CORALLO, Francesco
Artista di ignote origini, operò negli ultimi tre decenni del Seicento a Roma assieme ai numerosi artisti che gravitavano attorno alla corte del cardinale Flavio Chigi, notoriamente uno dei centri più importanti del tardo barocco romano.
Impegnato nel 1671 come doratore in lavori di scarso rilievo per il casino di Nettuno (Golzio, 1939, p. 260, doc. n. 1634), qualche anno dopo caratterizzò la sua attività presso il Chigi anche come pittore: nel 1676 infatti fu pagato per alcune dorature e per aver dipinto "un traccagnino, un pulcinella, un Cola e un villano" (ibid., p. 293, doc. n. 3697).
Divenuto un protetto del cardinale Chigi, il C. fra il 1679 e il 1683 lavorò assiduamente a Formello e a Roma alla decorazione di edifici chigiani (oggi purtroppo in gran parte perduti).
Decorò infatti il soffitto della sala del palazzo di Formello con dorature, affreschi, finte architetture, putti e vasi di fiori, mentre lungo i muri disegnò "diverse colonne che fingono teatro con diverse vedute di paesini e con altri ornamenti con fiori e frutti e suo basamento atorno in chiaro scuro"; nel soffitto dell'anticamera poi "una figura in campo d'aria" in mezzo a otto putti, e in un'altra stanza disegnò una Flora con putti e vedute di paesi e fiori. Nella vicina villa di Versaglia infine, sopra la porta, dipinse un paese (ibid., pp. 186 s., doc. n. 1016). In Roma, al casino del giardino delle Quattro Fontane, oltre a varie dorature e pitture, eseguì per il cardinale una Venere (ibid., p. 201, doc. n. 1016).
Probabilmente grazie alle amicizie del Chigi con la corte medicea e con il cardinale Francesco Maria de' Medici, il C. fu successivamente impegnato per tre anni in Toscana, dove, oltre che nella villa di Valle di Marina del marchese Salviati, lavorò alla decorazione di importanti fabbriche. Lo stesso Chigi, dopo aver avuto (1677) in dono da Cosimo III il feudo di San Quirico d'Orcia, fra la fine del 1684 e il giugno del 1687 fece decorare al suo protetto gli ambienti dei palazzo realizzato in quella località su disegno di Carlo Fontana. In questo palazzo (oggi fatiscente), il C. realizzò una prospettiva in fronte alla loggia e il quadro della cappella, e ancora dorature, boscherecce e motivi fioreali in 28 stanze e in altri ambienti (ibid., pp. 230, 233-236, docc. nn. 164, 349, 1163, 1479, 1969, 2392).
Per far fronte alle esigenze decorative e di fasto della committenza, il C. formò una vera e propria bottega di artisti, comprendente doratori, prospettici, paesaggisti, pittori di figure e di fiori, che contribuì a diffondere anche in Toscana un gusto per il decorativismo tardobarocco già ampiamente affermatosi a Roma.
Proprio negli anni in cui Firenze diveniva un centro importante per la vicenda del barocco italiano, con la presenza di Luca Giordano e l'attività dei giovani artisti formatisi a Roma presso la scuola aperta dall'Accademia del disegno, il C. venne chiamato dalla granduchessa Vittoria Della Rovere a decorare il nuovo salone da lei realizzato su disegno di G. Marmi in testa al cortile grande della villa di Poggio Imperiale.
In quel salone, destinato originariamente a galleria, e attualmente refettorio dell'educandato della SS. Annunziata, l'artista con la sua bottega realizzò a fresco sul soffitto un aereo Olimpo sorretto e inquadrato nelle pareti laterali da finte architetture, decorazioni floreali e boscherecce; inoltre in otto ovati, sopra altrettante porte, rappresentò a monocromo le Fatiche di Ercole (Da Prato, 1895, p. 241; Panichi, 1973, p. 39).
Terminati i lavori a Poggio Imperiale, l'artista romano affrescò per il cardinale Francesco Maria de' Medici la volta a sernibotte della cappella della Villa di Lappeggi (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo, filza 5616). Fra il 1685 e l'86 il C. fu di nuovo impegnato a Siena e a San Quirico d'Orcia (Golzio, p. 106, doc. n. 1048). Nell'agosto del 1686 a Siena, nel palazzo del cardinale Francesco Maria, dipinse il corridoio, o galleria, "che gira da due branche il palazzo... sopra il cortile" (Arch. di Stato di Firenze, Mediceo, f. 5816).
Dall'ottobre del 1687, dopo aver completato la decorazione del palazzo di San Quirico d'Orcia, l'artista tornò a lavorare a Roma sempre alle dipendenze del suo protettore.
