FLEBITE (dal gr. ϕλέψ "vena")
Processo infiammatorio della parete venosa, il quale, per essere più intenso nella tonaca intima, porta assai presto ad alterazioni tali di questa da rendere incompatibile lo stato liquido del sangue che viene in contatto con essa, e da provocarne la coagulazione. La causa può essere puramente tossica, ma assai più spesso è in rapporto con agenti batterici, che giungono nella parete venosa attraverso i vasa vasorum. Il semplice passaggio di germi nelle vene principali di rado dà luogo a una flebite, se non v'è un notevole rallentamento della corrente. Così, p. es., nel decorso e anche nella convalescenza del tifo si può avere una flebite mista tossica e infettiva, perché nella parete si trovano anche germi specifici; altrettanto si può dire nella polmonite, specie se complicata da fatti suppurativi, nelle setticemie, nell'endocardite, ecc. Ma un'importanza prevalente hanno le flebiti postoperatorie, le flebiti nel decorso delle varici, nelle infezioni a tipo puerperale e quella consecutiva alle infezioni otitiche.
Nelle flebiti postoperatorie, di grande interesse anche perché gravano sul pronostico postoperatorio, intervengono fattori multipli: qualche lieve fatto infettivo che si svolge nella ferita, la quale però può anche guarire per prima intenzione superficialmente; il rallentamento del circolo venoso specialmente per legature di vasi nella ferita, per bendaggi, per l'immobilità; la predisposizione individuale, la distribuzione epidemica.
L'infiammazione può limitarsi a una semplice infiltrazione della parete, con edema, desquamazione dell'endotelio e trombosi. La febbre generalmente è alta all'inizio e persiste per qualche giorno, è continua, poi s'abbassa rapidamente. Così pure il dolore locale; più persistente è invece il gonfiore e l'edema della parte, che solo molto più lentamente scompare e tavolta, specie negli arti, nemmeno completamente, tanto che persiste un edema cronico con tendenza all'organizzazione. In altri casi il trombo partecipa all'infezione e si ha la fusione purulenta ascessuale, flebite suppurativa, che diventa presto una periflebite e, se la vena è superficiale, presto si ha l'aderenza ai tegumenti. Spesso nella flebite degli arti si hanno focolai multipli. L'evoluzione ulteriore della flebite è verso l'organizzazione del trombo; si ha l'obliterazione della vena, l'invasione del trombo da parte di connettivo giovane e vasi che proliferano dall'intima e la trasformazione della vena in un cordone fibroso. È raro che avvengano fatti parziali di ricanalizzazione.
Per la flebite puerperale è caratteristica la cosiddetta phlegmasia alba dolens con edema, pallore, durezza della coscia. Segue alle infezioni uterine in genere puerperali, talvolta anche postoperatorie; il più spesso è d'origine streptococcica. Può intervenire anche tardivamente dopo il parto, perfino al 30° giorno. In genere il decorso è favorevole, ma la risoluzione è assai lenta e non di raro persiste un certo grado d'edema anche a guarigione avvenuta. Di notevole interesse è la flebite dei seni cranici, che in genere avviene o per diffusione di un fatto settico dall'osso vicino (osteomielite del cranio, otite o mastoidite) o per diffusione ai seni d'una trombosi settica stabilitasi nelle vene tributarie dei seni.
Nella cura della flebite degli arti inferiori si prescrivono: il riposo assoluto, la posizione elevata dell'arto, gl'impacchi caldoumidi ripetuti; le iniezioni endovenose di disinfettanti blandi come la cilotropina, le applicazioni di sanguisughe. In casi speciali e minacciosi di generalizzazioni settiche è indicata la legatura della vena principale. Per i postumi sono adatte le cure fisiche (bagni di luce, diatermia, fanghi, ecc.).