PELLEGRINI, Francesco
PELLEGRINI (de Pellegrini), Francesco. – Nacque a Falcade, oggi in provincia di Belluno, il 17 novembre 1826, da Giovanni Battista e Maria Pasqua Piccolini. La forma consolidata del cognome, priva del ‘de’, è quella prescelta dall’autore nella gran parte delle sue pubblicazioni, almeno dagli anni Sessanta.
Trasferitosi nel capoluogo forse nel 1837, dapprima (secondo una prassi diffusa) studiò privatamente, ma nel 1840 fu ammesso ai corsi regolari del seminario Gregoriano e proseguì il suo iter formativo sino all’ordinazione sacerdotale, avvenuta nel 1849. Nella piccola e appartata città alpina poté conseguire una formazione eccellente e tutt’altro che chiusa al dibattito culturale italiano.
Negli anni Quaranta reggeva il ginnasio vescovile bellunese il colto prete vicentino Alessandro Schiavo, noto per i suoi orientamenti nazionali, e il corpo docente (reclutato in Veneto) era di buon livello. Anche Angelo Volpe, futuro capo del clero antitemporalista veneto, si formò in quell’ambiente negli stessi anni.
Dopo aver trascorso un periodo come coadiutore nella parrocchia di Cadola presso Belluno, dal 1853 Pellegrini insegnò geografia e storia nel seminario; nel 1858-59 fu docente di studi biblici e, almeno dal 1863-64, di materie umanistiche. Poco dopo, a partire dall’annessione del Veneto all’Italia (1866), passò a insegnare storia nelle scuole statali, rinunciando all’offerta dell’insegnamento di dogmatica in seminario che il vescovo Giovanni Renier avrebbe voluto affidargli. Mantenne l’insegnamento presso il liceo Tiziano per ben ventinove anni e sino al pensionamento, nel 1895, contribuendo a formare alcune generazioni del ceto dirigente cittadino; dal 1894 al 1901, nel seminario Gregoriano insegnò inoltre storia ecclesiastica.
Pur allontanandosi assai raramente da Belluno e conducendo una vita grigia e priva di eventi significativi, Pellegrini giocò un ruolo molto importante nella vita culturale cittadina lungo tutta la seconda metà dell’Ottocento, su diversi piani, tra loro connessi. Senza arrivare alle prese di posizione clamorose e all’opposizione aperta di Angelo Volpe e Sebastiano Barozzi, e restando sempre ossequiente all’autorità del vescovo, sin dagli anni Sessanta aderì con fermezza a posizioni antitemporaliste e poi conciliatoriste, così come altri preti bellunesi (Vito Talamini, Giovanni Di Donà e altri ancora), sostenendo un’interpretazione morbida del Sillabo e in generale mostrando rispetto e affetto per la patria e per la monarchia. Questi meriti gli furono pubblicamente riconosciuti, come testimonia la concessione del cavalierato.
Invero, anche l’attenzione di Pellegrini per la ricerca storica, per la documentazione d’archivio, per le testimonianze del passato municipale è almeno in parte da ricondurre a stimoli e sollecitazioni di un certo ambiente ecclesiastico veneto. In effetti, nei decenni centrali dell’Ottocento, ma anche dopo il 1870, nelle città di questa regione clero liberale e clero attivo nella ricerca storica largamente si sovrappongono, in una congiuntura nella quale tra i cultori di storia prevalevano ancora largamente aristocratici ed ecclesiastici.
Pellegrini fu in contatto epistolare frequente con chi aveva insegnato a Belluno (don Pietro Mugna, l’abate Valentinelli in seguito direttore della Biblioteca Marciana di Venezia), e con chi studiava il territorio bellunese: lo storico del Cadore don Giuseppe Ciani, mons. Antonio Vecellio, storico di Feltre, e ancora Antonio Zanghellini, Pietro Follador, Antonio Davià. Ma soprattutto fu la rete della cultura storica degli ecclesiastici veneti a favorire l’estendersi delle sue relazioni al di fuori dell’ambito bellunese. Ebbero frequenti relazioni epistolari con Pellegrini personalità autorevoli a livello municipale e regionale come il veronese mons. Giovanni Battista Carlo Giuliari, il trevigiano mons. Luigi Bailo e in particolare il veneziano Rinaldo Fulin, i rapporti con il quale si fecero particolarmente stretti attorno al 1870.
Già verso questa data Pellegrini godeva, in quanto studioso, di una certa notorietà e affidabilità. Come mostra il suo epistolario, grosso modo da allora si rivolsero a lui come esperto di storia locale, oltre a eruditi legati a singole realtà urbane, autorevolissimi ricercatori delle più diverse specializzazioni e provenienze: da Graziadio Isaia Ascoli a Theodor Mommsen, da Giovanni Battista Cavalcaselle alla studiosa di folklore Angela Nardo, collaboratrice di Giuseppe Pitrè; e ancora da Giovanni Marinelli al giovane Vittorio Cian (editore nei primi anni Novanta delle rime del notaio Bartolomeo Cavassico), ad Alessandro D’Ancona e Remigio Sabbadini, o all’archivista veneziano, ma di origine istriana, Tomaso Luciani.
