FONTANA, Francesco
Nacque intorno al 1435 a Chiari, presso Brescia. Passato con la famiglia a Verona, vi conseguì il dottorato nelle arti e in medicina ed esercitò la professione medica. Nipote del minorita Gabriele Rangoni, discepolo di Giovanni da Capistrano, vissuto molti anni in Austria e in Germania, poi in Boernia e in Ungheria (dove era stato eletto vescovo di Transilvania nel 1472), il F. seguì lo zio nei suoi spostamenti presso le corti d'Oltralpe. Nel 1475 accanto al frate veronese (eletto nel 1475 vescovo di Eger), che era il consigliere più ascoltato di Mattia Corvino e gran cancelliere del Regno, troviamo il F., col rango di "fisico" di sua maestà. Il Rangoni si serviva del nipote per mantenere i contatti con la Curia di Roma e con le potenze italiane: in quello stesso anno, infatti, alcuni emigrati italiani, numerosi alla corte di Buda, segnalavano al duca di Milano che Mattia Corvino stava per inviare in Italia il F., una personalità degna di ogni onore "per reverentia de la Maestà del Re e del barba, il quale è la chiave del Regno".
Incaricato dal Corvino dì svolgere la sua missione in Italia nel dicembre del 1475., il F. partì da Buda alla metà di gennaio. Molti compiti erano nel suo mandato: fare visita alle Signorie di Venezia e di Milano, sollecitare presso la Curia romana il conferimento della porpora cardinalizia al Rangoni e infine recarsi a Napoli per definire le ultime modalità del matrimonio di Beatrice d'Aragona con Mattia Corvino. Il 20 febbraio era a Venezia., rallentato nel suo itinerario dal maltempo; l'8 maggio giunse a Milano. Il primo segretario Cicco Simonetta registrò l'evento nei suoi diari e annotò le dettagliate informazioni che il F. fornì sulle condizioni politiche ed economiche del Regno di Ungheria. Nel giugno era a Napoli insieme con il vescovo di Veszprém e con il bano di Slavonia, per trattare le clausole del matrimonio regio.
Negli anni che seguirono il F. fu inviato regolarmente in Italia per diverse missioni. Nel 1478 Mattia Corvino, che alla sua corte aveva accolto moltissimi artisti, letterati ed ecclesiastici provenienti dall'Italia, e che era molto legato a Ferdinando d'Aragona dopo il matrimonio con Beatrice, inviò presso i potentati italiani i suoi ambasciatori, offrendosi come arbitro nelle contese che li dividevano in nome della lotta contro il Turco, che in quei mesi aveva fatto progressi nella penisola balcanica. Il F. fece tappa a Venezia, Ferrara e Firenze. La manovra diplomatica di Mattia Corvino - tendente soprattutto a isolare Venezia - fu accolta in Italia con diffidenza e scetticismo. A Firenze, nel novembre, il F. si attirò gli strali di Lorenzo de' Medici: "Ha sputate molte parole, che tutte importano che non ci possiamo fidare de' Venetiani". Altri informatori milanesi riferivano che il F. a Venezia aveva messo in giro voci secondo cui l'imperatore intendeva offrire l'investitura del ducato di Milano al re di Francia: anche questa diceria era intesa a seminare zizzania, vista la grande suscettibilità degli Sforza a proposito dell'investitura imperiale.
Nel 1480 soggiornò a lungo a Napoli, presso Ferdinando d'Aragona. Fra marzo e aprile figura come testimone di due atti: il trattato di pace tra Ferdinando e Firenze (è la pace seguita alla Congiura dei Pazzi) e l'atto con cui il re confermava ai procuratori del duca di Milano l'impegno matrimoniale tra il duca stesso e Isabella d'Aragona.
