Umanista (Tolentino 1398 - Firenze 1481). Miscuglio di orgoglio e bassezza, è una figura tipica dell'Umanesimo: pronto all'adulazione come alla maldicenza e all'invettiva (aspre soprattutto le polemiche con Poggio Bracciolini e Pier Candido Decembrio), fece sfoggio nei suoi scritti di un'erudizione larga e precisa, non sostenuta peraltro da profondità di pensiero. Ha lasciato alcune orazioni e lettere (anche in greco).
Discepolo di Gasparino Barsizza, dal 1420 al 1427 fu a Costantinopoli e v'imparò assai bene il greco alla scuola di Giovanni Crisolora, di cui sposò la figlia Teodora. Da Firenze, dove insegnava dal 1429 riscuotendo grande ammirazione, fu bandito nel 1434 per aver preso posizione contro i Medici; passò a Siena (1434-38), a Bologna e quindi a Pavia e a Milano, al servizio prima di Filippo Maria Visconti e poi di Francesco Sforza, che celebrò in un poema, Sphortias, incompiuto. Nel 1474 fu a Roma, dove Sisto IV gli affidò la cattedra di eloquenza. Tornato a Milano vi restò finché Lorenzo il Magnifico abrogò il bando e lo chiamò a leggere greco nello studio di Firenze. Giunto appena a Firenze, morì. Dei figli ebbero qualche fama letteraria Gian Mario (v.) e Senofonte (m. 1470), cancelliere della repubblica di Ragusa.
Iniziò in esilio le Commentationes florentinae de exilio, vasta opera antimedicea, che lasciò in tronco nel 1440, dopo averne composto tre libri (in forma di dialogo: De incommodis exilii, De infamia, De paupertate). I Convivia mediolanensia (1443), interrotti dopo il secondo libro, riferiscono dialoghi, che si immaginano tenuti a mensa, sui più svariati argomenti (astronomia, medicina, musica, ecc.). Nel 1473 iniziò il De morali disciplina che rimase interrotto alla sua morte. Della Sforziade, che doveva essere in 24 libri come l'Iliade, ci restano otto libri interi e frammenti dei tre successivi. Altre opere in versi: cinque libri di Odae, un'immensa raccolta di epigrammi in 10 libri, De iocis ac seriis (1458-65), le Satyrae hecatostichae, compiute a Milano nel 1448 e offerte nel 1453 ad Alfonso I di Napoli: raccolta di cento satire in cento versi ciascuna. In volgare scrisse la Vita di s. Giovanni (1446), poema in terzine. Fornì molte e accurate traduzioni di testi greci.