JANIS, Francesco (Francesco da Tolmezzo)
Nacque a Tolmezzo, in Carnia, da Bortolomio "poco dopo la metà del secolo decimoquinto" (Joppi, p. 22).
Il fratello Beltrando, morto a Udine il 23 ott. 1518, fu personaggio di qualche rilievo avendo avuto la carica di capitano delle truppe a Udine e, in seguito, quella di sopraintendente di tutte le ordinanze della Carnia, "ond'hebbe occasione di segnalarsi […] in molte imprese nelle guerre de' suoi tempi contro l'armi cesaree" (Capodagli, p. 122).
Lo J. si addottorò in legge presumibilmente a Padova e in seguito esercitò l'avvocatura a Udine, della quale ottenne la cittadinanza nel 1497. Fu scelto dal Parlamento del Friuli come inviato speciale per trattare a Venezia (20 luglio 1505) gli aspetti giuridici di una delicata controversia riguardante la revoca del dazio della seta. Il felice esito della trattativa valse allo J. ulteriore credito e la ricompensa del titolo nobiliare.
Agli stessi anni risaliva l'amicizia con i Savorgnan: Girolamo, condottiero dell'esercito veneziano, e soprattutto Antonio, del quale diventò anche l'ascoltato consigliere politico. La posizione filoimperiale di Antonio Savorgnan durante il conflitto con la Lega di Cambrai, ma soprattutto il massacro particolarmente efferato, che gli fu attribuito, della famiglia di Alvise Della Torre avvenuto a Udine il 27 febbr. 1511, portarono lo J. a recarsi nuovamente a Venezia al fine di perorare davanti al Consiglio dei dieci la causa del Savorgnan sostenendo esser stata "la cossa seguita contro quelli di la Torre furor di popolo" (Sanuto, XXVI, 8 apr. 1511, col. 109). L'argomentazione non convinse pienamente il Consiglio dei dieci che costrinse lo J. - passato nel frattempo A. Savorgnan a ribellione aperta e armata contro la Serenissima - a tornare un'altra volta a Venezia, il 22 dic. 1511, più che per fare da mediatore nel conflitto conclusosi con la fuga all'estero e la morte dello stesso Savorgnan a Villach il 27 maggio 1512, per dimostrare la propria estraneità alla rivolta. La sentenza del Consiglio dei dieci (28 sett. 1512) non fu totalmente assolutoria e impose allo J. la permanenza a Venezia, una sorta di confino a scopo di controllo, consentendogli però l'esercizio dell'avvocatura.
Fu impegnato in importanti dispute legali: quella in difesa dei diritti feudali dell'arcivescovo di Candia, Giovanni Lando, e di altri nobili cretesi e un'altra svoltasi nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo dove "fo tenuto conclusion in iure canonico […] et etiam domino Francesco da Tolmezo doctor et alcuni altri" (ibid., XXVI, 11 ott. 1518, col. 112).
Lo J. aveva molteplici interessi culturali di matrice umanistica e una felice vocazione letteraria della quale non sono rimaste altre tracce che qualche lettera e piccoli componimenti ed epigrammi, soprattutto in latino, dedicati a personaggi di rilievo segnalati genericamente da V. Joppi (p. 23) "in varie biblioteche della provincia [di Udine]".
Il 15 dic. 1518 il Senato gli affidò una delicata missione a Napoli e a Barcellona per difendere gli interessi dei mercanti veneziani che da tempo subivano le rappresaglie spagnole come risarcimenti di presunti danni. Le loro navi e le loro merci venivano sequestrate e la situazione richiedeva l'intervento della diplomazia della Serenissima. Revocate dal Consiglio dei dieci tutte le limitazioni imposte allo J. (29 dic. 1518) e opportunamente dimenticati i passati legami con A. Savorgnan, in Pien Collegio "fu terminà mandarlo con 60 ducati al mexe" di stipendio, affiancandogli l'esperto segretario del Senato Girolamo Diedo (Sanuto, XXVI, 15 dic. 1518, col. 279).
Del viaggio esiste, oltre alle puntuali citazioni del Sanuto, anche un dettagliato compendio del diario dello J., il cui originale è perduto, steso da Sanuto e conservato tra i codici della Biblioteca nazionale Marciana di Venezia (Mss. it., cl. VI, 277 [=5806], II) e pubblicato da R. Fulin nel 1881.
Partito con il Diedo l'8 febbr. 1519 per Chioggia, lo J. arrivò a Roma il 19 febbraio, "in caxa di domino Livio Podochataro cyprio, prothonotario" (Fulin, Diari, pp. 68 s.). La sera stessa incontrò l'ambasciatore veneziano Marco Minio che informò il papa sulla missione dello J., "il quale [papa] laudò, e disse bon farlo intendere al re Christianissimo" (Sanuto, XXVI, 28 febbr. 1519, col. 505). Del soggiorno romano nel diario rimangono concise e precise annotazioni, con particolare attenzione alle sculture "a Belveder, dove è il colosso di Apollo di marmore candidissimo, di opera admiranda", alternate a curiosità di cronaca locale talvolta commentate da versi.
