ALIGHIERI, Francesco
Figlio di Alighiero di Bellincione e di Lapa di Chiarissimo Cialuffi. Da molti documenti si possono ricavare notizie sicure sulla sua vita e sui suoi affari, dall'11 apr. 1297 al marzo 1352. Fino dal 1297 egli era maggiorenne, in età cioè di contrarre un mutuo insieme con il fratello Dante; negli anni seguenti, l'abbondante documentazione riguarda quasi esclusivamente la sua attività di prestatore, di compratore di terre e di case, e di arbitro in alcune liti. Operò quasi sempre a Firenze; il 13 maggio 1304, però, una concessione di mutuo gli vien fatta ad Arezzo. Quasi un anno dopo, il 14 ag. 1305, i beni suoi e di Dante sono citati come appartenenti ai ribelli: ciò fa pensare a una sua partecipazione, se non alle lotte politiche del fratello, almeno alle prime conseguenze del suo sbandimento. Tutto ciò dovette durare ben poco, se già il 20 ag. 1309 l'A. è citato come testimone a un negozio giuridico stipulato a Ripoli. Probabilmente il bando gli era stato tolto nel 1306 o nel 1308, ed egli si era stabilito a Ripoli - dove spesso è citata la sua residenza - abbandonando la casa paterna, semidiroccata a seguito della condanna di Dante; lo scarso rilievo della sua attività politica ne facilitò il ribandimento, permettendogli il ritorno a Firenze. Il 18 dic. 1317, in una concessione di mutuo, appare per la prima volta citato il nome della moglie, Piera di Donato Brunacci, dalla quale ebbe i figli Durante, Ionia (che sposò Lupo di Riccomanno del Pannocchia) e Martinella (che andò in moglie a ser Gregorio di ser Francesco); Piera era già morta il 16 maggio 1341, quando se ne ricorda l'erede testamentario, Goccio di Lippo dei Lupicini. I beni di Alighiero di Bellincione erano rimasti sempre in possesso comune dei figli, Dante e Francesco, e la comunanza era continuata tra lo zio e i nipoti Pietro e Iacopo, eredi del poeta; solo nel 1332 l'eredità fu divisa, toccando all'A, i beni rurali e il diritto di rifarsi di un vecchio credito. Il 10 ott. 1342, in Firenze, egli, in nome proprio e in quello di tutti gli Alighieri, promise la pace a Pietro di Daddoccio de' Sacchetti e al figlio di lui, Uguccione, sanando il conflitto apertosi tra le due famiglie con la morte di Geri di Bello di Alighiero Alighieri ucciso da un Sacchetti, seguita, come pare, dalla vendetta fattane da un nipote dell'assassinato, che era figlio di Cione di Bello di Alighiero. Dell'A. si ha ancora notizia in un altro documento fiorentino, rogato tra il 25marzo 1351 e il 24 marzo 1352; nel settembre 1353 Martinella è citata come figlia dell'A. già defunto. Il suo appartarsi dall'attività mercantile del padre, le preferenze per le minute speculazioni e per le stipulazioni di piccoli mutui, il suo contentarsi di guadagni limitati derivanti dalla concessione di bestiame a soccida o a caposalvo hanno incoraggiato alcuni dantisti ad esprimere un giudizio limitativo della figura dell'A., anche se, forse, i documenti non danno l'idea esatta di una agiatezza, che, invece, traspare dall'elenco dei suoi beni terrieri, quali sono descritti in occasione della spartizione con i nipoti. L'A. morì tra il marzo 1352 e il settembre 1353.
Fonti e Bibl.: I docc. sono pubblicati nel Codice diplomatico dantesco, a cura di R. Piattoli, Firenze 1950, cfr. Indice; v. anche p. XIII della introd., con la relativa bibliogr.; v. anche N. Zingarelli, La vita, i tempi e le opere di Dante, I, Milano 1939, pp. 373-374, con la bibliogr. citata nelle note; e M. Barbi, voce Dante, in Encicl. Ital.,XII, p. 328.