MERLINO, Francesco Saverio
– Nacque a Napoli il 15 sett. 1856 da Antonio e Giovanna Colarossi.
Di ceto medioborghese, la famiglia era fortemente impregnata di cultura giuridica. Il padre, già giudice della Gran Corte criminale sotto i Borboni, mantenne l’incarico dopo l’Unità nella magistratura, divenendo consigliere di corte d’appello. I fratelli Giuseppe e Pasquale divennero uno giudice e l’altro avvocato.
Il M. si laureò giovanissimo in giurisprudenza presso la facoltà di legge dell’Università di Napoli. Nel 1877 cominciò la sua militanza anarchica come avvocato partecipando alla difesa legale degli insorti della banda del Matese. Per aver partecipato a un convegno di operai promosso dagli internazionalisti napoletani, venne arrestato il 10 nov. 1878 e detenuto fino al 5 aprile dell’anno successivo. Nel biennio 1879-81 si fece promotore a Napoli di una serie di iniziative quali la pubblicazione di alcuni periodici, tra cui il Movimento sociale, mantenendo contatti con vari anarchici della Sicilia e della Puglia. La sua militanza si esplicò in modo particolare come avvocato difensore in alcuni importanti processi. Nel 1879 difese davanti alla corte di assise di Castrovillari Giovanni Domanico e Giuseppe Fasoli e, a Firenze, Francesco Natta nel processo che vide imputati pure F. Matteucci, Anna Kuliscioff, i coniugi Pezzi e altri nove accusati.
In quegli anni collaborò al giornale La Plebe di Milano e pubblicò una serie di opuscoli: Carlo Pisacane (Milano 1879); Vincenzo Russo (ibid. 1879); Il popolo aspetta! (ibid. 1880). In questi primi scritti si può notare l’influenza del giusnaturalismo, concezione che si manifesta anche negli articoli pubblicati dalla Plebe e nella prefazione all’opera di S. Englander, L’abolizione dello Stato (ibid. 1879).
Nel 1881 partecipò, insieme con E. Malatesta, al congresso internazionale anarchico di Londra, in cui il problema centrale fu rappresentato dal nodo insurrezionale.
Dal dibattito emerse la tesi della supremazia delle minoranze agenti, con il conseguente riconoscimento della priorità dell’insurrezione armata, affidata alla volontà rivoluzionaria. Il congresso londinese segnò una svolta nella storia dell’anarchismo perché, inaugurando di fatto l’età del terrorismo individualistico, dell’azione violenta di piccoli gruppi, della lotta diretta tra rivoluzionari e Stato, consegnò gran parte del movimento operaio all’egemonia riformista, mentre definì l’identità politica del movimento anarchico come puro e solo movimento insurrezionale.
Nell’aprile 1883 il M. fu arrestato con l’accusa di cospirazione contro la sicurezza dello Stato in concorso con altri internazionalisti. Rinchiuso nelle carceri romane vi rimase in stato di detenzione fino a novembre mentre il processo si svolse a Roma tra la fine di gennaio e i primi di febbraio del 1884. Condannato a quattro anni di carcere, il M. fece ricorso in appello ottenendo la libertà provvisoria e, prima che la sentenza diventasse esecutiva, fuggì in Inghilterra.
Durante l’esilio londinese, lentamente ma irreversibilmente, assunse sempre più importanza l’attività di teorico e di studioso a scapito dell’azione di propagandista. Tra il 1885 e il 1887 pubblicò una serie di opuscoli nei quali sono trattati i problemi dell’ordinamento di una società comunista anarchica (Dell’anarchia o d’onde veniamo e dove andiamo, Firenze 1887; La fine del parlamentarismo, Napoli 1887; Socialismo o monopolismo?, Napoli-Londra 1887).
In quest’ultima opera egli risente fortemente del concetto marxiano di «accumulazione originaria». L’influenza di K. Marx, che si ritrova nettissima anche in altre parti del volume, non intacca il concetto anarchico, mutuato da P.-J. Proudhon, secondo cui il monopolio è prima di tutto una categoria storico-universale, anzi, a dir meglio una categoria metastorica. La «verità» del capitalismo è il monopolio, in quanto esso è l’anima del sistema economico vigente: da un lato il monopolio è l’approdo logico del capitalismo, dall’altro tale esito svela la «natura ultima» del sistema di dominio perché il suo principio informatore è unico, essendo fondato sulla logica del comando e della gerarchia. Nel 1888 pubblicò a Firenze il Manualetto di scienza economica ad uso degli operai, che può considerarsi la traduzione propagandistica del precedente lavoro, ma in esso il M. ampliò la riflessione sul comunismo anarchico, la cui suprema istanza andava intesa quale superamento del calcolo economico e quale impossibilità di definire il concetto di valore; constatazione, questa, che lo portò a distinguere tale dottrina sia dall’economia politica classica, sia da quella marxiana.
