GIANNI, Francesco Maria
Economista e uomo politico, nato a Firenze nel 1728, morto a Genova nel 1801. Entrò giovanissimo nella carriera amministrativa durante la prima reggenza lorenese e diede prova di tanta capacità da essere portato rapidamente agli uffici di direttore della Dogana di Pisa nel 1753, di provveditore del tribunale dell'Arte della seta nel 1759, di senatore nel 1760.
Il granduca Pietro Leopoldo scoprì nel G. l'uomo adatto a preparare e svolgere il suo programma di riforme nel campo economico e politico e, dopo avergli affidata la soprintendenza generale dell'Ufficio delle revisioni e sindacati e l'azienda del Patrimonio della Corona, gli conferì il titolo e le prerogative di suo consigliere intimo. Si può affermare che le maggiori riforme operate in Toscana nella seconda metà del Settecento sono state consigliate dal G., traducendo nella pratica di governo ciò che aveva maturamente elaborato negli studî o imparato con l'esperienza della sua vita amministrativa. La libertà dell'industria e dei commerci; l'incremento della produzione agricola e industriale; l'abolizione dei vincoli della proprietà tenuti ancora vivi da residui del regime feudale, dai fidecommessi, dall'immunità tributaria dei beni ecclesiastici; l'abolizione dei privilegi e dei monopolî; l'assetto del patrimonio ecclesiastico; il decentramento amministrativo e la nuova organizzazione municipale; la legislazione finanziaria: in questi e altri provvedimenti che trasformarono radicalmente lo stato toscano, troviamo sempre l'opera del G., non soltanto come ispiratore ma come preparatore e realizzatore. Di tutto questo si ha oggi sicura testimonianza nei manoscritti conservati nell'archivio di famiglia.
Coronamento di questa vasta opera doveva essere la costituzione ideata da Pietro Leopoldo, rimasta allo stato di progetto, alla quale il G. aveva largamente collaborato.
Assunto Pietro Leopoldo all'Impero, il G. fu nominato membro della reggenza; ma, insediato Ferdinando III sul trono di Toscana, la sua fortuna finì. Le riforme del G., subite più che accettate dal popolo toscano, furono deprecate come nefaste e dannose al paese e, durante i tumulti del giugno 1790, la sua casa fu assaltata ed egli corse pericolo della vita. Ferdinando III lo conservò nella carica, ma nella condizione di tollerato. Fece parte, come ministro delle Finanze, ma ricusando lo stipendio, del governo instaurato durante l'invasione francese del 1799. Il suo atto non voleva avere significato di opposizione al sovrano spodestato, giacché era dovuto all'intenzione del G. di scongiurare maggiori danni alla sua patria. Così egli dichiarò a sua difesa nel processo intentatogli dopo l'allontanamento dei Francesi; ed è da supporre che fosse creduto, dacché fu assolto, ma con motivazioni che equivalevano a una condanna.
Col regno di Etruria, cadute completamente le riforme, rimessi in vigore i vecchi sistemi di governo, tornati al potere coloro che un tempo erano stati suoi avversarî politici, il G. pensò bene di ritirarsi dagli uffici, e anzi abbandonò Firenze, prendendo dimora prima a Pisa e poi a Genova.
I suoi Scritti di pubblica economia furono pubblicati nel 1848 nella Raccolta degli economisti toscani.
Bibl.: Notizie della vita del senatore F. M. G., nella ricordata Raccolta degli economisti toscani, Firenze 1848, I, pp. 1-7; F. Dini, Archivio Gianni Mannucci già Leonetti, in Archivio storico italiano, s. 5ª, II (1893), p. 349 segg. Per l'attività del G. come uomo politico si vedano gli studî di A. Anzilotti sulle riforme leopoldine, e particolarmente: Decentramento amministrativo e riforma municipale in Toscana sotto Pietro Leopoldo, Firenze 1910; id., Le riforme in Toscana nella seconda metà del secolo XVIII, in Movimenti e contrasti per l'unità italiana, Bari 1930.