SCODNIK, Francesco Ignazio
– Nacque il 23 luglio 1804 a Canale d’Isonzo (all’epoca parte della Contea di Gorizia, nella provincia di Gorizia fino al 1947 e oggi in territorio sloveno) da una famiglia di funzionari sul conto della quale esistono poche notizie certe. Il padre morì quando Francesco era ancora molto giovane ed era probabilmente di origine stiriana, la madre di lingua italiana. Le indicazioni sulla sua vita familiare da parte dell’esigua pubblicistica encomiastica (soprattutto l’opuscolo Il generale Francesco Scodnik antesignano del volontariato isontino per l’Unità d’Italia pubblicato nel 1936 dalla sezione di Gorizia della Società Dante Alighieri) sono contraddittorie. L’affermazione secondo cui un suo fratello era ufficiale di fanteria nell’esercito asburgico non è suffragata dalle fonti ufficiali, mentre l’indicazione di un altro fratello (Pietro) in servizio come giudice in Dalmazia è confermata dall’annuario militare austriaco (Militärschematismus des österreichischen Kaiserthums), che registra nella sede di Zengg (Segna) la presenza di un Vincenzo Peter Scodnik (ma in alcuni anni la grafia del cognome è Skodnik), sottopretore presso il tribunale militare. Di certo, Francesco Scodnik si arruolò molto giovane nell’esercito: nel 1822 l’annuario militare lo registra come Cadeten («cadetto», equivalente al rango di allievo ufficiale) nel 23° reggimento di fanteria lombardo Greth (Lombardisches Infanterie Regiment “Feldmaresciallo Carl Greth”).
L’organizzazione delle forze armate asburgiche prima dell’Ausgleich del 1867 non prevedeva l’esistenza di eserciti ‘nazionali’, come sarebbero state poi la Landwehr (per i territori della Cisleitania) e soprattutto la Hònved magiara per i territori della Corona di S. Stefano. Tuttavia, il reclutamento delle unità dell’esercito regio-imperiale era perlopiù territoriale, basato su distretti linguisticamente omogenei: il 23° reggimento di fanteria, costituito nel 1814 con quadri e truppa di disciolti reparti dell’esercito del Regno d’Italia, era formato così in maggioranza con coscritti delle province di Lodi e Crema (che costituivano la Haupt-Werbbezirks -Station), benché i quadri ufficiali contassero meno di un terzo di elementi che si autodefinivano di lingua italiana. Nel 1822 il reggimento era ancora di stanza nella sede originaria, ma negli anni successivi i suoi battaglioni operativi (I e II) sarebbero stati dislocati a Praga, Zagabria e Buda, pur mantenendo il deposito (III battaglione, per l’inquadramento e l’addestramento delle reclute) in Lombardia.
La carriera di Scodnik fu lenta. A dieci anni dall’arruolamento volontario era ancora alfiere (Fähnrich), il rango più basso della gerarchia militare nel vecchio esercito asburgico. Nel 1837, quando il 23° reggimento era di stanza a Buda, fu promosso Oberleutnant (tenente), e solo nel 1846, con ormai venticinque anni di anzianità alle spalle, venne promosso al grado di capitano di seconda classe (Capitän Lieutnant). Questi tempi lunghi di permanenza ai gradini più bassi della scala di comando non devono sorprendere. Scodnik scontava la confusione e l’inefficacia che caratterizzavano, ancora nella prima metà del XIX secolo, la carriera militare nell’esercito austro-ungarico.
Fino alle riforme degli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento, un giovane che si arruolava volontario come cadetto in un reggimento di fanteria di linea sapeva che la sua progressione sarebbe stata, come minimo, molto accidentata. I ‘cadetti reggimentali’, ragazzi che potevano vantare un titolo di studio inferiore e provenivano di norma da famiglie di dipendenti statali o di militari, potevano aspirare a un posto da alfiere o da sottotenente solo se si liberava uno spazio all’interno dello stesso reggimento e, anche in quel caso, venivano normalmente posposti ai ‘cadetti imperiali’ (che ricevevano uno stipendio statale e avevano diritto a una quota di posizioni riservate) e ai più selezionati allievi delle scuole militari (la più prestigiosa delle quali era l’elitaria accademia di Wiener Neustadt). La lentezza nelle promozioni portava generalmente a frustranti condizioni di vita.
Mentre era di guarnigione in Ungheria, nel 1844, Scodnik sposò Maria Miller: una scelta non facile per un tenente anziano, con uno stipendio relativamente basso, almeno in relazione allo stile di vita brillante che gli ufficiali erano tenuti a esibire e al fatto che, naturalmente, la moglie non poteva lavorare, ma doveva contribuire al reddito familiare con una rendita. Nel 1847 nacque a Cremona la loro prima figlia, Irma, più nota come Irma Melany, scrittrice, traduttrice, conferenziera e militante del primo associazionismo femminile.