Nel 1889 il M. partecipò ai due congressi operai internazionali che si tennero a Parigi dai quali uscì il programma operaio internazionale di legislazione del lavoro, la proclamazione della festa del Primo maggio e l’annuncio della nascente Seconda Internazionale. Al congresso marxista non fu data possibilità al M. di presentare il suo ordine del giorno perché, dopo una vivace discussione tra lui e gli organizzatori del convegno, venne espulso. Si consumò così, attraverso questa esclusione, una nuova spaccatura fra gli anarchici e i seguaci di Marx. Nel 1890 dette alle stampe a Parigi un pamphlet molto suggestivo ed efficace: L’Italie telle qu’elle est.
L’opera non ebbe allora grande circolazione in Italia: fu infatti tradotta e pubblicata la prima volta molti decenni più tardi (Questa è l’Italia, con prefazione di F. Della Peruta, Milano 1953). In questa ricostruzione storica, la lotta politica per l’indipendenza nazionale appare piegata alle aspirazioni del dominio economico capitalista e l’intera vicenda risorgimentale finisce per ruotare attorno allo scontro tra borghesia e proletariato. Nel rapporto decisivo tra Nord e Sud il M. tocca una questione fondamentale della storia italiana: la genesi della modernizzazione capitalistica e il fallimento della rivoluzione democratica. Anticipa, sia pure di sfuggita, quel dibattito fra storiografia marxista e storiografia liberale avvenuto in Italia dopo il 1945, in quanto delinea un modulo storiografico che, per certi versi, si può definire gramsciano avant la lettre.
Nei primi mesi del 1890 il M., a Parigi, si impegnò soprattutto a preparare la giornata del Primo maggio. Il 26 aprile fu arrestato a Versailles mentre stava distribuendo volantini che incitavano ad azioni violente. Processato in contumacia dalla corte d’assise della Senna, fu condannato a 2 anni di carcere e a 3000 franchi di multa. Gli fu notificata inoltre l’espulsione dalla Francia.
Il M. riparò a Malta insieme con Paolo Schicchi. Nel febbraio-marzo del 1891 si recò in Germania con lo scopo di mettere in contatto gli anarchici tedeschi con quelli francesi e italiani. Proprio in Germania iniziò la sua critica al marxismo, pubblicando nel periodico Société nouvelle di Bruxelles alcuni importanti articoli sul socialismo tedesco e in particolare sulla dottrina di Marx (tra l’altro Socialisme et anarchisme, III [1891], pp. 347-355).
Il M. non deve essere considerato un revisionista, ma un critico del marxismo perché nega che il pensiero di Marx possa esprimere tutto il socialismo. A suo giudizio, infatti, il marxismo non è altro che una delle scuole del socialismo, la scuola autoritario-collettivistica. Il M., cioè, non critica il marxismo per un «ritorno a Marx», come nel caso di G. Sorel, né per l’erroneità di alcune sue previsioni e indicazioni, come fa E. Bernstein. Nelle sue critiche la demolizione della dottrina marxista tende a essere totale. È infatti rigettato l’economicismo deterministico perché considerato scientificamente infondato (come infondate, a suo giudizio, sono anche le previsioni della proletarizzazione crescente); ed è altresì respinta la teoria politica della dittatura del proletariato, in quanto giudicata mistificante.
Nel 1892 il M. si recò negli Stati Uniti, rimanendovi sei mesi. A New York dette vita al quindicinale Il Grido degli oppressi, volto a denunciare le condizioni di vita in cui si trovavano gli immigrati italiani. Ritornato in Europa, portò a piena maturazione la critica delle tendenze individualiste e terroristiche presenti nell’anarchismo.