Nel duomo di Albano, dopo la concessione (1686) di quel vescovato da parte di Innocenzo XI al cardinale Chigi, decorò il soffitto della sagrestia "con undici riquadri di trofei di chiese con arme di S. E. in mezzo a putti a chiaroscuro su fondo giallo" (Golzio, p. 257, doc. n. 1992).
Ad Ariccia, nel duomo, decorò il paliotto dell'altare, dove fu deposto il corpo di s. Deodato martire. Nella prima metà del 1688affrescò il quadro dell'altare, le volte e i muri della cappella del casino delle Quattro Fontane (ibid., p. 201, doc. n. 1992); e infine nel luglio dello stesso anno eseguiva "una nuova doratura dei giro del cupolino della cappella Chigi in S. Maria del Popolo" (ibid., p. 348, doc. n. 1192).
Dopo questi lavori la posizione del C. presso la corte del Chigi si consolidò a tal punto che egli divenne un addetto artistico alle dipendenze del cardinale per l'appalto e il pagamento dei lavori. Così, eccettuato qualche piccolo lavoro svolto personalmente come la decorazione al palchetto del teatro di Tordinona nel 1690, il C. svolse nel 1691 le funzioni di aiutante di camera del cardinale e l'anno successivo quelle di "guardaroba" (Golzio) p. 300, doc. n. 647, e p. 349, doc. n. 1093).
Dopo la morte del suo potente protettore nel 1693, anche l'attività del C. dovette subire un contraccolpo. Da quella data, infatti, lo troviamo citato una sola volta nel 1695 fra i doratori pagati dai gesuiti per lavori eseguiti nella nuova cappella di S. Ignazio di Lojola a S. Giovanni in Laterano (Bertolotti, 1884).
Nonostante l'esiguità delle opere pervenuteci, è possibile collocare con sufficiente attendibilità il C. fra quella schiera di artisti di eterogenea provenienza che confluirono e operarono a Roma presso le corti delle grandi famiglie romane in un clima di ormai latente crisi dell'esperienza barocca.
In origine doratore, come testimoniano i primi lavori per il Chigi e la sua partecipazione nel 1681 come perito, ad una perizia ufficiale di alcune cornici (Bertolotti, 1880, p. 183), fu impegnato anche come pittore assieme agli artisti della sua bottega, quali il fiorista N. Stanchi e il paesista monsu Francesco Borgognone, in cicli decorativi a fresco di ascendenza cortonesca con esiti incerti e affrettati.
Oltre al C. sono ricordati un Antonio e un Vincenzo Corallo. Di questo si sa che lavorò, come doratore, a Roma per il cardinale Chigi nel settimo decennio del secolo (Golzio, 1939, pp. 19, 191, 234) e nel 1672 nella chiesa dei SS. Ambrogio e Carlo al Corso (G. Drago-L. Salerno, SS. Ambrogio e Carlo..., Roma 1967, p. 64).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Mediceo, f. 5816, lettere del soprint. alle aziende C. Zeffirini al card. Francesco Maria de' Medici in data: 23 marzo 1683; 12, 15, 19, 29 gennaio, 12, 19, 23, 25 febbraio, 2, 12, 16, 19 marzo 1686, e ricevuta del C. per i lavori al palazzo di Siena in data 26 ag. 1686; Bibl. Apost. Vaticana, Arch. Chigi, vol. 503: mandato di pagamento del 6 luglio 1685 al C. per viaggi a San Quirico d'Orcia e Siena; A. Bertolotti, Artisti belgi e olandesi a Roma nei sec. XVI e XVII, Firenze 1880, pp. 182 s.; Id., Artisti subalpini in Roma nei sec. XV, XVI e XVII, Roma 1884, p. 210; Id., Artisti bolognesi, ferraresi ed alcuni altri del già Stato pontificio in Roma nei secoli XV, XVI e XVII, Bologna 1885, p. 184; C. Da Prato, R. Villa del Poggio Imperiale, Firenze 1895, pp. 240 S.; V. Golzio, Doc. artistici sul Seicento nell'Arch. Chigi, Roma 1939, pp. 19, 71, 106, 186 s., 201, 230, 233-236, 253, 257, 260, 293, 299 s., 348 s.; O. Panichi, Due stanze della Villa del Poggio Imperiale, in Antichità viva, XII (1973), 5, pp. 39-46; Soprintendenza ai monumenti di Firenze e Pistoia, Villa di Poggio Imperiale. Lavori di restauro e riordinamento 1972-75, Firenze s. d., p. 19; G. et O. Michel, La décoration du Palais Ruspoli en 1715 et la découverte de "Monsu Francesco Borgognone", in Mélanges de l'Ecole française de Rome, Moyen Age -Temps Modernes, LXXXIX (1977), p. 288; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 388.