FERRARA, Francesco
Economista, nato a Palermo il 7 dicembre 1810, morto a Venezia il 22 gennaio 1900. Nella sua giovinezza diresse l'ufficio di statistica per la Sicilia difendendo nel 1837 la libertà economica. Sul finire del 1847 pubblicò una lettera nella quale fieramente accusava il governo tirannico dei Borboni: fu incarcerato, ma, insorta la Sicilia nel 1848, venne eletto a far parte del parlamento siciliano e inviato a Torino per annunciare al figlio secondogenito di Carlo Alberto la nomina a re di Sicilia. A Torino venne nominato professore di economia politica in quell'università, dove insegnò dal 1848 al 1859, per passare poi all'università di Pisa. Lasciò la cattedra dopo l'emancipazione della Sicilia e dal governo provvisorio fu nominato direttore delle contribuzioni indirette, indi dal governo italiano eletto consigliere della Corte dei conti; dal 1868 diresse la Scuola superiore di commercio istituita a Venezia. Fu ministro delle Finanze per pochi mesi nel 1867 e da deputato prese parte a discussioni di carattere economico e finanziario. Nel 1881 venne nominato senatore.
Le lezioni del F., seguite da uomini politici eminenti (il Cavour fu tra gli uditori più assidui), circolarono litografate per tutta Italia ed ebbero grande successo. Ma il lavoro principale del F. è costituito dalle prefazioni alle opere raccolte nella prima e nella seconda serie della Biblioteca dell'Economista. Le quali prefazioni non soltanto sono ricche di notizie biografiche e bibliografiche, e di ragguagli preziosi sulle origini e i progressi della scienza economica in Inghilterra e in Francia, ma contengono discussioni critiche acute e l'esposizione delle teorie proprie del F.
Al valore possono, secondo il F., ricondursi i fenomeni economici; l'idoneità di una cosa a soddisfare un bisogno costituisce il valore d'uso, la necessità di uno sforzo per ottenere la cosa, il valore di costo, e infine la cognizione che lo sforzo necessario per conseguire quel dato oggetto è meno penoso del dolore che deve eliminare, darebbe il valore di merito, che comprende i primi due. La misura del valore sarebbe il costo di riproduzione; o fisica, per mezzo del lavoro necessario al richiedente per conseguire la ricchezza richiesta, o sociale per mezzo di scambio, giacché questi non potendo produrre la ricchezza si rivolgerebbe ad altri permutanti, o economica, per mezzo di surrogato. Tale sarebbe la misura del valore nei casi di concorrenza e in quelli di monopolio, di ricchezza suscettibile di produzione limitata o illimitata, ecc., e di ricchezze non prodotte. E il costo di riproduzione chiarirebbe pure i fatti di distribuzione della ricchezza; non vi sono leggi particolari della rendita, del profitto, del salario, ma essi risponderebbero rispettivamente all'importanza delle terre rispetto al lavoro, al costo di riproduzione del capitale e a quello del lavoro; a misura che aumenta la produttività del lavoro, decrescerà la rendita e il profitto tenderà a diminuire, mentre la mercede tenderà ad aumentare. Il F. moveva dal concetto di arrivare a un principio unico più generale, raccogliente a unità tutte le leggi economiche, però l'unificazione sua è verbale e non sostanziale, sia perché i fatti di distribuzione sono diversi da quelli di scambio, sia perché la riproduzione fisica è del tutto differente dalla sociale, sia perché le leggi del valore normale nelle condizioni di concorrenza e in quelle di monopolio, sono differenti. Ma se la legge del costo di riproduzione è ormai abbandonata, rimane a F. il merito di avere insistito sulla disamina del rapporto fra dolore evitato e piacere raggiunto, e indicato l'importanza dei surrogati o succedanei, poi da A. Marshall e da altri compresa nel più largo aspetto della sostituzione economica.
Fra gli scritti precedenti del F., il saggio su Malthus è rilevantissimo per la dotta e sapiente discussione del problema della popolazione; e, fra i molti successivi alle introduzioni alla Biblioteca dell'economista, i lavori Della moneta e dei suoi surrogati (Torino 1858); Il corso forzato dei biglietti di banco in Italia (Firenze 1866); La tassa sul macinato (Firenze 1865), come nelle introduzioni, la teoria della crisi. Il F. fidente nel valore dell'iniziativa individuale, era contrario a ogni ingerenza dello stato nella vita economica, che non consistesse nella garanzia della sicurezza e della proprietà. Avversava perfino la coniazione statale della moneta, il marchio obbligatorio dei metalli preziosi, e in un articolo pubblicato nella Nuova Antologia del 1874 insorse contro i fautori di un'azione dello stato integratrice e correttrice delle esorbitanze individuali, avversando ogni protezione nel campo della circolazione, come in quello della distribuzione della ricchezza.
Ingegno potentissimo, fornito di vasta ed eletta dottrina, nel periodo fra il 1850 e il 1875 il F. attrasse nell'orbita sua i maggiori ingegni e concorse a promuovere gli studî economici in Italia; nell'ultimo quarto del sec. XIX egli rimase invece un solitario, mentre prevalevano indirizzi di ricerche più obiettive. Ma il suo contributo alla scienza resta sempre imponente e per le importanti sue indagini storico-critiche e per il fermento teorico provocato e le positive investigazioni in taluni territorî, che costituiscono aggiunte rilevanti al patrimonio intellettuale.
Le introduzioni alla 1ª serie (Trattati complessivi) e alla 2ª serie (Trattati speciali) della Biblioteca dell'Economista, Torino 1850-70, furono ripubblicate insieme, col titolo: Esame storico-critico di economisti e dottrine economiche (voll. 2, ciascuno in due parti, Torino 1889-1892). Alcuni degli scritti giovanili del F. furono ripubblicati a cura di L. Bodio (Memorie di statistica, in Annali di statistica, pubblicati dalla direzione generale della statistica, s. IV, n. 39, Roma 1890).
Bibl.: A. Bertolini, La vita e il pensiero di F. Ferrara, in Giornale degli economisti, X (1895); T. Fornari, Commemorazione del sen. F. Ferrara, in Ann. Scula comm. di Venezia, Venezia 1900-01, pp. 23-65; S. Cognetti De Martiis, F. Ferrara all'Univ. di Torino, in Giornale degli economisti, VII (1893); G. Prato, F. Ferrara a Torino, in Memorie dell'Accademia delle scienze di Torino, s. 2ª, LXVI (1926); C. Oddi, F. F. e la scuola econ. italiana, in Riv. d'Italia, aprile 1928; R. Dalla Volta, in Scritti vari d'economia e finanza, Firenze 1931.