L’ultimo atto della sua militanza anarchica avvenne il 30 genn. 1894, quando fu arrestato a Napoli dopo essere entrato clandestinamente in Italia con l’intento di raggiungere la Sicilia dove divampava il moto dei Fasci. Grazie a un’amnistia, fu scarcerato nel febbraio del 1896. L’abbandono dell’anarchismo avvenne a seguito di un’accesa polemica con Malatesta che si sviluppò nell’arco di tutto il 1897.
Nel gennaio di quell’anno il M. diresse al quotidiano Il Messaggero di Roma una lettera in cui invitava gli anarchici ad abbandonare il loro tradizionale astensionismo votando per i candidati dei partiti popolari. La replica di Malatesta, che ribadì le tradizionali ragioni dell’astensionismo anarchico, aprì un dibattito che affrontò tutte le questioni fondamentali della strategia rivoluzionaria e della costruzione di una società libertaria, toccando tutti i nodi del rapporto, fra democrazia, socialismo e anarchismo (le tesi del M. furono raccolte nell’opuscolo La conferenza proibita. Democrazia-socialismo-anarchia, Roma 1897).
Da quel momento il M. iniziò un processo di revisione che lo portò in breve tempo su posizioni socialiste-libertarie e socialiste-liberali. La rottura con il movimento anarchico non impedì al M. di difendere nel 1898, in qualità di avvocato, Malatesta nel processo di Ancona e nel 1900 Gaetano Bresci dopo il regicidio. Nel 1897 dette alle stampe la sua opera principale, Pro e contro il socialismo. Esposizione critica dei principi e dei sistemi socialisti (Milano).
Il proposito di questo libro era quello di far chiarezza epistemologica intorno al rapporto fra etica e scienza con lo scopo di formulare un concetto del socialismo in sé, indipendentemente dai sistemi con cui è attuato. Il socialismo, che deve essere il risultato di tentativi e di correzioni continue, non può essere racchiuso in una forma prestabilita. Esso è la risultante di una sintesi antinomica tra le ragioni dell’individuo e quelle della collettività, tra le istanze socialiste e quelle liberali. Dopo Proudhon, con il M. il socialismo liberale trova la sua prima formulazione concettuale. Il fondamento etico del socialismo liberale si esprime nella realizzazione della giustizia attraverso un doppio ordine di rapporti, i rapporti di reciprocità e di solidarietà, ordine che va distinto in giustizia retributiva e giustizia distributiva. La prima rappresenta i diritti dell’individuo, la seconda quelli della collettività. I due poli, individuo e società, costituiscono al tempo stesso una realtà antinomica e necessaria. Essi esprimono, a livello ideologico, uno statuto epistemologico preciso: l’accettazione, in campo economico, del soggettivismo edonistico dell’utilità marginale e la rivendicazione, in quello etico, della responsabilità personale.
Questo scritto ebbe scarsa risonanza nel mondo politico e culturale socialista. Nel 1898 il M. pubblicò, sempre a Milano, L’utopia collettivista e la crisi del «socialismo scientifico», in cui accentuava la critica del collettivismo pianificatore propugnato dal socialismo statalista. Nello stesso anno pubblicò a Parigi una terza opera, Formes et essence du socialisme, che è in gran parte la fusione dei due libri precedenti.
A quest’opera Sorel, che ne aveva auspicato la pubblicazione, attribuì una grande importanza, premettendovi un’ampia prefazione nella quale annunciava il suo passaggio nel campo del revisionismo.
Nel corso del 1899 il M. dette vita alla Rivista critica del socialismo, allo scopo di gettare un ponte verso la parte intellettualmente più viva e militante del movimento operaio, nel momento in cui, forte e improvvisa, scoppiava in tutta Europa la «crisi del marxismo».
La rivista, che si avvalse della collaborazione di Sorel, E. Leone, Bernstein, A. Graziadei e molti altri, svolse una funzione informativa di eccezionale interesse perché innescava un dibattito di carattere economico e politico fino allora impensabile per il movimento socialista italiano. La battaglia condotta con la Rivista critica, che si scontrò con gli ortodossi del socialismo (per esempio Antonio Labriola) non ebbe però successo come è dimostrato dal fatto che il periodico chiuse dopo appena un anno di vita.
Con la chiusura della Rivista critica l’influenza storica e ideologica di M. perdette peso ed egli si ritrovò più isolato di prima. Alla fine del 1899 aderì al Partito socialista italiano (PSI).
