ORSI, Francesco
ORSI, Francesco. – Nacque a Sant’Angelo Lodigiano (Lodi) il 28 ottobre 1828, da Antonio, negoziante, e da Rachele Rognoni.
Frequentò il liceo del seminario vescovile di Lodi, dove portò a termine brillantemente gli studi filosofici. Fin da giovanissimo partecipò attivamente al Risorgimento italiano: nel 1848 si arruolò nel primo battaglione degli studenti lombardi e nel 1859 prestò servizio militare volontario durante la seconda guerra d’indipendenza.
Nel 1850 si iscrisse alla facoltà di medicina dell’Università di Pavia e, ancora studente, si distinse per tenacia e coraggio prestando soccorso volontario durante una violenta epidemia di colera scoppiata nel 1855 a Nave, nel Bresciano. Portò a termine il corso di studi medici con ottimi risultati e conseguì la laurea nel 1856 presentando una tesi sulla coroidite (Della coroideite lenta, Pavia 1856). Subito dopo ottenne un posto come assistente nella clinica medica dell’ospedale S. Matteo di Pavia, sotto la guida di Antonio Pignacca e Salvatore Tommasi.
Nell’anno accademico 1859-60 fu anche ripetitore provvisorio di medicina pratica presso il Collegio Borromeo. Nel successivo fu a Parigi all’ospedale Saint-Louis, dove poté seguire le lezioni di dermatologia tenute da Alfred Louis Philippe Hardy, Antoine-Pierre-Ernest Bazin e Camille-Melchior Gibert. Al rientro in Italia mise a frutto l’esperienza acquisita dedicandosi allo studio di alcune affezioni cutanee (Poche considerazioni sulle affezioni cutanee parassitarie, in Il Morgagni, IV [1862], pp. 182-187), di cui sostenne l’origine neuropatologica (Willan ed Alibert, ossia breve cenno storico di dermatologia, in Annali universali di medicina, s. 4, XLVIII [1863], pp. 362-376), confutando l’esistenza di una ‘diatesi erpetica’» (Analisi critica sulla dottrina dell’erpetismo, ibid., XLIX [1863], pp. 1-24).
Nel 1863 vinse il concorso bandito dall’Università di Genova per coprire la cattedra di clinica medica, presentando uno scritto in cui stabiliva una prima distinzione tra melanemia e melanosi, inserendosi in un dibattito molto sentito dalla comunità medica del tempo e riuscendo così a ottenere una visibilità considerevole (Dell’anemia, della clorosi e della melanemia, Milano 1863).
La sua rapida ascesa accademica lo riportò tre anni dopo a Pavia. Nel 1866 diede alle stampe una memoria dedicata alla patologia ematologica (Sulle malattie del sangue, Genova 1866), che gli consentì di ottenere la cattedra di patologia speciale medica e quella di clinica medica. Quando le due cattedre vennero distinte, mantenne l’insegnamento della clinica medica, che ricoprì fino alla fine dei suoi giorni.
La sua attività ospedaliera e didattica fu instancabile; strenuo sostenitore dell’empirismo clinico, pose sempre al centro del suo lavoro l’osservazione al letto del malato. Pubblicò numerose note di casi clinici (sulla Gazzetta medica italiana. Lombardia dal 1869 al 1890) e fu anche autore di diverse considerazioni storiche e teoriche sulla medicina clinica (Fonti della medicina clinica: prolusione al corso di clinica medica nella R. Università di Genova, letta il 7 aprile 1864, Genova 1864; Aspirazioni ed attualità della medicina pratica. Prolusione al corso di patologia e terapia speciale medica e clinica medica, letta il giorno 10 gennaio 1867, Pavia 1867; Sul passato e sul presente della clinica medica in generale e della pavese in modo speciale: brevi considerazioni, in Gazzetta medica italiana. Lombardia, XXXI [1871], pp. 389-395; La Clinica medica ed il Consiglio ospitaliero di Pavia. Cronaca, ibid., XXXII [1872], pp. 111-114; Salvatore Tommasi e la riforma della medicina in Italia, Milano 1890).
Nonostante un approccio fortemente conservatore verso la nuova clinica da laboratorio, diffidente nei confronti della scuola patologica riunita nel laboratorio di Giulio Bizzozero, non rimase indifferente ai successi ottenuti da Camillo Golgi al microscopio.
