PACCIOTTO, Francesco
PACCIOTTO (Paciotto, Paciotti), Francesco. – Nacque a Urbino nel 1521 da Giacomo e da Faustina della Rovere.
Suo padre era un gentiluomo al servizio dei duchi di Urbino; sua madre era la figlia di Leonardo Della Rovere, fratello naturale di Francesco Maria I.
Ebbe dapprima una solida formazione classica; quindi suoi maestri di eloquenza furono Giovan Nicolò Corboli e Nicolò Galeota; Federico Commandino gli insegnò la matematica; Girolamo Genga lo guidò negli studi di geometria e architettura.
Intorno al 1540 si trasferì a Roma, guadagnò la stima del colto cardinale Marcello Cervini e fu ammesso nell’Accademia Vitruviana fondata da Claudio Tolomei. Si distinse per le sue capacità nel rilievo delle architetture antiche, iniziò a lavorare a un trattato sui cinque ordini dell’architettura codificati da Vitruvio e disegnò una pianta della città di Roma (pubblicata nel 1557 da Antonio Lafreri).
Dopo aver collaborato per circa due anni con Iacopo Meleghino, nell’aprile 1550 fu nominato architetto pontificio da Giulio III: lavorò probabilmente in quegli stessi mesi alle fortificazioni di Ancona. Tuttavia, fedele ai legami contratti durante il pontificato di Paolo III, nell’aprile 1551, proprio mentre scoppiava la guerra tra Giulio III e il duca di Parma Ottavio Farnese, passò al servizio di quest’ultimo.
Contribuì in giugno ad approntare le difese della fortezza della Mirandola, investita dalle truppe pontificie e imperiali, e della città di Parma. Concluso il conflitto nella primavera del 1552, dopo un breve viaggio a Urbino in occasione della morte del padre, entrò nella corte di Ottavio Farnese e iniziò a insegnare il disegno al principe Alessandro. Il 10 dicembre 1556 – dopo che gli Spagnoli ebbero restituito Piacenza ai Farnese – entrò nella commissione che doveva occuparsi delle modificazioni urbanistiche e delle nuove difese della città emiliana.
L’inizio della guerra fra il duca di Parma e il duca di Ferrara Ercole II d’Este gli diede occasione di sperimentare le sue convinzioni teoriche sul campo. Nello scorcio del 1557, fortificò Scandiano e Montecchio Emilia, centri conquistati da Ottavio Farnese. Nel 1558 rafforzò le fortificazioni del castello di Borgo San Donnino (l’attuale Fidenza). Disegnò altresì il primo progetto per un nuovo palazzo ducale a Piacenza.
Nel luglio 1558, dopo aver dato al cardinale Alessandro Farnese il suo parere sul palazzo di Caprarola in costruzione, si recò nelle Fiandre, nominato ingegnere generale da Filippo II. Fu un periodo di intensa attività, cui corrispose un’impressionante progressione di spostamenti. Ispezionò le fortificazioni di centri fiamminghi, al seguito di Emanuele Filiberto di Savoia, che poi seguì in Italia. Fu a Nizza dal novembre 1559 al marzo 1560; quindi – dopo veloci interventi alle cinte fortificate di Genova e Lucca (in primavera) – collaborò alla formazione di un piano di difesa del ducato sabaudo, ricostituito solo parzialmente dopo la pace di Cateau-Cambrésis: ispezionò insieme al duca diverse località, suggerì i miglioramenti da eseguire alle fortificazioni esistenti a Nizza, a Savigliano, a Cuneo, progettò per Vercelli (sede in quella fase della corte sabauda) una nuova cittadella, i cui lavori furono avviati nell’agosto 1561.
A quella data, Pacciotto era stato nominato ingegnere generale dello stato di Milano. Per nove mesi, a partire dall’ottobre 1561, fu in Spagna, dove rivide per ordine di Filippo II il progetto per l’Escorial (fornendo un piano alternativo per la basilica di S. Lorenzo el Real nell’agosto 1562). Rientrando in Italia, ispezionò le fortezze di Catalogna e Rossiglione; si imbarcò quindi a Barcellona, visitò le piazzeforti di Napoli e di Milano (immaginando una cinta fortificata a protezione del Castello sforzesco). Fu infine a Piacenza, dove rilevò che Iacopo Barozzi da Vignola aveva preso la direzione dei lavori per il palazzo ducale, introducendo notevoli modifiche.
Torino, tornata sotto la sovranità dei Savoia con il trattato di Fossano (2 novembre 1562), divenne quindi il suo centro di interesse principale.
Per la sua difesa propose con successo l’idea di una cittadella pentagonale situata nel tratto sud-occidentale della cinta muraria cittadina. Iniziò a dirigerne i lavori di esecuzione nel giugno 1564 e in circa due anni furono realizzati i cinque bastioni previsti. È di quell’anno anche il progetto di una cittadella posta a difesa di Cuneo.
Nell’estate del 1567 tornò nelle Fiandre. Mancano suoi disegni autografi a testimonianza dei progetti portati a termine, certamente suo è però quello per la cittadella di Anversa (ultimato in ottobre e destinato a grande fortuna nella trattatistica specializzata). Nel marzo 1568 tornò in Italia, passando per Milano; quindi, nel 1569 completò i progetti per tre cittadelle a forma pentagonale in Savoia: a Montmélian, a Bourg-en-Bresse, a Rumilly. Fece anche un viaggio a Roma (in primavera).
