FRANCESCO di Giovanni
Nacque a Firenze il 13 luglio 1323 da Giovanni di Durante e (probabilmente) da Mattea di ser Lotto di Forese Salviati. Fu primo di quindici figli, morti in gran parte in tenera età o decimati dalla peste del 1348. Del padre sappiamo soltanto che era stato tra i Sedici Confalonieri delle compagnie del Popolo nel 1330, che nel 1341 fu tenuto prigioniero nelle Stinche per cinquanta giorni, avendo commesso qualche reato relativo alla "gabella vecchia del vino". Era ancora vivo tra il 1354 e il 1355, perché compare in un elenco di contribuenti del Comune redatto in questo biennio.
La famiglia, residente nel popolo di San Pier Maggiore, doveva godere di una certa agiatezza; è probabile detenesse possessi nel Mugello, perché tra il 1340 e il 1343 soggiornarono in quell'area sia Giovanni di Durante, sia il figlio Andrea, sia lo stesso F.; quest'ultimo per un lungo periodo di convalescenza, dopo l'epidemia del 1340 e ancora nel 1342.
A partire dal 5 nov. 1334 F. frequentò la scuola d'abaco di messer Jacopo di Pacino Peruzzi; insieme con alcuni dei suoi fratelli iniziò poi a lavorare presso la famiglia materna, già allora attiva nel campo della manifattura e del commercio laniero e assai influente all'interno dell'arte della lana. F. lavorò presso Marco di messer Lotto Salviati dall'aprile 1337 al 24 giugno 1340 e forse fu anche membro dell'arte, se è giusta la sua identificazione con quel Francesco di Giovanni del popolo di San Lorenzo che venne accolto tra i "lanifices et stamifices" del convento di S. Piero Scheraggio il 23 giugno 1339. Il 21 dic. 1341, mentre ancora lavorava con Giovanni di messer Lotto Salviati, F. fu fatto "chierico", ma non pare che intraprendesse la carriera ecclesiastica, pago probabilmente di godere di un qualche beneficio; continuò infatti a lavorare presso lo stesso Giovanni almeno fino al maggio del 1342. Dopo questa data le notizie sulla sua vita si fanno rade e frammentarie: si sa che dal giugno 1347 al giugno dell'anno seguente tenne in affitto un palco e che nel 1350 era ancora vivo, dato che registrò la morte del fratello Simone, avvenuta il 16 febbraio di quell'anno. Non compare invece il suo nome nel censimento dei membri dell'arte della lana, redatto nel 1353 ed egli era probabilmente già morto nel 1374, giacché non viene ricordato nel testamento della madre del 1° agosto di quell'anno, né nel successivo del 12 dic. 1377.
I dati biografici su F. sono in gran parte deducibili da un suo zibaldone conservato nel ms. II, III, 280 (già Bargiacchi) della Bibl. nazionale di Firenze, scritto interamente di sua mano, mutilo all'inizio e alla fine. Al pari di altri libri di questo genere, anche quello di F. è suddiviso in varie sezioni, riservate via via ad argomenti specifici ed evidenziate anche dalla presenza di carte bianche: ricette medicinali e scongiuri, "racordanze di cose passate", registrazione di avvenimenti familiari (nascite, morti, messa a balia dei neonati), una breve "pratica" per travasare e imbottare il vino, annotazioni di conti, ecc. Notizie e dati appaiono disposti all'interno di un rigido formulario che va dalla invocazione iniziale rivolta alla divinità sino all'uso esclusivo di determinati tempi verbali, non senza qualche incongruenza, come nel passo in cui F. iscrive la data della propria nascita, sotto la formula "Quie di sotto iscriveremo tutti i fanciulli che ci nasceranno, cioè a Giovanni Durante mio padre" (c. 6r). F. è uomo di cultura esclusivamente volgare, ma la sua grafia - quasi sempre elegante e accurata, soprattutto là dove riporta "entrate ed uscite" - e il pieno controllo del lessico e della sintassi - anche in quei passi che escono dalla rigidità delle formule - dimostrano un buon grado di alfabetizzazione; si veda, del resto, quanto egli ritenga opportuno diffondersi sul modesto cursus studiorum suo e dei suoi fratelli maschi (c. 4r).