Il 2 marzo lo J. e il Diedo erano a Napoli. Il viceré tardava a dare udienza ai due perché irritato dall'arrivo in forma troppo ufficiale mentre avrebbe preferito che tutto avvenisse piuttosto "secrete che publice" (ibid., XXVII, 16 marzo 1519, col. 60). I diplomatici veneziani furono ascoltati solo il 18 marzo 1519. La trattativa napoletana si rivelò complessa e più strettamente legata a quella spagnola di quanto ci si potesse attendere, sicché per risolverla lo J. si recò a Barcellona, dove giunse, via mare, il 24 apr. 1519.
Qui dovette prima coordinare la sua azione con l'ambasciatore Francesco Corner, che lo fornì delle necessarie informazioni, e poi poté finalmente incontrare i "doctori" nominati dal re di Spagna a dirimere il caso. Il segretario Diedo fu quindi delegato a gestire in prima persona quanto faceva capo a Napoli, coadiuvato negli aspetti tecnici dall'esperto mercante veneziano Bernardo Marconi, prontamente nominato dal Senato con un decreto del 10 maggio 1520.
Le trattative di Barcellona iniziarono l'8 maggio 1519 e terminarono nel febbraio successivo. Tuttavia già il 28 ag. 1519 il Senato invitò gli aventi diritto a presentare la loro documentazione ai Provveditori di comun e il 22 settembre a fare altrettanto presso il notaio di palazzo Daniele Giordano, per avviare le pratiche dei risarcimenti. Che gli accordi fossero ormai perfezionati è confermato dalla richiesta dello J. di poter ritornare a Venezia, in quanto il "suo star lì è infrutuoso, non ha denari e mancho cavali da seguir la corte" (ibid., XXVIII, 6 ott. 1519, col. 43). Dovette però attendere il permesso del Senato fino al marzo 1520 quando, il 13, poté iniziare il viaggio di ritorno passando, come risulta dalle dettagliate note del diario, attraverso Lione, la Savoia, Torino, Vercelli e Milano, dopo di che, ai primi di maggio 1520, "zonse in Venexia" (Fulin, Diari, p. 103).
Secondo Sanuto, che assistette alla riunione del Senato del 15 maggio 1520, lo J. "è savio, si ha portato ben, et fo laudato dal Principe, et li fo balotà il suo mandato di quello resterà creditor per le spexe" (Sanuto, XXVIII, col. 515).
Il 6 luglio fu incaricato dal Collegio di seguire come vicario il podestà di Padova Marino Zorzi di Bernardo per aiutarlo, tra l'altro, in una controversia con i frati dell'abbazia di S. Giustina a Praglia, circa i criteri di ammissione, che dovevano riguardare unicamente "zentilhomeni, citadini, overo subditi nostri" (Sanuto, XXX, 17 maggio 1521, col. 245).
Tornato a Udine, il 21 luglio 1521 fu ferito gravemente da Girolamo Colloredo di Federico, messo al bando dal Consiglio dei dieci il 5 sett. 1522, che lo riteneva l'ispiratore del massacro della famiglia Della Torre. Lo J. morì a Udine il 19 dic. 1521, ma non a causa delle ferite ("vulneratus sed non ex vulneribus", Fulin, Diari, p. 5).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Collegio, Notatorio, reg. 18, cc. 110r, 129v-130r, 172r; Commemoriali, reg. 20, cc. 39v, 78r, 79, 82v; Consiglio dei dieci, Criminali, reg. 2, c. 16v; Consiglio dei dieci, Miste, reg. 42, cc. 148v, 153v; Senato, Dispacci dei rettori, f. 275, regg. 13, c. 56v; 14, cc. 74v-75r; Senato, Terra, reg. 22, c. 63r; M. Sanuto, Diarii, Venezia 1869-93, XII, coll. 109, 618; XXV, col. 75; XXVI, coll. 112, 279, 310, 438, 446, 479 s., 504 s.; XXVII, coll. 11, 27 s., 60, 71, 104 s., 117 s., 131, 143, 147, 149 s., 169 s., 185 s., 197, 203, 252, 300, 309 s., 333, 349 s., 416 s., 440 s., 477-479, 485-489, 499, 514, 517, 575 s., 641, 676; XXVIII, coll. 43, 97, 275, 363, 376, 515; XXIX, coll. 29, 192; XXX, col. 245; G.G. Capodagli, Udine illustrata…, Udine 1665, pp. 122, 241 s.; V. Joppi, Tre lettere inedite a Girolamo Savorgnano (1519-1527), Udine 1871, pp. 15-23; F. Di Manzano, Annali del Friuli…, VII, Udine 1879, p. 75; R. Fulin, Diari e diaristi veneziani…, Venezia 1881, pp. 63-103; Id., Viaggio in Spagna di F. J.…, in Archivio veneto, XXII (1881), pp. 63-101; F. Di Manzano, Cenni biografici dei letterati e artisti friulani dal secolo IV al XIX…, Udine 1884, p. 111; L. Amaseo - G. Amaseo, Diarii udinesi dall'anno 1508 al 1541, a cura di A. Ceruti, Venezia 1884, pp. 229, 268 s., 498 s., 505, 511, 516, 519, 528-530; G. Occioni-Bonaffons, Biblioteca storica friulana dal 1861 al 1882, Udine 1884, I, p. 121 n. 257; P. Donazzolo, I viaggiatori veneti minori. Studio bio-bibliografico, in Memorie della R. Soc. geografica italiana, XVI (1927), pp. 83 s.