FOSGENE
Il fosgene (cloruro di carbonile, ossicloruro di carbonio) è il cloruro dell'acido carbonico. Fu ottenuto per la prima volta da H. Davy nel 1812 esponendo alla luce solare un miscuglio di ossido di carbonio e cloro
Davy lo chiamò fosgene (generato dalla luce) per ricordare questo suo modo di formazione. Si vide poi (E. Paternò, 1878) che la combinazione dell'ossido di carbonio col cloro può avvenire anche all'oscuro in presenza di un catalizzatore speciale, il carbone attivo.
La preparazione del fosgene si può eseguire mettendo a profitto la reazione di Davy, scritta sopra. La combinazione dell'ossido di carbonio col cloro non si fa però avvenire per azione della luce, ma viene in pratica realizzata con il catalizzatore proposto da Paternò, cioè con il carbone. E importante però la scelta di un carbone adatto. Si può impiegare il carbone di ossa lavato con acido cloridrico e arroventato poi in corrente di cloro. E stato usato anche il carbone di legno e il carbone delle noci di cocco. Buoni risultati dà anche il carbone attivo, ottenuto carbonizzando il legno imbevuto di cloruro di zinco.
L'ossido di carbonio e il cloro ben secchi vengono mescolati a volumi eguali (con leggiero eccesso di CO) e poi vengono mandati nelle camere di catalisi dove il carbone preparato è steso su piastre forate. Le camere di catalisi possono essere più o meno grandi, rivestite internamente di grafite o di piombo: generalmente in una prima camera ben raffreddata s'inizia la combinazione che si completa nelle camere successive a temperatura più alta. La temperatura migliore è 125°: non si deve oltrepassare 150°, altrimenti il fosgene comincia a dissociarsi. Quando il carbone ha perduto la sua attività di catalizzatore dev'essere cambiato. I gas che escono dalle camere di catalisi vengono raffreddati fortemente fino a far liquefare il fosgene formatosi. Le ultime tracce di fosgene che restano nei gas vengono ricuperate facendolo disciogliere nel tetracloroetano, dal quale si può poi riottenere il fosgene per riscaldamento. Quando si vuole il fosgene puro per usi scientifici bisogna purificarlo per togliergli un po' di cloro, di cloruro ferrico, ecc., che in questo modo contiene sempre disciolti.
Un altro modo per preparare il fosgene consiste nell'ossidazione del cloroformio o del tetracloruro di carbonio. È noto da tempo che il cloroformio puro si altera già con l'ossigeno dell'aria formando fosgene
Più facilmente si forma il fosgene dal cloroformio ossidandolo con bicromato di potassio. Dal tetracloruro di carbonio s'ottiene il fosgene facendolo reagire con anidride solforica o con oleum (SO5 disciolto in H2SO4)
Con l'oleum si forma S2O5Cl2. La reazione procede già sotto 1000 dando buona rendita di fosgene. Con questa reazione fu preparato il fosgene in Italia nei primi tempi della guerra, prima di adottare il metodo catalitico che fu quello applicato da tutti i belligeranti.
Proprietà. - Il fosgene a temperatura ordinaria è un gas di odore soffocante. Per raffreddamento si può facilmente condensare in un liquido incoloro che a temperatura più bassa si può anche solidificare. Fonde a − 126°. Bolle a 8° circa. Un litro di fosgene gassoso pesa gr. 4,4. La sua densità allo stato liquido è 1,43 (a 0°). Il fosgene liquido non attacca sensibilmente il ferro e perciò si può conservare in bombole di ferro simili a quelle che sono usate per conservare e trasportare il cloro.
Per riscaldamento, il fosgene si dissocia in ossido di carbonio e cloro: a circa 800° la dissociazione è completa. In diversi solventi organici si discioglie facilmente, p. es. nel tetracloroetano e anche meglio nel benzolo e nel toluolo. L'acqua lo decompone, più lentamente a freddo e rapidamente a caldo, formando anidride carbonica e acido cloridrico
Analogamente viene decomposto dagli alcali formando carbonato e cloruro alcalino, p. es. COCl2 + 4NaOH = Na2CO3 + 2NaCl + 2H2O.
Con l'ammoniaca forma urea
e, secondo le condizioni di esperienza, anche guanidina, acido cianurico, ciamelide, ecc. Con le ammine primarie e secondarie forma uree sostituite; p. es. quando reagisce con l'anilina dà origine a difenil-urea o carbanilide CO(NH−C6H5)2; quando reagisce con la metil-anilina forma dimetil-difenil-urea della formula
sostanza che col nome di centralite viene aggiunta come stabilizzante nelle polveri senza fumo. Con la dimetil-anilina il fosgene forma invece il tetrametil-diammido-benzofenone (chetone di Michler)
uno dei più importanti prodotti intermedî per la preparazione di sostanze coloranti artificiali.
Anche con gli alcoli il fosgene reagisce e forma prima i corrispondenti eteri dell'acido clorocarbonico (o acido cloroformico). Con un eccesso di alcool si formano poi gli eteri neutri dell'acido carbonico: p. es.
