DAL POZZO (Puteo, Puteus), Francesco
Nacque a Villanova Monferrato (Alessandria) intorno al 1520 da Bartolomeo e Agnese de Longis di San Germano.
Il padre, anchegli nativo di Villanova, insegnò a Vercelli filosofia e medicina a partire dal 1539. Si occupò però prevalentemente di filosofia, componendo un commento inedito alle opere di Platone. Dal suo matrimonio dopo il D. nacquero Amedeo, che morì avvelenato mentre studiava legge a Pavia; Caterina, che sposò Emiliano De Opezzano; Antonia, moglie di Bartolomeo Pagis da Olcenengo. Il D. era apparentato coi Dal Pozzo di Biella, cui appartenevano il suo omonimo, marchese di Romagnano, capitano di Santhià, e l'arcivescovo Carlo Antonio (di cui si parlerà oltre), il cui padre Francesco concesse al D. per i suoi meriti le armi della sua casata.
Seguendo la scelta paterna, il D. studiò medicina a Pavia, dove poté seguire le lezioni di famosi medici come Giacomo Pacini, Matteo Corti e Branca Porro, ma completò la sua specializzazione in anatomia presso le università di Pisa, Bologna e Padova; per qualche tempo fu certamente anche a Venezia.
In particolare a Bologna volle studiare ffirettamente le infezioni epidemiche frequentando i luoghi di ritrovo dei mendicanti, come la chiesa dei Barracano, S. Petronio, il cimitero di S. Francesco, senza riuscire peraltro ad allontanarsi dal suo fervido galenismo, che gli impedì di cogliere le novità e le esperienze che la medicina allora andava compiendo; non bastò l'amicizia di Bartolomeo Maggi e di altri medici a permettergli di far proprie le nuove tendenze della medicina rinascimentale.
La pubblicazione nel 1543 del De humani corporis fabrica di Vesalio (è lo stesso anno del De revolutionibus orbium coelestium di Copernico) suscitò un'accesa polemica tra galenisti e antigalenisti, che non teneva conto del fatto che Vesalio, pur essendo anch'egli galenico, intendeva solo correggere alcuni errori dimostratisi tali sperimentalmente. In questa disputa, che vide contrapposti i difensori di Vesalio come Ingrassia, Falloppia, Melantone, Ambrogio Paré ai difensori rigidi di Galeno come Realdo Colombo, Eustachio, Valverde, J. Dubois (Sylvius), il D. sostenne quest'ultimo nel tentativo di dimostrare che tutti i punti in cui Vesalio si distacca da Galeno sono errati, pur non essendo direttamente coinvolto né avendo ancora l'autorità necessaria per un simile intervento. Confessò infatti egli stesso di essere intervenuto su sollecitazione di Antonio Tesauro di Fossano e che i suoi studi anatomici non erano molto progrediti, né numerose le dissezioni che aveva compiuto.
È vero che, tornato da Bologna a Vercelli per esercitare la medicina, fu chiamato da Emanuele Filiberto a compiere l'autopsia del cadavere del duca Carlo II di Savoia, morto improvvisamente nel 1553. All'uopo erano stati convocati Gaspare Capra, Francesco Martinengo, M. A. Cusano e Francesco Alessandro, medico dei Savoia; il D. sostenne che il duca era morto di morte naturale, di mai di fegato, e non di malattia polmonare, e comunque si doveva escludere la morte violenta.
Ma, a parte questa e poche altre esperienze, e nonostante conoscesse le opere di Falloppia, Canani, Maggi (alle lezioni del Maggi a Bologna nel 1544, cui aveva anche partecipato il Vesalio, assistette di persona), il D. non seppe servirsene nella sua Apologia pro Galeno, Venetiis 1562, contro il Vesalio: i giudizi su quest'opera, da Haller al Portal all'Eloy, sono pesantissimi, in quanto si tratta d'un testo tutto in negativo, centrato sul proposito di squalificare l'opera vesaliana a base di insulti e di contumelie (come pazzo, stupido, ottuso, temerario) e non di dimostrazioni anatomiche. Un tentativo retrogrado e controriformistico, dunque, che il D., di famiglia profondamente cattolica e reazionaria, scagliava contro l'"eretico" Vesalio, fautore di una più moderna visione dell'anatomia. Semmai l'opera ha un valore storico, in quanto nel tentativo di rivalutare medici piemontesi come il Capra, Bartolomeo Caccia di Novara, Francesco Borsa di Casale, dà utili informazioni storiche sulla medicina piemontese.
