finanza
Come i privati e lo Stato usano la moneta e il credito
Per risorse finanziarie si intendono i mezzi di cui una persona privata, un'impresa o lo Stato dispongono sotto varie forme (patrimoni, stipendi, conti in banca, prestiti ricevuti) e l'insieme delle decisioni prese per usare questo denaro o questi titoli. La finanza privata consiste nella gestione delle proprie disponibilità finanziarie da parte dei privati o delle imprese. La finanza pubblica si riferisce alle entrate dello Stato e alle spese che affronta per fornire ai cittadini i servizi pubblici
La moneta, che è la materia prima della finanza, per molto tempo fu considerata un 'velo' dell'attività economica. Quel che contava, cioè, erano i beni materiali: il grano, l'aratro, la lamiera, il legname, mentre la moneta era solo un segno rappresentativo di tutte queste cose.
In realtà la moneta e la finanza sono attori di primo piano nel processo economico, sono i lubrificanti che servono a far funzionare l'immensa macchina produttiva dell'economia. E la finanza privata, cioè quella dei singoli, delle imprese e delle banche, descrive un sistema che serve a trasformare i risparmi delle famiglie in investimenti delle imprese. L'esempio più semplice è quello della famiglia ‒ che risparmia e mette i soldi in banca ‒ e della banca ‒ che li presta a un imprenditore, facendo così da intermediario fra famiglie e imprese. Ma le famiglie possono mettere i capitali a disposizione delle imprese anche in modo più diretto: investendoli in borsa o comperando obbligazioni emesse dalle imprese.
L'azione dello Stato è necessaria per la produzione di beni (detti pubblici) non offerti dal mercato privato oppure offerti in quantità insufficiente. Si tratta dei cosiddetti beni indivisibili, dal cui godimento non è possibile escludere nessuno. Per esempio, il bene 'penna biro' è un bene che uso io e non altri, mentre il bene 'difesa della nazione' è un bene che, una volta messo in opera (esercito, cannoni, aviazione, marina e così via), difende tutti, sia quelli che vogliono la difesa sia quelli che non la vogliono. Il bene indivisibile non può essere offerto dal mercato, ci vuole uno Stato. E, una volta che si decida di produrlo, lo Stato si deve procurare i mezzi per fornire questo servizio pubblico. Deve insomma avere le entrate per poi far fronte alle spese necessarie, e questa è la finanza pubblica.
Un altro 'fallimento del mercato' si verifica quando l'azione di un'impresa produce effetti nocivi o indesiderati su altre imprese o individui. In questi casi lo Stato interviene definendo regole: pensiamo per esempio alle leggi varate in materia di inquinamento ambientale in cui lo Stato individua norme di comportamento per la tutela della salute della popolazione e fissa eventualmente sanzioni a carico dell'inquinatore.
Il principale ruolo svolto dallo Stato in materia economica riguarda la creazione di un quadro giuridico che regoli il comportamento dei cittadini e delle imprese: questi hanno bisogno di certezza dei contratti, di procedure eque e spedite per la risoluzione di controversie, di regole semplici per la vita dell'impresa (creazione, adempimenti, fallimenti e via dicendo).
In secondo luogo, lo Stato ha un ruolo attivo nel settore produttivo esercitando la cosiddetta funzione allocativa: decidere quante e quali risorse assegnare alla produzione di servizi pubblici. Nell'esercizio della funzione redistributiva lo Stato tende a compensare le disuguaglianze economiche e sociali della popolazione, per esempio fornendo a tutti i servizi pubblici di base, quali difesa, istruzione, giustizia, e altri. Poi, con il sistema di protezione sociale ‒ assistenza sanitaria, pensioni ‒, offre pagamenti in denaro o prestazioni di servizi gratuiti o a basso costo ai cittadini che hanno maggiori necessità (malati, pensionati o invalidi, poveri o disoccupati).
