CICALA, Francesco
Difamiglia sarzanege, nacque, pare a Lerici, verso il 1600 dal nobile Antonio, che richiese, anche per il figlio, fede di nobiltà al Senato genovese il 14 genn. 1600. Siignora dove abbia compiuto gli studi, addottorandosi in utroque iure. Condusse una vita movimentata, durante la quale mise la propria esperienza legale e ammini iva al servizio divari signori e Stati italiani, mantenendo tuttavia un vivo attaccamento per la sua città di Sarzana. Il 16febbr. 1621, in Sarzana, contraeva matrimonio con una giovane nobile, Giulia di Gerolamo Contardi; il 7 giugno seguente rivolgeva al Senato genovese la prima supplica per ottenere il riconoscimento di nobiltà, che venne accordato a lui e al fratello Giovan Stefano solo nel 1628. Nel settembre 1630 venne eletto tra gli Anziani del comune di Sarzana, e il mese successivo priore. Nel novembre di quello stesso anno gli Operai della cattedrale lo inviarono a Genova come loro difensore in una lite contro i canonici; ma il mese successivo, non essendo riuscito nell'intento, il C. partì per Roma per risolvere la questione in Vaticano.
Dopo un viaggio pieno di difficoltà, giunto a Roma si ammalò e venne anche trattenuto in carcere per qualche giorno. Infatti, come sarzanese, la polizia romana lo aveva ritenuto compreso nel bando da cui, in quei giorni, era stata colpita tutta la Toscana; ma il C., fattosi riconoscere come suddito della Repubblica di Genova, venne subito liberato.A Roma rimase fino al 1634: entrato in contatto con l'ambasciata genovese, vi si fece assumere come segretario. Parecchie sue lettere di questo periodo si trovano tra quelle dello Scaglia e del Lasagna, agenti della Repubblica a Roma; anzi, molte lettere di quest'ultimo al governo sono di mano del Cicala. Tornato a Sarzana nel 1634, venne eletto auditore dal vescovo Giovan Domenico Spinola. Quattro anni dopo fungeva da procommissario del feudo di Gragnola occupato dalle milizie toscane.
Anche il governo genovese si giovò di lui in qualche controversia giurisdizionale, come si rileva da sue lettere del 1640; e fu gratificato con decreto del Senato del gennaio 1641, che gli concedeva di esercitare l'avvocatura in Genova con gli stessi diritti dei dottori collegiati. Nello stesso anno il C. si trasferì in Sardegna con l'ufficio di auditore generale del viceré Fabrizio Colonna, e quando questi nel 1644 venne sostituito, rimase ancora due anni nell'isola come commissario generale.
Nel 1646 il C. si trova di nuovo a Roma per difendere interessi di Sarzana; da Roma, con lettera del 18 marzo, chiede al governo di Genova, senza ottenerla, la cura dei pubblici affari in quella corte. Ritornato a Sarzana, vi esercitò per qualche anno l'avvocatura in relativa tranquillità, fino a che, nel 1652, quando il comune di Sarzana dovette rivendicare i suoi privilegi contro le imposizioni del governo genovese a proposito della tassa sulla macina, fece parte, insieme a Giovan Battista Spina, Girolamo Francesco Contardi e Francesco Ricca, della conunissione che venne inviata a Genova per trattare del grave argomento.
A difesa dei diritti della sua città.1 il C. perorò vivacemente in Genova; il discorso, steso in trattazione storico-giuridica, fu subito fatto stampare dal C. in Lucca, col titolo Discorso sopra le convenzioni della città di Sarzana con la Repubblica di Genova, in risposta al consulto del già sig. Leonardo Spinola contro i popoli convenzionati e alla relazione del sig. Raffaele della Torre. Dell'opera esiste un manoscritto, forse di pugno del C., nella Civica Biblioteca Berio di Genova (ms. BV 25). La trattazione, valida, ma contraria agli interessi di Genova, provocò le ritorsioni della Repubblica contro il C., anche se ufficialmente le accuse rivoltegli furono di altra natura.Già nel 1654 alcune lettere anonime mettevano il C. in cattiva luce come cittadino sospetto, perché manteneva relazioni con fiorentini. Era accusato di essèrsi recato a Pisa, insieme con Marcello Massa spezzino, a convegni con ministri del granduca, coi quali avrebbe mantenuto corrispondenza sotto falso nome. Il C. fu difeso dal commissario di Sarzana che dimostrò l'inconsistenza delle accuse. Ma nell'aprile del 1655 era in carcere a Genova; la sua casa di Sarzana veniva perquisita e sequestrate le sue carte. Nonostante l'intervento in suo favore anche degli Anziani di Sarzana venne condannato dagli Inquisitori di Stato, il 2 ag. 1655, a due anni di carcere. Venne liberato nell'agosto 1656 per grazia del Senato. Per gli anni successivi, non se ne hanno notizie sicure. Non è con certezza documentato, come alcuni (Oldoini, Gerini) propongono in termini vaghi, che il C. sia stato capitano di Giustizia a Siena e poi difensore della comunità inglese di Livorno, e che abbia compiuto ambascerie per i Medici e i Cibo Malaspina. Di sicuro era a Genova il 17 ott. 1679, quando, nonostante l'età avanzata, contrasse un secondo mattimonio con Maria Leone.
Mori a Genova nel 1684.
Fonti e Bibl.: Arch. di St. di Genova, ms. 477, c. 400; Ibid., Divers., f.19, doc. 21; f. 63, doc. 14.I.1628; M. Giustiniani, Gli scrittori liguri, Roma 1657, I, p. 234; A. Oldoini, Athenaeum Ligusticum, Perusiae 1680, p. 190; E. Gerini, Mem. stor. di illustri scrittori... dell'antica e moderna Lunigiana, Massa 1829, I, pp. 142 s.; G. B. Spotorno, Storia lett. della Liguria, Genova 1858, V, p.113; A. Neri, Cronache lunigianesi tratte dagli Zibaldoni di A. A. Ratti, in Giorn. stor. della Lunigiana, VIII(1916), pp. 38 ss.