, death and immortality (1742-1745; Il savio in solitudine, Napoli 1776 e 1781, già pronta alla fine di settembre 1772: cfr. Strazzullo, 1984, pp. 279, 283), cui antepose un Avvertimento del traduttore a’ suoi figliuoli che esaltava la sapienza e il coraggio di Galileo Galilei.
Vargas morì il 17 luglio 1785 a Napoli, dove fu sepolto nella chiesa di S. Giacomo degli Spagnoli.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Napoli, Real Camera di S. Chiara, Bozze delle Consulte, voll. 178, b. 29, 266, b. 23; Registro Dispacci di massima, b. 2, pp. 381-382; Terne, c. 197r; 2, cc. 58r-60v, 126v-127v, 180r, 196v-197v, 236r.
F. Pepe, Elogio storico del Marchese Vargas Macciucca, in Giornale enciclopedico del Regno di Napoli, settembre 1785, pp. 60-94; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, III, Napoli 1788, pp. 232-237; M. de Jorio, Notiziario ragionato del Sacro Regio Consiglio e della Real Camera di S. Chiara..., Napoli, 24 marzo 1802, pp. 64, 73; P. Napoli-Signorelli, Vicende della coltura nelle Due Sicilie..., VI, Napoli 1811, pp. 146-148; D.T.V.M. [= Don Tommaso Vargas Machuca], Marchese Francesco Vargas Macciucca, in Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli..., I, Napoli 1813, pp. 180-188; A. de Vargas Machuca, Breve cenno storico dei de Vargas e de Vargas Machuca..., s.l. s.d. [ma Roma 1931], in partic. tavv. II-III; A. Melpignano S.J., L’anticurialismo napoletano sotto Carlo III, Roma 1965, pp. 130-135; M. Rosa, L’«età muratoriana» nell’Italia del ’700 (1963) e Politica concordataria, giurisdizionalismo e organizzazione ecclesiastica nel Regno di Napoli sotto Carlo di Borbone (1967), in Id., Riformatori e ribelli nel ’700 religioso italiano, Bari 1969, pp. 42, 154; R. De Maio, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna (1656-1799), Napoli 1971, ad ind.; F. Venturi, Settecento riformatore, II, La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti. 1758-1774, Torino 1976, pp. 117, 205, 227 nota; B. Tanucci, Epistolario, I-XX, Roma 1980-2003, IX, X, XII, 1 e 2, XX, ad indices; E. Chiosi, Andrea Serrao. Apologia e crisi del regalismo nel Settecento napoletano, Napoli 1981, p. 105; P. Ebner, Chiesa baroni e popolo nel Cilento, II, Roma 1982, p. 710; F. Strazzullo, Il carteggio Martorelli - Vargas Macciucca, Napoli 1984, pp. 93, 121-130; R. Tufano, Michele Torcia. Cultura e politica nel secondo Settecento napoletano, Napoli 2000, pp. 152 s., 171; A.L. Sannino, L’altro 1799. Cultura antidemocratica e pratica politica controrivoluzionaria nel tardo Settecento napoletano, Napoli 2002, p. 28; F. Mastroberti, Sodalitio Advocatorum..., Bologna 2018, p. 111.