fiumana
Nella sua più generale accezione, il termine è sempre impiegato da D. nel senso di " fiume grande e impetuoso ", poiché f. " è più che fiume, cioè allagazione di molte acque " (Buti). Nei contesti specifici la parola assume varie connotazioni, sino a essere portata al limite del simbolo allegorico.
Il senso proprio del termine appare in Pg XIX 101, ove la fiumana bella che intra Sïestri e Chiaveri s'adima, è la " Lavagna, torrente che dall'Appennino scorre al mare, e dal cui nome i Fieschi presero il titolo di ‛ Conti di Lavagna ' " (Scartazzini-Vandelli), facilmente identificata dagli studiosi di topografia dantesca (Bassermann in particolare).
In senso figurato appare in Pd XXX 64 Di tal fiumana uscian faville vive, / e d'ogne parte si mettien ne' fiori, / quasi rubin che oro circunscrive, in cui la parola indica il grande fiume di luce paradisiaco da cui sgorgano le anime dei beati, ispirato forse dai Ps. 35, 9 e 45, 4, e specialmente da Apoc. 22, 1 " Et ostendit mihi fluvium aquae vitae splendidum tanquam crystallum, procedentem de sede Dei et Agni ".
Più complesso è il caso di If II 108 non vedi tu la morte che 'l combatte / su la fiumana ove 'l mar non ha vanto?, passo che riporta le parole di Lucia a Beatrice sulla condizione umana di D., parole che celano una non facile e discussa allegoria.
Sul termine, tra i più tormentati della prima cantica, esiste una ricca letteratura, tutta incentrata sul dilemma se la f. debba intendersi in senso proprio (col problema di quale ‛ fiume reale ' si tratterebbe), o non piuttosto nel senso allegorico del ‛ procelloso fiume della vita ' del quale il mare non può vantare di " essere più impetuoso " (Boccaccio). La prima tesi fu accolta da Buti, Ottimo, Daniello, Gelli, che pensarono " a un fiume posto tra la piaggia e la valle, tra la selva e il monte, che sul piano allegorico corrisponderebbe ai ‛ fluctus blandae cupiditatis ' di Mon. III XVI 11 " (F. Mazzoni). A questa interpretazione, ingiustificata e ingiustificabile, sempre nell'ambito di un fiume ‛ reale ', preferirono un'identificazione con l'Acheronte Iacopo (" la quale Acheronte si chiama "), Benvenuto (" scilicet Acherontis fluminis de quo dicitur in cap. sequenti "), seguiti nell'Ottocento dall'Andreoli, dal Rossetti, dal Tommaseo, e nel Novecento dal Fornaciari e dal Bianchi. Interpretazione particolarissima avanzò il Belloni, pensando al Giordano in quanto fiume non tributario del mare e vicino a Gerusalemme, con un'ipotesi di un qualche pregio, accolta in seguito dal Freccero in un'area di esegesi ‛ figurale ', il cui archetipo è una glossa di Filippo Villani (" scilicet Jordanis fluminis, qui ponitur pro sacramento baptismatis "). Su di una linea più strettamente letterale si sono posti il Nardi (con un insostenibile " Arno ") e il Pagliaro che, accettando la f. in dimensione solo metaforica, commenta: " Dante è in pericolo come lo è colui che si trova su di una fiumana, nel punto in cui questa si incontra con il mare, e il mare non riesce a vincerla ". La tesi allegorica, che ci trova pienamente consenzienti, è accolta da una maggioranza d'interpreti antichi e moderni, dall'Anonimo (" il peccato degli uomini, il vivere vizioso si può assimigliare all'acqua dei fiumi ch'è labile e transitoria come il peccato ") a Blanc, Scartazzini-Vandelli, Pietrobono, Casini-Barbi, Momigliano, Sapegno, Singleton, Mazzoni, che, sulla base del Boccaccio (" chiama fiumana quello orribile luogo, nel quale l'autore era da quelle bestie combattuto "), si sono aperti a un'identificazione della f. con l'allegoria della selva, di cui costituirebbe una variatio metaforica. La ricognizione sui testi medievali, operata dal Singleton e dal Mazzoni, rompendo l'equilibrio esistente tra le tesi, spesso affidate più al puntiglio degli studiosi che non a documenti concreti, pare decisiva in proposito, restituendoci il senso di un ‛ tòpos ' allegorico ben