Con i fenoli avviene di preferenza la seconda reazione: reagendo con il fenolo il fosgene dà origine a carbonato di fenile
Analogamente col guaiacolo forma il carbonato di guaiacolo (usato in medicina col nome di duotal); con la chinina il carbonato di chinina (aristochina). Con molti ossidi metallici il fosgene può reagire trasformandoli in cloruri, p. es. con l'ossido stannico. In modo analogo reagisce con gli ossidi di vanadio, torio, zirconio, titanio, ecc.
Usi. - Prima della guerra il fosgene veniva adoperato per preparare il chetone di Michler e alcune sostanze coloranti artificiali (violetto di metile, ecc.). Trovava applicazioni anche per la fabbricazione di alcuni medicinali sintetici quali il carbonato di guaiacolo, il carbonato di chinina, ecc. Anche oggi si continua a impiegarlo per queste preparazioni. Nel tempo della guerra il fosgene fu largamente usato come gas asfissiante. Circa 30.000 tonnellate di fosgene furono lanciate sui campi di battaglia. Nei primi tempi fu usato sotto forma di nubi; in seguito sempre rinchiuso in proiettili dai quali usciva, ed era volatilizzato al momento dello scoppio del proiettile stesso. Sulle mucose degli occhi e delle prime vie respiratorie il fosgene esercita soltanto un'azione irritante non grave, ma agisce invece profondamente sui bronchi e sui polmoni.
È circa 15 volte più venefico del cloro. Il suo indice di tossicità Haber (v. asfissianti, gas) è C × T = 450, cioè si ha la morte respirando per 10 minuti in un'atmosfera che contenga 45 mgr. di fosgene per mc. di aria. I diversi organismi presentano però diversa sensibilità a questo veleno. Anche a dosi non mortali manifesta azione irritante e soffocante tanto energica da mettere fuori di combattimento i colpiti. Può produrre la morte con ritardo: dopo i primi fenomeni di lieve intossicazione, che si calmano quando il colpito si è allontanato dall'atmosfera avvelenata, trascorsa qualche ora, anche un giorno o due, interviene improvvisamente la morte per paralisi cardiaca. Per curare l'avvelenamento per fosgene sono consigliate le inalazioni di ossigeno, riposo assoluto e iniezioni di caffeina, canfora e digitale per sostenere il cuore. Caratteristico è l'effetto che il fosgene esercita sui nervi del gusto: tutti i cibi sembrano cattivi e il fumo del sigaro o della sigaretta acquista un sapore pessimo. Si possono svelare tracce anche minime di fosgene (5 mgr. in un mc. di aria) nell'aria adoperando cartine reattive imbevute di una soluzione alcoolica di para-dimetil-ammino-benzaldeide e difenilammina. In contatto del fosgene le cartine diventano gialle o aranciate; la stessa colorazione è però prodotta anche dal cloro. Le maschere che venivano usate in guerra per difendersi dai gas asfissianti contenevano diverse sostanze adatte a trattenere il fosgene presente nell'atmosfera. Fra queste sostanze sono da rammentare la calce sodata, l'urotropina, il sale di sodio dell'acido solfanilico, ecc. Per trattenere il fosgene funziona benissimo anche il carbone attivo che viene posto nelle scatole-filtro delle maschere.
Fra i derivati del fosgene hanno importanza particolare gli eteri dell'acido clorocarbonico o cloroformico che si possono facilmente preparare facendo agire il fosgene sopra un alcool; p. es.
Bisogna raffreddare durante la reazione e lavorare rapidamente con eccesso di fosgene per impedire la formazione del carbonato neutro che avverrebbe in una seconda fase:
Si possono ottenere gli eteri dell'acido cloroformico anche facendo reagire il cloro sul formiato di metile, di etile, ecc.: p. es.
Con un eccesso di cloro, però, vengono sostituiti anche gli atomi di idrogeno del gruppo −CH3 e si formano gli eteri cloroformici clorurati
La clorurazione avviene meglio alla luce solare o alla luce di una lampada a vapori di mercurio. Questi eteri cloroformici clorurati sono liquidi, di odore pungente. Hanno forte azione lacrimogena e agiscono anche sugli organi respiratorî. Il cloroformiato di tricloro-metile ha una forte azione venefica. Il suo indice di tossicità Haber è C × T = 500, cioè molto vicino a quello del fosgene.
Gli eteri cloroformici clorurati furono perciò impiegati come gas asfissianti in tempo di guerra. La miscela dei composti meno clorurati era conosciuta dagli alleati col nome di palite. I Tedeschi la chiamavano K-Stoff. La miscela dei composti più clorurati era designata dagli alleati col nome di surpalite o superpalite, dai Tedeschi col nome di Perstoff per i proiettili a croce verde (v. asfissianti, gas). L'etere cloroformico triclorurato veniva chiamato dagl'Inglesi difosgene perché per azione del calore si scinde per dare due molecole di fosgene
L'etere etilico dell'acido cloroformico (Cl−COOC2H5) serve spesso in chimica organica come reattivo per introdurre gruppi −COOC2H5 nella molecola dei composti organici e serve anche nell'industria dei medicinali sintetici per preparare alcuni importanti prodotti, fra i quali sono da menzionare l'uretano, il fenil-uretano (euforina), l'etilcarbonato di chinina (euchinina), ecc.