FORTUNATO
Non si hanno notizie riguardo ai natali e alla vita di questo vescovo di Napoli prima della sua consacrazione avvenuta nel 593, quasi certamente in luglio. La sua nomina pose fine a un periodo di vacanza della sede episcopale, conseguenza da un lato dei contrasti esistenti in seno alla popolazione e alla Chiesa cittadina e dall'altro dei difficili rapporti che dovevano intercorrere in questo periodo tra il papa e i vescovi napoletani.
Il predecessore di F., Demetrio, era risultato infatti inviso a papa Gregorio I Magno, il quale, verso la metà del 591, lo aveva deposto e spogliato del sacerdozio. L'elezione del nuovo vescovo si rivelò faccenda lunga e complicata e solo dopo circa due anni come successore di Demetrio venne eletto F.; la scelta fu accolta con soddisfazione dal papa, il quale, in un'epistola dell'agosto 593, espresse al nuovo presule il proprio compiacimento per il fatto che la sua elezione avesse incontrato il gradimento di tutti i cittadini napoletani.
La scarsità delle fonti disponibili non permette di cogliere con sufficiente precisione i caratteri dell'attività di F. alla guida della diocesi napoletana. È possibile tuttavia rilevare come il suo campo di azione dovesse essere sostanzialmente limitato dalla concorrenza di interessi che, sia da parte imperiale sia da parte papale, si esercitavano su Napoli. F. risulta infatti aver agito in relativa autonomia (e tuttavia sempre in linea con la volontà del papa) solo in questioni quali, a esempio, la gestione di oratori e monasteri cittadini, o la distribuzione di reliquie a nuovi centri di culto. In affari di più ampio respiro egli fu invece sempre sottoposto alle direttive, e al controllo dei funzionari civili - lo iudex e il magister militum della provincia - e di quello apostolico, il defensor del Patrimonio campano.
Inizialmente F. dovette dimostrarsi fedele esecutore delle direttive impartitegli da Gregorio I, soprattutto negli affari di ordinaria amministrazione. L'assenza di critiche da parte papale fa ritenere, ad esempio, che il nuovo vescovo abbia effettivamente adempiuto all'incarico, datogli nell'agosto del 593, di dedicare alla Vergine l'oratorio di un monastero napoletano fondato dalla patrizia Rustica. Allo stesso modo, F. dovette soddisfare la richiesta (giugno 595) di consacrare a s. Pietro e a s. Michele Arcangelo il monastero costruito, nella casa di un tal Martino, da Andrea, abate del monastero di S. Martino. Il 5 luglio dello stesso anno F. prese parte al concilio romano convocato da Gregorio I.
Tuttavia a partire dal 596 si può cogliere l'insorgere di frequenti contrasti tra F. e il pontefice, causati dalla gestione degli affari non in linea con le direttive imposte da Roma. Dalle numerose epistole inviate a F. traspare una sempre maggiore irritazione del papa nei riguardi della sua condotta. Nell'aprile del 596 il vescovo venne criticato per non aver eseguito l'ordine di prendere sotto la sua protezione quegli schiavi ebrei o pagani che avessero desiderato convertirsi alla fede cristiana. Nel settembre dello stesso anno, autorizzandolo a procedere al trasferimento del diacono Graziano dalla Chiesa venafrana a quella napoletana, il papa non perse l'occasione di far presente a F. che tra i suoi compiti principali era quello di vigilare sul buon funzionamento dei monasteri e delle parrocchie della città, e di impedire che "chierici ed ecclesiastici" sottoposti alla sua giurisdizione fossero giudicati da altri. Il vescovo venne altresì ammonito a non disinteressarsi delle questioni concernenti la vita della diocesi. Un mese dopo Gregorio I, ordinando a F. di far riaccogliere in famiglia una donna ripudiata dal marito - un chierico - perché accusata ingiustamente di essere di condizione servile, gli ricordò che, in caso di mancata esecuzione di queste direttive, vi sarebbe stato l'intervento diretto da parte dell'autorità apostolica. Le critiche del pontefice all'operato di F. riguardarono anche l'amministrazione della giustizia. Al vescovo fu anzi imposto di agire in coordinamento con il suddiacono Antemio, defensor del Patrimonio campano e vero rappresentante locale dell'autorità apostolica. Nel 598, ad esempio, Gregorio I rimproverò a F. di non aver condotto con la dovuta cura l'inchiesta riguardante le accuse rivolte da alcuni pueri - probabilmente servi - al chierico Pietro. Il papa gli ordinò di procedere immediatamente a una nuova indagine in accordo con Antemio. In questa circostanza la negligenza dimostrata da F. nel condurre la precedente inchiesta dovette convincere Gregorio I ad attribuire ad Antemio un ruolo gerarchicamente predominante. Scrivendo al defensor, infatti, il pontefice gli conferì il potere di decidere se coinvolgere o meno il magister militum Maurizio nell'organizzazione dell'indagine, mentre a F. veniva in pratica ordinato di mettersi a disposizione di Antemio.