individuabile all'interno di una letteratura permeata di sensibilità cristiana. In effetti, la consonanza tropologica tra la vita umana e le acque tempestose del mare o di un fiume è d'obbligo in molti scrittori. La vita come mare è presente nel Comentum Bernardi Silvestris super sex libros Aeneidos Virgilii (ediz. G. Riedel, Gryphiswaldae 1924, 49): " pelagus vitam temporalem intelligimus quia eam violentia ventorum exagitat "; in Ugo da San Vittore (De Arca Noeh morali [Patrol. Lat. CLXXVI 172]: " aquis concupiscentia huius mundi comparatur, quia fluxa est et lubrica "); Adnotationes in Threnos [Patrol. Lat. CLXXV 272]: " Quid enim per mare, nisi coscientia prava accipitur, quam et memoria praeteritorum scelerum, et delectatio praesentium huc illucque impellendo exagitant? ", e Miscellanea [Patrol. Lat. CLXXVII 840]: " trina maris declinasti pericula: concupiscentiam carnis, concupiscentiam oculorum, et superbiam vitae ". Passi che hanno in Agostino l'archetipo: " hanc vitam tamquam procellosum et periculosum pelagus transis " (In Ioann. tr. 49 n. 19) e " Mare enim in figura dicitur saeculum hoc " (Enarr. in Ps. LXIV 9). Proprio in questo autore troviamo la matrice remota del termine dantesco; così leggiamo (Civ. XXII 24): " sed utrumque simul currit isto quasi fluvio atque torrente generis humani, malum quod a parente trahitur, et bonum quod a creante tribuitur " e, ancor più chiaramente (Enarr. in Ps. LXV 11): " Quid est flumen? Flumen est omnis mortalitas saeculi. Videte flumen... In istum fluvium non se mittat cupida anima, non se mittat, stet ". Passo veramente probante, da unire a quanto dice il poeta stesso in Cv IV XXVIII 2-3, dove si parla del mare di questa vita, e a un famoso allegorismo di s. Caterina da Siena (Il libro della divina dottrina, Bari 1928, 46): " V'ho dato il ponte del mio Figliuolo acciò che passando el fiume non annegaste. El qual fiume è il mare tenebroso di questa vita ". Mette conto notare, poi, come l'immagine, presente in vari testi canonici dell'epoca (e basti il ricordo di Nicola da Lyra Postillae maiores seu enarrationes in Epistola: et Evangelia totius anni [Venezia 1572, c. 274r] o Pier Damiano De Divina onnipotentia [Firenze 1943, 50]) fosse diffusa a corrente livello lessicale dal Vocabulista di Papia (Venezia 1596, sub v.) che la pone tra i ‛ figurati ' del termine: " Flumina significant cupidos homines labentes in saeculum sicut flumina in mare ".
Bibl. - Per l'identificazione del fiume Lavagna: Bassermann, Orme 381. Sui versi di If II 108, oltre ai tradizionali commentatori, sono da tener presenti: L.G. Blanc, Versuch einer blossphilologischen Erklärung mehrerer dunklen und steitigen Stellen der Göttlichen Komödie, Halle 1860-65, 27 ss.; F. Flamini, I significati reconditi della Commedia e il suo fine supremo, Livorno 1904, II 26; A. Belloni, La fiumana, in " Biblioteca Scuole Italiane " XI (1905) 54; Barbi, Problemi II 46 n. 3; C.S. Singleton, Sulla fiumana ove il mar non ha vanto, in " Romanic Review " XXXIX (1948) 269-277; ID., D. Studies I: Commedia, Elements of Structure, Cambridge Mass. 1957 (tr. ital. di G. Vallese, Napoli 1961, 33 ss.); H. Rondet, Le symbolisme de la mer chez saint Augustin, in Augustinus Magister, Parigi 1954, II 691-701; A. Pagliaro, ...ove 'l mar non ha vanto. Dante Inf. II 108, in Studi in onore di A. Monteverdi, Modena 1959, II 542-548; ID., Ulisse 101 ss.; B. Nardi, Due brevi note alla Commedia, in " L'Alighieri " II (1961) 21-23; E. Raimondi, Il canto I del Purgatorio, in Lect. scaligera II 8 n. 1; F.W. Locke, Dante's Perilous Crossing, in " Symposium " XIX (1965) 293-305; J. Freccero, The River of Death: Inferno II 108, in The World of D., Toronto 1966, 25-42; F. Mazzoni, Saggio di un nuovo commento alla D.C., Inferno I-III, Firenze 1967, 296-303; M. Bonicatti, Studi sull'Umanesimo, ibid 1969, 26 (con analisi di archetipi portata sino a Clemente Alessandrino e Porfirio).