Nella sezione delle ricordanze, l'annotazione di fatti personali o di ambito familiare si alterna talvolta con la registrazione annalistica di avvenimenti che riguardano la città e lo Stato fiorentino; nell'ultima sezione del libro (cc. 21-24v) si trova invece una vera e propria cronaca degli avvenimenti cittadini, che va dal 21 ag. 1342 (solenne ingresso del nuovo vescovo di Firenze, Angelo Acciaiuoli) al 4 ag. 1345 e si diffonde soprattutto sulle tumultuose vicende del tempo di Gualtieri di Brienne, duca d'Atene. Verso questo F. mostra grande rispetto: apprezza il suo rigore nel reprimere i soprusi degli amministratori precedenti, loda la sua attività pacificatrice e non manca di sottolineare come costui, cacciato fuori di Firenze, "non ne portò danaio, se none il vasellamento ch'ehli avea fatto fare d'oro e d'ariento".
Anche quando appaiono evidenti i forti limiti dell'amministrazione del duca, le responsabilità non sono mai addossate a lui, ma ai cattivi consiglieri e collaboratori. Ovviamente F. è lontano dal cogliere la situazione nella sua complessità, ma ha il merito di esporre i fatti con la forza di chi li ha visti e vissuti dal basso, dalle piazze e dalle botteghe invece che dai palazzi. Partecipa, ad esempio, al tumulto contro il duca iniziato il 26 luglio 1343 e descrive la mischia in modo vivace e circostanziato; apprezza il nuovo stato di cose all'indomani della sollevazione del 22 sett. 1343, ma questo non gli impedisce di cogliere le inquietudini e il malcontento dei più umili lavoranti della lana e di portare alla luce un episodio inedito della storia sociale fiorentina. Unico, tra i molti cronisti contemporanei, ricorda infatti lo sfortunato tentativo dello scardassiere Ciuto Brandini di organizzare i compagni di lavoro e il "bollire dei lavoranti che voleano essere meglio pagati".
Il libro di F. è ancora in gran parte inedito e, al pari di tanti altri libri di famiglia, è stato studiato finora in modo molto settoriale: alcune pagine, come quelle che riportano le spese per la balia, il curriculum scolastico dei fratelli, l'episodio del Brandini, hanno avuto decine di edizioni e citazioni, mentre il resto è completamente ignorato.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Arte della lana, 20, c. 77v; D. Velluti, Cronica di Firenze…, a cura di D.M. Manni, Firenze 1731, pp. 13-17 (con ed. della "cronaca" del 1342-45 alle pp. 141-148); I.B. Supino, La pratica del vino secondo due popolani fiorentini del Trecento, Prato 1897 (per nozze D'Ancona - Orvieto), ad Ind. (con ed. della sezione riguardante la "pratica" del vino); N. Rodolico, Il popolo minuto. Note di storia fiorentina (1343-1378), Firenze 1968, p. 37; S. Benedetti, Sui più antichi "doctores puerorum" a Firenze, in Studi medievali, II (1906-07), pp. 336 s., 345 s.; A. Sapori, La cultura del mercante medievale italiano, in Studi di storia economica (secoli XIII-XIV-XV), Firenze 1955, I, pp. 67 s. n.; G.A. Brucker, Florentine politics and society. 1343-1378, Princeton 1962, pp. 110 s.; F. Pezzarossa, La tradizione fiorentina della memorialistica, in La "memoria" dei mercatores, Bologna 1980, p. 118; A. Monti, Les chroniques florentines de la première revolte populaire à la fin de la Commune (1345-1434), Lille 1983, I, pp. 280-283; A. Cicchetti - R. Mordenti, I libri di famiglia in Italia, I, Filologia e storiografia letteraria, Roma 1985, p. 153; A. Petrucci - L. Miglio, Alfabetizzazione e organizzazione scolastica nella Toscana del XIV secolo, in La Toscana nel secolo XIV. Caratteri di una civiltà regionale, a cura di S. Gensini, Pisa 1988, p. 480; C. Klapisch Zuber, La famiglia e le donne nel Rinascimento a Firenze, Bari 1988, pp. 215, 241; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle biblioteche d'Italia, XI, pp. 30 s.; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, IV, pp. 542 s.