Durante la guerra di Ferrara, forse il punto più critico delle relazioni tra l'Ungheria e Venezia, il F. fu quasi stabilmente in Italia, tra Ferrara (alla corte di Eleonora d'Este, sorella della regina Beatrice) e Milano. Nel 1482 si fece portavoce delle vive istanze di Ferdinando d'Aragona per ottenere dal Corvino aiuti militari a favore della lega antiveneziana. Nel 1484 fu protagonista di un incidente diplomatico: i Veneziani - sospettosi delle manovre di Mattia Corvino - intercettarono nei pressi di Pesaro la nave su cuì viaggiava.
Nello stesso anno il F. intavolò a Milano le trattative per il matrimonio tra Bianca Maria Sforza, sorella del duca, e Giovanni Corvino, figlio naturale del re Mattia. Nel 1485 si recò a Milano con la speranza di concludere le nozze, che avrebbero fatto da contrappeso alla politica poco conciliante di Mattia Corvino verso la Sede romana: ma gli Sforza volevano garanzia che, in cambio di una dote cospicua, Bianca diventasse regina d'Ungheria. Le trattative furono lunghissime e si conclusero solo nel settembre 1489: il F. fu testimone dell'atto conclusivo, stipulato dal vescovo di Nagyvárad (Varadino), Giovanni de Pruisz, uno dei grandi baroni ungheresi.
Tra il 1489 e il 1490 i rapporti di Ferdinando d'Aragona e del re d'Ungheria con il papa Innocenzo VIII subirono un netto peggioramento. Ferdinando rifiutava di pagare il censo feudale e non riconosceva la giurisdizione papale sui baroni. Da parte sua il re d'Ungheria incitava alla ribellione alcuni vassalli papali. Nel gennaio 1490, uno dei momenti più aspri della crisi, il F. giunse in Italia e si recò a Roma per condurre una difficile trattativa. In febbraio era a Milano: gli Sforza erano preoccupati, perché Mattia Corvino continuava a rimandare il viaggio a Vienna di Bianca Maria, e temevano che il re volesse annullare la promessa per imparentarsi con la casa d'Asburgo. Su suggerimento del F., il Moro scrisse a Giovanni Corvino, rimproverandogli le sue infedeltà alla promessa sposa: ciò si spiega probabilmente col fatto che alla corte d'Ungheria molti, e soprattutto la regina Beatrice, vedevano con ostilità questo legame.
La questione del matrimonio pero si ripropose in uno scenario assai mutato quando, nell'agosto 1490, giunse la notizia della morte di Mattia Corvino. Da tempo, i legami del F. con le corti italiane, con Ferrara e soprattutto con Milano, si erano fatti assidui. A Milano, nel 1480, era stato investito cavaliere e il 17 genn. 1486 aveva ottenuto la cittadinanza con tutti i privilegi connessi. Nella sua attività diplomatica il F. - nonostante la sua riconosciuta correttezza e lealtà - si era fatto spesso portavoce più dei suoi interlocutori italiani che delle direttive dei suo governo. Forse desiderava anche preparare il terreno per un ritorno definitivo in patria. Certo, alla corte ungherese vi era un ambiente meno favorevole alla sua persona: da tempo il Rangoni, cardinale dal 1477, era tornato in Italia, dove era morto nel 1486.
Con la morte di Mattia, i legami del F. con l'Ungheria erano sciolti. Si stabilì a Milano, dove aveva ormai messo radici sotto la protezione della corte ducale, e l'8 ag. 1490 Ludovico il Moro lo elevò alla dignità e agli onori di consigliere segreto. Nel 1491 fu eletto commissario generale sopra le Monete. Molti atti emendati dal F. sono conservati tra le carte del governo ducale: riguardano la repressione delle frodi e la regolamentazione del corso delle monete con facoltà di inquisizione e di giurisdizione. Nel febbraio del 1492 il duca nominò il figlio del F., Girolamo, officiale del Banco dei soldati.
Nel maggio del 1496 il F. fu inviato a Parma come commissario ducale, con poteri speciali e con l'ausilio di una squadra di "provisionati" di fanteria e di balestrieri a cavallo, per ridurre all'obbedienza la città, turbata da disordini. Nel luglio si trovava ancora a Parma, ma solo, poiché i soldati erano tornati alle loro stanze.