Ancora più duro fu il giudizio del papa qualche anno dopo (aprile 600) allorché, senza mezzi termini, comunicò a F. di ritenerlo personalmente responsabile della dappocaggine palesata da un certo Barbaziano, inviato da Gregorio I a Napoli, affinché F. ne esaminasse con scrupolo l'attitudine a ricoprire la carica abbaziale. Evidentemente il vescovo doveva aver condotto la propria indagine con grande superficialità, dato che Barbaziano era stato nominato abate di un monastero cittadino, ma si era subito dimostrato incapace. Questa gestione poco attenta degli affari concernenti la città è testimoniata anche dal fatto che F. tollerava la presenza di soldati all'interno dei monasteri napoletani, cosa che preoccupò moltissimo il pontefice, anche perché questa condotta di governo aveva inoltre fatto entrare F. in forte contrasto con le autorità civili napoletane. In qualche occasione, il papa si schierò apertamente con i suoi avversari. Nell'ottobre del 598 F. fu ad esempio coinvolto in una grave controversia con il vir magnificus Teodoro, "patrono" della città, che lo accusava di essersi indebitamente appropriato degli introiti, spettanti al soprintendente delle porte della città, del dazio sull'ingresso e l'uscita delle merci da Napoli. Il papa prese le parti di Teodoro, richiamandosi all'uso che non consentiva ai sacerdoti l'intervento negli affari dei laici. F. doveva anche aver usurpato i diritti di cura sugli acquedotti, di competenza di un certo Rusticus senior. Il papa lo invitò quindi a mandare un suo rappresentante a Roma, in modo da consentire a giudici electi dalle parti o deputati dal papa di pronunciare un giudizio. Questo invito rimase tuttavia inascoltato, e Gregorio I rimproverò a F. non solo di non essersi adoperato perché a Napoli vi fosse un clima di concordia, ma anzi di aver causato altre scissioni in seno alla Comunità affidatagli.
Anche quando, nel febbraio del 599, F. tentò di opporsi al commercio di schiavi cristiani da parte di mercanti ebrei, la posizione assunta dal pontefice non gli fu favorevole. Egli aveva infatti chiesto l'intervento di Gregorio I, il quale lo aveva invitato alla cautela. I mercanti, infatti, nell'opinione del papa, dichiaravano di agire - contro la propria volontà - su ordine di iudices reipublicae, e non sarebbe stato quindi giusto danneggiare né gli interessi dei committenti né quelli dei mercanti. Gregorio I si limitò dunque a fissare un termine di quaranta giorni entro il quale i mercanti avrebbero dovuto consegnare gli schiavi a chi li aveva loro ordinati, o venderli a compratori cristiani. Nonostante i frequenti contrasti con il papa, F. continuò tuttavia a svolgere le proprie funzioni episcopali. Egli ottenne anche importanti incarichi, come ad esempio, tra il 598 e il 599, la visita della Chiesa di Miseno e il controllo sull'elezione del nuovo presule di quella diocesi e (marzo 600) di quella sorrentina. In quest'ultimo caso, però, egli fu nuovamente sottoposto all'autorità del defensor Antemio.
L'ultima lettera indirizzatagli da Gregorio I è dell'aprile 600. Un'altra epistola del luglio successivo, con la quale il pontefice si oppose all'elezione di due diversi candidati all'episcopato napoletano, indica che a quella data F. doveva essere già morto.
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