Il momento più significativo della militanza del M. in questo partito è rappresentato dallo scontro con F. Turati. Nell’opuscolo Collettivismo, lotta di classe… e ministero (controreplica a F. Turati) (Firenze 1901), il M. giudicò incoerente Turati perché, mentre affermava da un lato essere ozioso discutere intorno alla società futura, dall’altro pretendeva aprioristicamente da chi aderiva al PSI una fede nel collettivismo marxista. Questa polemica chiuse di fatto la breve militanza del M. nel PSI; d’altronde le sue proposte non ebbero alcuna fortuna presso la massa degli iscritti.
Il M. si staccò gradualmente dall’attività politica militante fino a ritirarsi, dopo il 1904, a vita privata. Nel primo dopoguerra si riavvicinò al movimento anarchico. Nel 1924 pubblicò a Roma con le edizioni di «Pensiero e volontà» un opuscolo dal titolo assai significativo: Fascismo e democrazia, con una prefazione critica di Malatesta, affermando la superiorità politica della democrazia. La riflessione sul fascismo si allargò l’anno successivo ai rapporti tra potere politico e magistratura con l’opuscolo Politica e magistratura dal 1860 ad oggi in Italia, pubblicato a Torino da Piero Gobetti. In questi anni scrisse molti altri lavori (articoli e saggi), che confluirono in gran parte in un’opera postuma dal titolo Il problema economico e politico del socialismo (a cura di A. Venturini, Milano 1948), dove tentò di delineare una sorta di «anarchia possibile», utilizzando parte degli insegnamenti liberali visti in chiave relativistica e libertaria. Dopo il varo delle leggi eccezionali da parte del governo fascista (1925-26) si ritirò definitivamente a vita privata.
Il M. morì a Roma il 30 giugno 1930.
Dopo la sua morte furono pubblicati i volumi: Il lato fossile del socialismo contemporaneo. Lineamenti di un socialismo integrale, a cura di A. Venturini, Bologna 1945; Il problema economico e politico del socialismo, a cura di A. Venturini, Milano 1948; Concezione critica del socialismo libertario, a cura di A. Venturini - P.C. Masini, Firenze 1957; E. Malatesta - F.S. Merlino, Anarchismo e democrazia. Soluzione anarchica e soluzione democratica del problema della libertà in una società socialista, Catania 1974; Il socialismo senza Marx. Studi e polemiche per una revisione della dottrina socialista (1897-1939), a cura di A. Venturini, Bologna 1974; L’Italia qual è. Politica e magistratura dal 1860 ad oggi in Italia. Fascismo e democrazia, a cura di N. Tranfaglia, Milano 1974.
Fonti e Bibl.: E. Ragionieri, Socialdemocrazia tedesca e socialisti italiani 1875-1895, Milano 1961, ad ind.; P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta (1862-1892), Milano 1969, ad ind.; E. Santarelli, Il socialismo anarchico in Italia, Milano 1973, pp. 93-128; M. Galizia, Il socialismo giuridico di F.S. M.: dall’anarchismo al socialismo (alle origini della dottrina socialista dello Stato in Italia), in Aspetti e tendenze del diritto costituzionale. Scritti in onore di Costantino Mortati, Roma 1977, I, ad ind.; N. Dell’Erba, Le origini del socialismo a Napoli (1872-1892), Napoli 1979, ad ind.; E.R. Papa, Per una biografia intellettuale di F.S. M. Giustizia e sociologia criminale. Dal «socialismo anarchico» al «riformismo rivoluzionario» (1878-1930), Milano 1982; M.R. Manieri, La fondazione etica del socialismo. F.S. M., Bari 1983; G. Landi, Malatesta e M. dalla Prima Internazionale alla opposizione al fascismo, in Bollettino del Museo del Risorgimento, XXVIII (1983), pp. 121-156; A. Venturini, Alle origini del socialismo liberale. F.S. M.: ritratto critico e biografico, Bologna 1983; M. La Torre, Malatesta e M.: un dibattito su anarchismo, democrazia e questione criminale, in Materiali per una storia della cultura giuridica, XIV (1984), pp. 125-162; G. Berti, F.S. M.: dall’anarchismo socialista al socialismo liberale (1856-1930), Milano 1993; Id., Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale, 1872-1932, Milano 2003, ad indicem.
G. Berti