Nel corso dell'anno successivo la sua attività fu dedicata in gran parte a regolare i rapporti tra la città e i potenti signori del contado, gli stessi - Torelli, Pio, Sanseverino, Pallavicini, Lupi - che in città alimentavano le lotte faziose. Quando scoppiò un'epidemia di peste le sue competenze di medico gli consentirono di adottare misure tempestive ed efficaci contro la diffusione del morbo.Alla fine del 1497 il Moro lo richiamò per inviarlo a Genova al posto di Corrado Stanga. Dal 1488 gli Sforza erano di nuovo signori della città, che governavano in relativa tranquillità, rispettandone la formale autonomia. Tuttavia dal 1496 una serie di eventi fece mutare atteggiamento ai Genovesi: il risentimento per il mancato aiuto degli Sforza nel recupero di Pietrasanta si univa al malcontento per le esazioni fiscali. Ultimo atto sgradito del governo milanese era stata l'imposizione di Giovanni Maria Sforza come arcivescovo. Il F. fu nominato commissario in queste difficili circostanze: la sua fama di "uomo da bene" non dovette però essere all'altezza del difficile compito affidatogli. Durante il suo governatorato il Moro fece una visita ufficiale a Genova nella speranza di riallacciare buoni rapporti con la cittadinanza.
L'incarico del F. ebbe termine con la caduta degli Sforza e con l'arrivo dei Francesi a Milano nel 1499. Il F. manteneva ancora molti rapporti nelle sedi diplomatiche italiane, e ne è prova il fatto che nella sua residenza di Porta Nuova ospitò in ottobre il cardinale G.B. Orsini, legato pontificio in missione presso il re Luigi XII.
Il F. morì a Milano il 13 nov. 1504.
Fonti e Bibl.: Lettere del F. e altre missive riguardanti la sua persona si trovano nel fondo Sforzesco dell'Arch. di Stato di Milano; tra quelle inedite: Carteggio interno, cartt. 1175-1176, missive del F. da Parma, 1496-1497; altre relative all'attività di ambasciatore, sono pubblicate in Mon. Hungariae Historica, Acta extema, V-VII, a cura di I. Nagy - A. Nyary, Budapest 1876-1878, II, pp. 297 s., 307, 312, 338, 347-349, 369 s., 375; III, pp. 9-12, 23 s., 31 s., 36, 39 s., 57, 80, 93 s., 107, 114 s., 158, 170, 357, 359, 365, 386, 438; IV, pp. 54, 56, 100, 124, 129, 134 s., 137-140, 152-156, 158 s., 163, 168, 173, 188 s., 194-197, 205, 208, 210 s., 230, 233 s., 247, 250 s. Si veda inoltre: A. Pezzana, Storia della città di Parma, V, Parma 1859, ad Indicem; G. Gherardi, Dispacci e lettere, a cura di E. Carusi, Roma 1909, p. 457; Regis Ferdinandi primi instructionum liber, a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. II, 333 s.; I diari di Cicco Simonetta, a cura di A.R. Natale, Milano 1962, pp. 201 s.; I registri delle lettere ducali del periodo sforzesco, a cura di C. Santoro, Milano 1961, ad Indicem; Le lettere di Lorenzo de' Medici, III-IV, a cura di N. Rubinstein, Firenze 1977-1981, ad Indices; V, a cura di M. Mallett, ibid. 1989, ad Indicem; A. Giustiniani, Annali della Repubblica di Genova, II, Genova 1835, p. 591; G.A. Prato, Storia di Milano dal 1499 al 1519, in Arch. stor. italiano, III (1842), p. 229; A. Ceruti, Corredo nuziale di Bianca Maria Sforza Visconti, in Arch. stor. lombardo, II; (1875), p. 52; E. Motta, Morti in Milano dal 1452 al 1552, ibid., XVIII (1891), p. 279; C. Santoro, Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1968, pp. 22, 99.