Lo Stato svolge infine una funzione di stabilizzazione dell'economia: mediante adeguati interventi di politica economica (economia) lo Stato può assicurare il mantenimento di soddisfacenti livelli di occupazione (lavoro), di sviluppo economico e di stabilità dei prezzi (inflazione).
Al fine di controllare le finanze pubbliche, lo Stato redige un bilancio: un documento contabile che permette di confrontare le entrate con le uscite. Tra le principali fonti di entrata dello Stato vi sono: le imposte pagate dalle persone e dalle imprese sui loro guadagni annuali; le imposte sulla produzione (l'imposta sulla benzina), sullo scambio e sul consumo dei beni (l'imposta sul valore aggiunto, l'IVA); le tasse versate per i servizi prestati dalla pubblica amministrazione (le tasse scolastiche); i contributi dei lavoratori e delle imprese destinati alle pensioni o all'assicurazione contro la disoccupazione; il denaro ricevuto per la concessione dell'uso di beni dello Stato (per esempio, chi gestisce uno stabilimento balneare deve pagare un canone allo Stato per l'uso della spiaggia).
Le uscite del bilancio dello Stato sono rappresentate in primo luogo dalle spese correnti: quelle per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici e per acquistare beni e servizi dal settore privato, oppure i versamenti per pensioni e per sussidi a persone (per esempio, indennità di accompagnamento ai ciechi) o a imprese (per esempio, aiuti ai produttori di latte).
Poi vi sono le spese in conto capitale: per esempio, gli investimenti per opere pubbliche. Il saldo di bilancio indica la differenza tra le entrate e le uscite. Si definisce avanzo di bilancio pubblico il saldo di bilancio, se positivo, e deficit di bilancio pubblico il saldo, qualora negativo. La somma dei deficit che si sono accumulati nel corso degli anni costituisce il debito pubblico.
Se c'è un deficit di bilancio, lo Stato deve decidere come coprirlo. Lo può fare vendendo beni dello Stato (come una famiglia, che spende più di quanto guadagna, vende i suoi beni per colmare il deficit), oppure si può far prestare i soldi di cui ha bisogno. Questa seconda possibilità è la più comune, ma naturalmente dà luogo a debiti che non possono crescere all'infinito: prima o poi le famiglie che prestano soldi allo Stato smettono di farlo perché hanno paura che lo Stato non sarà più in grado di pagare i suoi debiti.
La manovra di bilancio indica l'insieme dei provvedimenti che accompagnano il bilancio dello Stato. Tali provvedimenti sono presentati dal governo entro il 30 settembre di ogni anno e sottoposti all'approvazione del Parlamento. Il primo provvedimento, la legge di bilancio, espone il dettaglio delle spese e le entrate da cui dovrebbero provenire le disponibilità per far fronte alle spese previste sulla base delle leggi già approvate. Il secondo è costituito dalla legge finanziaria che contiene l'insieme delle nuove regole (nuove entrate e nuove spese) che hanno effetti sui conti dello Stato. Il provvedimento collegato raccoglie infine le nuove misure che non hanno un impatto sui conti pubblici.
La manovra di bilancio è preceduta dal Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) presentato entro il 30 giugno, che costituisce la cornice programmatica per i conti pubblici, con un orizzonte di quattro anni. Inoltre, entro sei mesi dalla chiusura dei conti annuali il governo presenta un rendiconto sulla gestione della finanza pubblica trascorsa e il Parlamento procede alla sua approvazione.
Con l'ingresso nell'Unione monetaria europea l'Italia ha aderito al Patto di stabilità e di crescita, che stabilisce regole comuni nella gestione della finanza pubblica e sottopone i bilanci dei vari paesi comunitari a una forma di sorveglianza: in particolare, i paesi membri sono tenuti a mantenere entro certi limiti i livelli del deficit e del debito pubblici, salvo incorrere in avvertimenti e sanzioni.