Nel 1881 si affidò a Golgi e Aldo Perroncito per alcune ricerche ematologiche volte a verificare le osservazioni condotte da Edwin Klebs e Corrado Tommasi-Crudeli sul Bacillus malariae (Episodio nella storia del Bacillus malariae. Curiosità cliniche, in Gazzetta medica italiana. Lombardia, XLI [1881], pp. 91 s.; La portata scientifica del 1° articolo delle mie curiosità cliniche, ibid., pp. 211 s.). Le indagini portarono a risultati in forte contraddizione con le osservazioni sull’eziologia batterica della malattia formulate da Klebs e Tommasi-Crudeli, aprendo la strada ai successivi studi di Golgi sulla natura delle febbri malariche.
Dalla metà degli anni Settanta, le precarie condizioni di salute lo costrinsero ad assentarsi periodicamente dalle sue attività, anche per lunghi periodi. La malattia non gli impedì però di pubblicare la prima edizione della sua opera di maggior successo editoriale (Lezioni di patologia e terapia speciale medica dette dal professore Francesco Orsi nel biennio scolastico 1874-75, 75-76 presso l’Università di Pavia e raccolte dagli studenti Giovanni Arcari, Felice Viscardi e Francesco Cacciamali, I-II, Pavia 1878-79). Nel 1870 diventò socio corrispondente del R. Istituto lombardo Accademia di scienze e lettere.
Nel 1885 fu costretto a chiedere un periodo di aspettativa che durò, a singhiozzo, per due anni. Nonostante il perdurare di una debilitante affezione alle vie respiratorie, forse di natura tubercolare, non abbandonò mai del tutto il suo lavoro, continuando ostinatamente a tenere le lezioni teoriche e gli esami anche quando lo stesso ministero dell’Istruzione Pubblica, informato della gravità del suo stato di salute, chiedeva al rettore dell’Università di collocarlo a riposo.
Fu spesso sostituito dai suoi allievi, medici illustri che lasciarono contributi fondamentali per la medicina del ventesimo secolo quali Achille De Giovanni, Carlo Forlanini e il prediletto Pietro Grocco, che mise anche a punto il metodo percussorio dell’aia cardiaca poi denominato di Orsi-Grocco. Si formò alla scuola di Orsi anche Camillo Bozzolo, in seguito professore di clinica medica a Torino.
Fu attivo nella vita politica cittadina: nominato assessore e membro della commissione del Ricovero di mendicità del Comune di Pavia nel 1883, dovette rinunciare all’incarico quattro mesi dopo, probabilmente troppo provato dalla malattia. Per i meriti acquisiti, il 6 gennaio 1884 fu nominato ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia e il 14 gennaio 1892 cavaliere dell’Ordine mauriziano.
Colpito da ‘febbre miasmatica’, nel giugno 1899 non fu più in grado di continuare con l’insegnamento che lasciò, insieme alla direzione della Clinica medica, a Carlo Forlanini.
Morì a Pavia il 31 dicembre 1899.
Una folla di professori, studenti, rappresentanti delle istituzioni civiche e semplici cittadini partecipò commossa alle celebrazioni funebri nel cortile dell’Università. L’ultimo saluto della comunità accademica fu affidato alle parole di Achille Monti e di Grocco, il quale ricordò con parole di affetto e stima il maestro. Anche il sindaco, Pietro Pavesi, volle commemorare l’impegno nella comunità cittadina e l’abilità professionale dell’illustre clinico.
Fonti e Bibl.: Pavia, Arch. storico dell’Uni-versità, Fascicoli personali docenti, O. F.; Arch. di Stato di Pavia, Fondo antico dell’Università, Facoltà medica, cc. 310, 473; C. Forlanini, Cenni necrologici. F. O., in Annuario della R. Università di Pavia. Anno Accademico 1900-1901, Pavia 1900, pp. 107-110; P. Pavesi, Discorso ... ai funebri del prof. F. O., in La Provincia pavese, 5-6 genn. 1900; A. Scarenzio, I professori G. Zoja e F. O. commemorati in iscuola..., s.l. s.d., Obituary. F. O. in The Lancet, 1900, vol. 155,pp. 204 s.; G. Agnelli, Necrologia. F. O., in Archivio storico per la città e comuni del circondario di Lodi, XX (1901), pp. 47 s.; O. F., in A. De Gubernatis, Dizionario biografico degli scrittori contemporanei, Firenze 1879, p. 778; O. F., in Biographisches Lexicon der hervorragenden Ärzte aller Zeiten und Völker, München-Berlin 1962, p. 445; E. Ascari, Clinici e patologi medici dell’Università di Pavia (1883-2003), Pavia 2004, pp. 6-9; A. Pensa, Ricordi di vita universitaria (1892-1970), Milano 1991, pp. 100-101; P. Mazzarello, Il Nobel dimenticato. La vita e la scienza di Camillo Golgi, Torino 2006, pp. 245-247.