Non pare probabile, come afferma il Cardano, che lo stesso Vesalio si abbassasse a scrivere una propria difesa contro le invettive del D. sotto il nome di Gabriele Cuneo. In effetti l'opera Gabrielis Cunei mediolanesis apologiae Francisci Putei pro Galeno in anatome examen, Venetiis 1564, pur basandosi su argomenti vesaliani, pare effettivamente da attribuire al medico milanese, che insegnava a Pavia e che il D. conobbe personalmente.
Non ci sono giunte altre opere dei D., benché nell'Apologia parli egli stesso di una sua difesa del medico Matteo Corti sulla questione della sezione della vena nella pleurite. Da ricordare invece l'istituzione di un collegio a Vercelli compiuta dal D. con testamento nel 1551 alla morte del padre, secondo il quale lasciò varie rendite e la sua casa in contrada S. Bernardo per ospitare ed educare dodici giovani vercellesi, sia nobili sia plebei (dal suo matrimonio con Francesca Caccia non aveva avuto figli).
L'istituzione, posta sotto la cura del vescovo di Vercelli, fu continuata a Pisa da un parente del D., l'arcivescovo Carlo Antonio Dal Pozzo, con un altro collegio, detto Puteano, per ospitare i giovani usciti dal precedente e mantenerli agli studi universitari. Il collegio Dal Pozzo, arricchitosi in seguito di molteplici lasciti, continua tuttora la sua opera educativa.
Il D., che spesso fu confuso con gli omonimi contemporanei (un medico veronese, un giureconsulto di Alessandria) morì a Vercelli il 29 nov. 1564 e fu sepolto nella chiesa, ora distrutta, del Carmine.
Fonti e Bibl.: G. Cardano, De vita propria, Amstelodami 1654, pp. 50, 194; J. Douglas, Bibliographiae anatomicae specimen, Lugduni Batavorum 1734, p. 120; A. O. Goelicke, Introductio ad historiam litterariam Anatomes. Francofurti ad Viadrum 1738, p. 146; A. Portal, Histoire de l'anatomie et de la chirurgie, I, Paris 1770, pp. 606 s., 634 s.; A. von Haller, Bibliotheca anatomica, I, Lugduni Batavorum 1774, p. 504; N. Eloy, Dictionnaire historique de la médecine, III, Mons 1778, p. 642; C. Tenivelli, Biografia piemontese, II, Torino 1785, p. 292; F. A. Della Chiesa, Scrittori piemontesi . , savoiardi e nizzardi, Torino 1790, p. 42; K. Sprengel, Storia prammatica della medicina, III, Firenze 1841, p. 193; G. De Gregori, Istoria della letteratura vercellese, II, Torino 1820. pp. 182 ss.; G. G. Bonino, Biografia medica piemontese, I, Torino 1824, pp. 258 ss.; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, III, Napoli 1845, p. 284; C. Dionisotti, Biogr. di vercellesi ill., Biella 1862, p. 247; G. Masserano, Biella e i Dal Pozzo, Biella 1867, pp. 186 s.; H. Tollin, Andreas Vesalius, in Zentralblatt fúr Biologie, V (1885), p. 413; G. Claretta, A. Corradi ricordato nei suoi lavori scientifici in relazione alla storia, in Mem. della R. Acc. delle scienze di Torino, s. 2, XLIV (1894), pp. 104, 110; E. Bain, Un anatomiste au XVI siècle: A. Vesale, Montpewer 1908, p. 49; G. Martinotti, F. D. e la sua critica di Vesalio, in Mem. della R. Acc. delle scienze dell'Ist. di Bologna, s. 7, IX (1922), pp. 31-44; R. Bettica, Andrea Vesalio fra F. D. e G. Cuneo, in Annali dell'Ospedale Maria Vittoria di Torino, LVIII (1965), pp. 1-66.