Nel 1869 Pellegrini pubblicò – sostanzialmente da autodidatta – una ricerca di notevole peso, fondata su un ampio spoglio archivistico e progettata con acume, per valorizzare un periodo negletto della storia di due città alpine: i Documenti relativi al dominio dei Visconti sopra Belluno e Feltre dal 1388 al 1404 che furono presentati da Cesare Cantù all’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti (che li accolse negli Atti, s. 3, XIII). A costui Pellegrini si era rivolto con una lettera (datata 23 ott. 1864) che funge da saggio introduttivo (pp. 1-13). Gli anni attorno al 1870 costituirono in effetti una svolta per Pellegrini in quanto storico; decisivo fu soprattutto il collegamento con Fulin. Già nel 1871 Pellegrini pubblicò infatti sulla rivista fondata dall’abate veneziano, l’Archivio veneto, una ricerca dedicata alla Cronaca bellunese di Clemente Miari, importante fonte trecentesca, e soprattutto fu coinvolto sin dalla fase iniziale, dal 1873, nelle trattative che portarono alla costituzione della Deputazione veneta di storia patria. Di essa fu sin dal 1875 socio effettivo, «il solo rappresentante della vostra provincia» come ebbe a scrivergli Fulin (in F. Vendramin, in Francesco Pellegrini storico, educatore, sacerdote, 2004, p. 28), promotore e della rivista e dell’associazione, alla vita della quale Pellegrini partecipò con assiduità nei decenni successivi, per esempio collaborando al censimento delle fonti storiche regionali del 1886-87 (Delle fonti della storia bellunese, in Archivio veneto, XXIV, pp. 423-436).
Altre ricerche importanti riguardano gli eventi militari e politici del primo Cinquecento veneziano, al tempo della Lega di Cambrai (1880), e le vicende storiche di una comunità rurale, Frusseda (1884). Tra i lavori rimasti inediti, va segnalata l’organica e amplissima raccolta, condotta con buon metodo e già predisposta per la stampa, Documenti antichi, per la storia della città, a partire dall’alto Medioevo, pubblicata in edizione anastatica un secolo dopo la stesura (Belluno 1991-93, in 4 voll.).
Alla testimonianza data in quanto ecclesiastico e all’impegno profuso nel campo della storia patria, va aggiunto un terzo ambito di operosità di Pellegrini: la direzione del Museo civico – che come in molte città del Regno divenne nella seconda metà del secolo un elemento costitutivo della memoria e dell’identità cittadina –, e in generale la cura dei beni culturali della provincia di Belluno. Il museo si costituì nei primi anni Settanta grazie a donazioni di borghesi (la pinacoteca del medico Antonio Giampiccoli) e di patrizi (la raccolta di antichità di Florio Miari, varie collezioni botaniche e naturalistiche ecc.). A partire dal 1876 Pellegrini collaborò a lungo, tanto alla direzione del museo, quanto all’attività della commissione provinciale per gli scavi e monumenti (nella quale entrò per nomina governativa), con l’ispettore ai monumenti Osvaldo Monti. Anche il patrimonio bibliografico e archivistico fu incrementato, all’interno della medesima istituzione, che si trovò dunque a riannodare i diversi ambiti della memoria cittadina, non diversamente da quanto accadde in altre città venete: Bassano, Vicenza, e la vicina Treviso (dove pure il Museo civico fu retto a lungo tempo da un ecclesiastico, Luigi Bailo).
Pellegrini morì a Belluno il 27 novembre 1903.
Fonti e Bibl.: L’archivio e l’epistolario di Pellegrini sono conservati a Belluno, Biblioteca comunale, Mss., 702; A. Da Borso, Pubblicazioni di F. P., in Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore, I (1929), pp. 22-24; L. Alpago Novello, Della vita e degli scritti del professore don F. P., Feltre 1942; P. Conte, Don F. P., rifondatore degli studi storici a Belluno a fine ’800, in P. Conte - M. Perale, 90 profili di personaggi poco noti di una provincia da scoprire, Belluno 1999, pp. 181-183; F. P. storico, educatore, sacerdote (1826-1903), Atti del Convegno, Belluno..., 2003, a cura di P. Pellegrini, Belluno 2004; D. Faoro, Carteggio F. P. - Theodor Mommsen, in Archivio storico di Belluno, Feltre e Cadore, LXXVIII (2007), pp. 49-54.