I suoi rapporti con il duca di Savoia si incrinarono definitivamente nel 1570, quando suo fratello (e collaboratore) Orazio fu arrestato a Nizza con l’accusa di aver trafugato la pianta di una fortificazione. Solo l’intervento del duca di Urbino Guidobaldo II riuscì a porre rimedio alla situazione, ma Pacciotto non rientrò più a Torino. Nel novembre di quello stesso anno fu incaricato di dirigere i festeggiamenti per il matrimonio tra l’erede al trono ducale Francesco Maria Della Rovere e Lucrezia d’Este.
Nel 1571 si recò a Roma per iniziare un periodo di attività al servizio del papato.
Dall’agosto dello stesso anno si occupò di riordinare le fortificazioni di Ancona, aggiungendo due baluardi alle difese esistenti e progettando un nuovo forte. Ebbe contemporaneamente modo di occuparsi della fortificazione del santuario di Loreto e addirittura della rete idrica di Pesaro.
Gregorio XIII lo nominò ingegnere generale dello Stato della Chiesa il 23 settembre 1572, con stipendio di 60 scudi al mese.
Alla fine dello stesso anno, Pacciotto lavorò alle difese di Udine e portò a termine anche il progetto di un nuovo lazzaretto per Ancona; nel 1573 procedette a ispezioni alle fortificazioni di Fano, nella Marca. Di quei mesi furono anche progetti di rafforzamento delle difese di Civitavecchia.
Tra il giugno e il settembre 1574 fu a Parma, ma la pausa non durò a lungo. Oltre a nuove ispezioni a Civitavecchia (1575) e a Fano, dove ordinò nuovi lavori (1576), nel 1577 fu impegnato nel porre rimedio ai contrasti di confine tra il Bolognese e il ducato di Ferrara. L’anno seguente fu convocato a Roma e gli fu commesso un progetto per accrescere le bonifiche del territorio di Ravenna.
Il 5 maggio 1578 raggiunse il titolo nobiliare: il duca di Urbino Francesco Maria II lo nominò infatti conte di Montefabbri, località acquistata nel 1576 dalla famiglia Passionei (dalla quale Pacciotto aveva comperato anche, nel 1568, un palazzo in Urbino). Le sue consulenze e i suoi progetti erano sempre molto richiesti: a Parma, intorno al 1580, fu consultato per il progetto di una galleria porticata dalle residenze ducali fino alla Rocchetta di età sforzesca; fu altresì coinvolto nella fortificazione di Borgotaro, centro appartenente ai feudi Landi occupato dal duca Ottavio. Nel 1582 fu chiamato a Napoli dal viceré Pedro Téllez-Girón, duca di Osuna (ma non è sicuro che Pacciotto vi si sia effettivamente recato). Nel 1584 fu poi Giacomo Boncompagni, capitano generale dell’esercito pontificio, a richiedere la sua presenza a Roma.
L’avvicendamento al soglio pontificio del 1585 provocò la conclusione del lungo rapporto di collaborazione con la S. Sede. Anzi, sotto papa Sisto V, Pacciotto ebbe anche seri problemi con la giustizia. Dall’aprile 1586 mostrò l’intenzione di passare al servizio del granduca di Toscana ed effettivamente, nei mesi successivi portò a termine l’ispezione del sistema fortificato dell’isola d’Elba. Gli ultimi impegni furono alcuni sopralluoghi alle fortezze del ducato di Mantova e del Monferrato (a partire dal giugno 1589) e la realizzazione di un progetto (non ritrovato) per un fortino a difesa del porto di Livorno.
Rientrato a Urbino, vi morì il 14 luglio 1591.
Aveva sposato nel 1560 Antonia Roccamora, figlia di Onorato, gentiluomo di Emanuele Filiberto di Savoia. Ne ebbe una nutrita discendenza, cui devono essere aggiunti almeno tre figli naturali.
Fonti e Bibl.: Parigi, Bibliothèque Nationale de France, Ms. Italien 469 (Trattato della fortificazione); Urbino, Biblioteca Universitaria, Fondo del Comune, bb. 118, cc. 1-31 (opera sul rilievo architettonico; edita in Ragni, 2001, pp. 135-147); 173 (trattato Architettura … nella quale si tratta d’i cinque generi d’essa …, attribuito a Pacciotto); 165, cc. 156-200 (Diario, edito da F. Madiai, Il giornale di F. P. da Urbino, in Archivio storico per le Marche e per l’Umbria, III [1886], pp. 48-79); rassegne bibliografiche esaustive sono reperibili negli ultimi studi: N. Ragni, F. P., architetto urbinate (1521-1591), Urbino 2001; A. Coppa, F. P. architetto militare, Milano 2002 (in part. p. 192 per l’indicazione dei numerosi fondi archivistici che conservano sue lettere e suoi disegni); I. Verstegen, F. P., European geopolitics, and military architecture, in Renaissance Studies, XXV (2011), pp. 393-414.