Nel 1848 Scodnik fu promosso primo capitano (Hauptmann) e assunse l’incarico di comandante titolare di compagnia nel III battaglione del reggimento, adibito all’incorporamento e all’addestramento, di stanza a Cremona (i due battaglioni operativi e il comando di reggimento rimanevano dislocati nella fortezza di Buda). Fu in quella veste che partecipò alla sollevazione antiaustriaca in Lombardia. Quando, il 19 marzo 1848, la notizia dell’insurrezione di Milano giunse a Cremona, molti ufficiali (tra cui gli elementi di lingua italiana, come il comandante del III battaglione) proposero di usare le truppe per sciogliere gli assembramenti di civili, disarmare la milizia civica e riprendere il controllo della piazza. Tuttavia, la maggior parte della guarnigione, tra cui la quasi totalità dei soldati di lingua italiana del 23° e del 44° reggimento di fanteria, si rifiutò di intervenire, e i coscritti disertarono in massa o passarono direttamente dalla parte degli insorti. Scodnik, l’ufficiale più alto in grado a ribellarsi all’ordine di reprimere i moti, prese il comando dei soldati ammutinati: quando, pochi giorni dopo, i lealisti (alcune decine di ufficiali e un centinaio di soldati e artiglieri) si arresero e ottennero il permesso di evacuare Cremona, fu lui ad assumere il comando della Legione Ceccopieri, un’unità combattente formata in larga maggioranza da ex soldati austro-ungarici di lingua italiana (avrebbe contato fino a 2000 uomini nei suoi ruoli), che pose al servizio del governo provvisorio lombardo: il 7 aprile raggiunse Milano con i suoi uomini ricevendo il grado di maggiore, e due mesi dopo, promosso tenente colonnello, rimase ferito combattendo all’assedio di Mantova.
Dopo la sconfitta di Custoza (22-27 luglio 1848), la ritirata dei piemontesi e la rioccupazione austriaca della Lombardia, Scodnik si rifugiò a Torino, come molti dei suoi colleghi che avevano preso le parti dei patrioti italiani durante le Cinque giornate (18-22 marzo) e le settimane successive: anche se la maggioranza dei soldati semplici sarebbe stata infatti successivamente perdonata, su ufficiali e sottufficiali pendeva una condanna per tradimento che li avrebbe portati, nel migliore dei casi, al carcere a vita. Nel 1850 nacque a Torino la sua secondogenita, Irene, poi moglie di Matteo Renato Imbriani, conosciuto nei circoli militari torinesi dove il futuro deputato radicale si era formato.
L’incontro tra la famiglia Scodnik e la famiglia Imbriani è emblematico del ruolo che Torino assolse in quegli anni per i molti esuli che vi avevano trovato riparo. Entrare nel mondo dell’esercito, come successe a molti militari di carriera lombardi e veneti, pontifici o borbonici che avevano militato per causa nazionale durante il 1848-49, rappresentava non solo una garanzia di sopravvivenza, ma anche un’occasione per incrociare conoscenze, alleanze e contatti matrimoniali. Per quanto spesso guardati con sospetto dagli ambienti dell’aristocrazia di spada piemontese, molti esponenti di questa comunità nazionale dei professionisti delle armi (non di rado competenti e colti) sarebbero riusciti negli anni a farsi strada nell’esclusivo vertice delle forze armate sarde.
Nel 1851, ormai ritenuto inadatto all’impiego in un reparto di fanteria, Scodnik si congedò dal servizio attivo, ma vi tornò poco dopo: nel 1856 fu nominato docente di lingua tedesca presso la Regia Accademia militare di Torino, dove si formava l’élite del corpo ufficiali sabaudo, e contemporaneamente fu anche precettore dei principi di casa Savoia Umberto (futuro monarca con il titolo di Umberto I) e Amedeo. Anche se ormai impossibilitato a proseguire la carriera, Scodnik era così riuscito a entrare, per quanto precariamente, nell’ambiente della corte e dei circoli più prestigiosi della sociabilità militare. Tre anni dopo fu nominato comandante in seconda del Collegio militare di Asti, uno degli istituti di formazione propedeutici all’Accademia che si stavano sperimentando per migliorare la preparazione della mediocre casta militare piemontese. Anche se il collegio di Asti ebbe vita breve (fondato nel 1857, chiuse i battenti nel 1866), attrasse in pochi anni i rampolli delle famiglie più facoltose e blasonate del Regno di Sardegna, con cui Scodnik si trovò ancora una volta in contatto nel ruolo di istruttore. Nel 1860, in riconoscimento dei suoi servizi in questo campo, fu insignito motu proprio da Vittorio Emanuele II dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro. Promosso colonnello di fanteria, venne destinato, come ufficiale a disposizione, prima al Tribunale militare di Alessandria e poi a quello di Napoli, di cui fu presidente; lì nacque, nel 1866, il terzo e ultimo figlio, Enrico, a sua volta ufficiale di artiglieria e poi, dal 1894, parlamentare.
Promosso maggior generale, Francesco Scodnik si congedò definitivamente nel 1868 e si ritirò a Milano, dove morì il 7 novembre 1877.
Fonti e Bibl.: Militärschematismus des österreichischen Kaiserthumes, Wien 1822-1848; Geschichte des k. u. k. Infanterieregiments n. 23, s. e., Budapest 1911.
R.M. Cossàr, Il generale F. S. antesignano del volontarismo isontino per l’Unità d’Italia, Udine 1936; I. Deàk, Beyond nationalism. A social and political history of the Habsburg Officer Corps, Oxford 1990.