forza lavoro
Nella storia del pensiero economico, f. l. è espressione coniata da K. Marx per indicare le capacità fisiche e mentali utilizzate dai lavoratori all’interno del processo produttivo, distinte dal l. effettivamente prestato. In base alla teoria di Marx, infatti, ciò che l’operaio vende non è direttamente il suo l., ma la sua f. l., che mette temporaneamente a disposizione del capitalista. Il valore della f. l. è determinato dalla quantità di l. necessaria per la sua conservazione o riproduzione, ma il suo utilizzo trova un limite soltanto nelle energie vitali e nella forza fisica del lavoratore. Per rinnovare giornalmente la sua f. l., egli deve produrre un valore giornaliero di un determinato ammontare, che ottiene lavorando per un dato numero di ore (detto l. necessario). Le ore lavorate oltre quelle necessarie per produrre l’equivalente del suo salario, cioè del valore della sua f. l., corrispondono al pluslavoro. Il rapporto tra pluslavoro e l. necessario è detto saggio del plusvalore, indicato da Marx come misura dello sfruttamento della f. l. da parte del capitale.
Concetto collegato alla f. l. è quello di esercito industriale di riserva (➔ sfruttamento del lavoro), espressione con la quale Marx si riferisce alla massa dei disoccupati (➔ disoccupazione) in una economia capitalistica. È, infatti, la stessa opera dei lavoratori a rendere in parte superfluo il loro l., attraverso la produzione di pluslavoro e plusvalore, che consente ai capitalisti di avere le risorse per modificare i processi produttivi in modo tale da poter ridurre il l. domandato (➔ lavoro, domanda di).
Nel linguaggio economico corrente e nelle statistiche del lavoro, f. l. – detta anche ‘forza di lavoro’ – indica la parte della popolazione comprendente la somma delle persone occupate e di quelle in cerca di occupazione (➔) e coincide quindi con la popolazione attiva. La percentuale degli appartenenti alla f. l. sul totale della popolazione in età attiva è detta tasso di attività (➔ attività, tasso di) o tasso di partecipazione.
Nel 2011 le f. di l. in Italia ammontavano a 24,949 milioni di individui. Di essi 22,961 milioni risultavano occupati e meno di 2 milioni erano in cerca di occupazione. Tra gli occupati, il settore più rappresentato era quello dei servizi (15,557 milioni di individui), seguito dal settore industriale in senso stretto (4,655), dalle costruzioni (1,908) e dall’agricoltura (842.000 unità). I lavoratori dipendenti (➔ dipendente, lavoratore) erano 17,214 milioni e gli autonomi (➔ indipendente, lavoratore) 5,880 milioni. Lavoravano a tempo pieno (➔ full time) 19,507 milioni di individui, mentre 3,586 milioni erano occupati a tempo parziale (➔ part time). Le persone in cerca di occupazione, nel 2011, erano per la maggior parte residenti nel Mezzogiorno (948.000 lavoratori). Coloro che non partecipano alle f. di l. (➔ non forze di lavoro) sono detti individui inattivi e possono essere in età lavorativa (15-64) o no. Nel 2011 gli inattivi in età lavorativa ammontavano a 15,017 milioni di individui. I giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavoravano e non frequentavano alcun corso di istruzione o formazione, i cosiddetti NEET (➔) erano circa 2,1 milioni (il 22,1 % della popolazione nella corrispondente fascia di età).